Le speranze ora sono tutte rivolte al nuovo Ceo. Il prossimo amministratore delegato avrà un compito tutt’altro che semplice: far ripartire il gruppo italo-francese, come vogliono gli azionisti e tracciare un solco rispetto alla politica industriale del predecessore, Carlos Tavares, che è ciò che chiedono a Stellantis i governi italiano e americano, sempre più insofferenti rispetto agli stop’n’go produttivi negli stabilimenti dei due Paesi.
L’ATTESA PER IL NUOVO CEO DI STELLANTIS
Resta da capire chi sarà designato quale uomo dei miracoli, chi insomma dovrà assumere sulle proprie spalle il fardello di una missione che allo stato attuale se non è impossible poco ci manca. I papabili del conclave laico dell’azienda sarebbero due, entrambi interni: l’italiano Antonio Filosa e il francese Maxime Picat, a voler rappresentare la doppia anima del Gruppo automobilistico.
Ma nulla impedisce che qualche trumpata/zampata dell’ultim’ora della Casa Bianca non favorisca un esponente statunitense: l’America esige rassicurazioni sulle sorti dei marchi americani nel portafogli di Fiat dall’epoca di Joe Biden e Donald Trump ora apre e chiude i cancelli commerciali del secondo mercato al mondo dopo la Cina con disinvoltura.
GLI ULTIMI TRE MESI DI STELLANTIS IN NUMERI
E’ in questo scenario che atterra l’ultima trimestrale del Gruppo. Anzitutto – una volta tanto – le buone notizie: i conti rivelano che Stellantis ha migliorato la sua quota di mercato nell’Ue allargata rispetto all’ultimo trimestre del 2024 recuperando volumi sul mercato americano. Ma la parte positiva si ferma già qui. I ricavi netti del gruppo sono scesi del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi a 35,8 miliardi di euro. Le consegne consolidate hanno registrato un calo del 9%, totalizzando 1,217 milioni di unità.
L’INCOGNITA TRUMP
Quanto al 2025, sarà un anno particolarmente impegnativo perché, alle difficoltà che si erano già viste nei 12 mesi passati e che hanno portato all’uscita anticipata di Carlos Tavares, si aggiunge l‘inedito scenario commerciale sparigliato da Donald Trump. Oggigiorno la quota di veicoli assemblati negli Stati Uniti è pari al 58% su un milione e 200mila veicoli totali venduti negli usa nel corso del 2024.
THE DONALD PRONTO A “MASSACRARE” L’INDUSTRIA DELL’AUTO
Secondo le ultime notizie che arrivano dal governo americano, le case automobilistiche statunitensi che assembleranno i loro veicoli negli Stati Uniti con componenti all’85% a stelle e strisce saranno esentati dai dazi sulle auto. Questo almeno è ciò che ha preannunciato il segretario al Commercio, Howard Lutnick. Quanto alle case automobilistiche straniere che assemblano le auto negli Stati Uniti: “Finite le vostre auto in America e il gioco è fatto”, ha tagliato corto, spiegando che l’esenzione durerà tre anni, per permettere ai costruttori di produrre tutte le componenti in patria.
Trump al solito è stato ancora più sbrigativo e ferale: le case automobilistiche saranno “massacrate” se non riporteranno la produzione negli Stati Uniti. L’allentamento della pressione dei dazi non è da ritenersi strutturale ma provvisorio: “stiamo concedendo loro del tempo”, ha aggiunto. In questo scenario, per ciò che concerne i veicoli Stellantis importati, il 95% è prodotto in Canada o in Messico. Una percentuale che potrebbe essere ridiscussa per non incorrere negli aggravi di spese doganali: per lo stesso motivo nelle ultime settimane Stellantis aveva chiuso improvvisamente alcuni impianti in Canada e in Messico.
LE BARUFFE TRA LA CINA E LA UE
Come se ciò non bastasse, le increspature commerciali tra Bruxelles e Pechino hanno reso più difficile per Stellantis assemblare in Europa i veicoli dell’ex startup cinese Leapmotor: fermata all’improvviso la produzione di veicoli in Polonia, nello stabilimento di Tychy, con ogni probabilità per accodarsi alla volontà della Cina di non investire in quei Paesi Ue che hanno votato a favore dei nuovi balzelli doganali sulle auto elettriche made in China.