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Trasporto marittimo, cosa cambia con le tariffe sulle navi di Stati Uniti e Cina

Da oggi, martedì 14 ottobre, gli Stati Uniti e la Cina inizieranno a riscuotere le tasse sulle rispettive navi in entrata nei porti. Ecco numeri, conseguenze e obiettivi.

A partire da oggi, martedì 14 ottobre, gli Stati Uniti e la Cina inizieranno a riscuotere le tasse sulle navi cinesi e americane in entrata nei rispettivi porti.

L’ANTEFATTO, IN BREVE

La vicenda è iniziata lo scorso aprile, quando l’amministrazione di Donald Trump ha annunciato tariffe sulla maggior parte delle navi cargo di costruzione cinese che avrebbero attraccato nei porti statunitensi. Dal 14 ottobre, appunto, le imbarcazioni di proprietà o di gestione cinese sarebbero state soggette a una tassa di 80 dollari alla tonnellata per ogni viaggio negli Stati Uniti (fino a un massimo di cinque volte all’anno); la tariffa sarebbe scesa a 23 dollari alla tonnellata per le navi di costruzione cinese ma gestite da operatori non cinesi.

L’obiettivo dell’amministrazione Trump è la riduzione del peso della Cina nell’industria dello shipbuilding e il rinvigorimento della cantieristica americana, che però al momento è lontanissima dalle capacità e dai livelli produttivi cinesi: nel 2024 i cantieri negli Stati Uniti hanno costruito meno di dieci navi commerciali; quelli cinesi, al contrario, più di mille.

La settimana scorsa Pechino ha risposto suppergiù allo stesso modo, applicando a sua volta delle tariffe portuali sulle navi di proprietà, gestione, costruzione o battenti bandiera statunitense; sono esentate, però, le imbarcazioni costruite in Cina.

L’IMPATTO SU COSCO

Le tariffe trumpiane sui porti americani dovrebbero pesare innanzitutto sulla compagnia statale cinese Cosco, uno dei pesi massimi del settore dello shipping a livello globale, con costi stimati in 1,5 miliardi di dollari nel 2026: è quasi la metà delle spese totali – 3,2 miliardi di dollari – previste per i primi dieci operatori di navi cargo.

Altre aziende, come la francese Cma Cgm, hanno fatto sapere di aver indirizzato altrove le loro imbarcazioni di costruzione cinese per evitare le tasse: nel loro caso, quindi, l’impatto sarà limitato.

Nonostante i costi aggiuntivi, i vettori cinesi non sembrano avere intenzione di rinunciare al mercato statunitense: così ha dichiarato Orient Overseas Container Line. Quanto a Cosco, Bloomberg riporta che può permettersi di mantenere le rotte verso l’America grazie al sostegno del governo cinese.

Bloomberg scrive anche che il “centro di gravità” del settore del trasporto marittimo si sta spostando dall’area trans-pacifica verso nuove regioni in crescita, tra cui l’Asia (cioè i movimenti di merci interni al continente), l’America latina e l’Africa).

È SCONTRO ANCHE SULLE EMISSIONI DELLE NAVI

Intanto, Stati Uniti e Cina si stanno scontrando non solo sulle tariffe sulle navi, ma anche sul regolamento delle Nazioni Unite per la riduzione delle emissioni dello shipping: Washington è contraria alle norme elaborate dall’Organizzazione marittima internazionale, mentre Pechino – come l’Unione europea – le sostiene.

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