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Genova Pra

Cosa succede al porto di Genova Pra’

L'intervento di Francesco Provinciali.

 

Il Governo di Singapore fa le cose sul serio in quanto a politica espansiva nella gestione dei sistemi portuali italiani. La fusione di PSA Genova Pra’ (con sede e direzione generale a Singapore) e SECH con sede a Genova ha creato in quel di Genova un colosso in grado di contendere il mercato del trasporto via mare e delle strategie portuali a MSC e alla cinese COSCO. Mentre PSA è già un colosso mondiale  al suo confronto SECH è realtà piccola e locale: l’operazione è consistita quindi nell’inglobare SECH in PSA.

Tradotto in soldoni ciò significa che il gigante PSA ha la quota azionaria di maggioranza per la governance dei due terminal containers del Porto di Genova, il SECH (terminal contenitori di Genova spa che gestisce la Calata Sanità) e il PSA di Pra’, ormai diventato il più importante terminal import-export italiano.

Si aggiunga l’alleanza cinese con la Maersk (il primo gruppo armatoriale  per il trasporto dei container al mondo) nel porto di Savona mentre nel mirino finisce anche La Spezia dove c’è il terminal di Contship con MSC. E mi scuso per eventuali imprecisioni. Chi vive in quei contesti territoriali avverte un senso di declino ambientale inarrestabile: basta osservare lo sfascio ecologico che ha cambiato i connotati all’estremo ponente cittadino di Genova, di fronte al quale è andato edificandosi e ampliandosi una sorta di ecomostro che mette a dura prova la vita e la resistenza psicofisica di chi abita davanti al porto di Genova Pra’.

Chi è nato in riva a quel mare ha visto a poco a poco deteriorarsi l’ambiente in cui ha vissuto fino ai primi anni ‘90. Nel 1992 l’iniziale terminal si è progressivamente ampliato ed è stato inglobato nel PSA nel 1998: il porto di Genova – Pra’ è diventato una struttura portuale che ha cambiato i connotati ambientali, degradato il contesto, condizionato la sostenibilità e l’armonia dell’insieme. Se uno fosse stato lontano da quel posto negli ultimi 30 anni e ora tornasse dovrebbe chiedere: “Dove siamo qui?”. “Questo” porto è diventato l’icona mondiale dello stravolgimento ambientale: ora davanti alle case il mare non si vede più, solo uno sterminato ammasso di container, con relativi rumori assordanti, polveri, inquinamento della terra e del mare.

Si consideri inoltre tuttora vigente ciò che venne deciso nel marzo 2019 dal primo Governo Conte per iniziativa del Ministro dello Sviluppo Economico, nello specifico il “Memorandum” d’intesa” con la Cina che – al punto 29 – prevedeva che “China communications construction company” avrebbe dovuto stipulare un accordo con le Autorità Portuali di Sistema del Mar Ligure Occidentale (Genova, Pra’, Savona e Vado Ligure) e del Mare Adriatico Orientale (Trieste e Monfalcone) per rendere questi porti “i terminali in Europa della via della seta. Da tempo sostengo che sarebbe interessante fare il punto della situazione geopolitica e geoeconomica. Di carne al fuoco ce n’è molta e andrebbe spiegato alla gente quale futuro si ipotizza, tra fusioni, espansioni, destinazioni territoriali irreversibili.

È di questi giorni la polemica in Germania sul progetto di Olaf Scholz di vendere ai cinesi di COSCO una quota del porto di Amburgo (HHLA) e il 35% dell’azienda Tollerort che gestisce il terminal dei container: un assist da portare a Xi Jinping nel previsto incontro di novembre. Ma un fermo immagine sul PSA di Genova – Pra’  può solo far supporre cosa ancora potrà accadere per quella fascia di litorale ridotta ormai a una enorme piattaforma di carico-scarico di container provenienti da tutte le parti del mondo. Non è fantascienza ipotizzare una futura conurbazione con il Porto di Savona-Vado. Nel frattempo il Presidente di Regione Liguria Giovanni Toti e il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, Paolo Emilio Signorini, annunciano l’estensione del Porto di Genova fino a inglobare quello di Genova Prà entro i prossimo 5/6 anni: “lo scalo sarà la nostra porta per l’Europa”. Come si evince, l’accordo per la Via della seta in Europa resiste, oltre le critiche.

Eppure fino agli anni 80, tutto era diverso. Genova Prà era – con Voltri – l’ultima delegazione genovese del ponente cittadino, abitata prevalentemente da pendolari, pescatori, agricoltori, con importanti realtà cantieristiche, un tempo frequentata da bagnanti provenienti dalla Lombardia e dal Piemonte. Il contesto ambientale realizzava una sostenibilità gestibile senza gli stravolgimenti urbanistici e paesaggistici che hanno fatto irruzione con il porto.

Anche chi non conosce la realtà attuale – ma è sufficiente passarci in autostrada o percorrere quel tratto di Aurelia che attraversa la delegazione, anche se diretti altrove, per avere un colpo d’occhio eloquente sulla visuale del territorio, a cominciare dalla scomparsa del mare, occupato dal porto commerciale.

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