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Quattroruote

Quattroruote si elettrizza poco sulle auto elettriche

Il mensile Quattroruote tampona i decisori politici per l'assenza di una infrastruttura adeguata a supportare il passaggio all'auto elettrica. Le poche colonnine presenti non alimentano vetture ma "false aspettative"

“Mi è stato chiesto perché Quattroruote insiste sui problemi legati alla ricarica – ha inizio così il lungo post che Gian Luca Pellegrini, Editor in chief della storica testata automobilistica, affida ai propri social – Il nostro pensiero è semplice. Ammesso e non concesso che tra un po’ saremo tutti costretti a guidare una Bev (non affronto qui il senso o la legittimità della transizione), la democratizzazione della nuova tecnologia non può che passare – oltre che dalla discesa dei prezzi – dalla possibilità di rifornirsi senza problemi.”

LE COLONNINE INUTILIZZABILI

A fare da foto di copertina al suo intervento una colonnina meneghina che non può erogare corrente. Il giornalista automobilistico la sceglie come emblema di una infrastruttura che ancora non c’è e, quando c’è, comunque non funziona: “La colonnina HPC di via Manara, a Milano: è così dallo scorso giugno.” Da tempo la redazione della rivista di settore, ubicata alle porte del capoluogo lombardo, tampona la giunta per scelte attinenti la mobilità ritenute troppo ideologizzate. Ma in questo caso il bersaglio delle critiche non è solo l’amministrazione cittadina o il governo nazionale: è, a salire, soprattutto quello comunitario, massimo artefice dell’accelerazione green che dovrebbe bandire i motori endotermici.

DA QUATTRORUOTE LA TOCCANO PIANO

Una rivoluzione industriale da attuare in fretta e furia alla quale un po’ tutto il Vecchio continente rischia di arrivare impreparato, Italia in primis. E basta guardare alle colonnine elettriche per rendersi conto del ritardo. “Oggi l’inconsistenza del servizio è palese – sferza Pellegrini. Colonnine messe dove non servono (i fondi pubblici vanno pur spesi), non collegate per mesi, che erogano a velocità inferiori a quelle nominali, stalli occupati abusivamente (anche da elettriche), enormi problemi di connettività, di Crm, Bev dello sharing che nelle grandi città monopolizzano gli spazi, plug-in che si piazzano lì per non pagare le strisce blu, abbonamenti alle stelle (io carico l’80% delle volte in ufficio e ho un abbonamento corporate Enel X: il poco che rimane, a consumo, perché ormai su pochi kWh non c’è vantaggio)”.

“Se ne parla poco – prosegue Pellegrini – perché il business ha magnitudo relativa, perché chi ha un’elettrica carica di rado in giro e perché per il comune sentire queste difficoltà sono il giusto contrappasso per una scelta considerata stupida. Peraltro, è il classico caso di cane che si morde la coda: fino a quando ci saranno così poche elettriche in giro, non ci sarà interesse a mettere in piedi un ecosistema adeguato (non nei numeri, che è la foglia di fico più usata, ma nel funzionamento); finché il servizio sarà così frammentario, la gente dalle Bev si terrà lontana”.

GRATTANDO I DATI SULLE IMMATRICOLAZIONI…

Interessante anche le considerazioni sulle immatricolazioni: “Nei primi 11 mesi dell’anno, in Italia le tre Tesla fanno il 26% del segmento Bev. Il dato – già di per sé significativo – assume una valenza diversa quando si considera che il resto del prodotto elettrico marcia ad autoimmatricolazioni (su 8.481 Bev targate senza avere ancora un cliente finale, 7.213 sono ancora in stock, secondo Dataforce). Gli Oem sottovalutano come il dominio di Musk sia in gran parte dovuto all’aver integrato nell’esperienza d’uso una rete proprietaria che funziona alla perfezione. Conoscendo i car maker da 35 anni, riconosco il retaggio di una cultura ingegneristica volta a vivere la ricarica come un’istanza corollaria al prodotto. Tale sensazione di estraneità si riflette nel disinteresse a educare il consumatore sull’aspetto dirimente della transizione: i tentativi di evangelizzazione sono scolastici, svogliati, centrati su dati (l’autonomia) che dicono poco o nulla.”

Quindi la conclusione: “Invece di distribuire messaggi falsamente rassicuranti il cui unico risultato è di alimentare false aspettative, è arrivato il tempo di costruire – se non le colonnine – almeno la consapevolezza dei potenziali clienti verso l’aspetto davvero dirimente della transizione.”

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