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Porsche scarica Oliver Blume e cerca un nuovo capo azienda?

La crisi economica in cui sono finite sia Porsche sia il gruppo Volkswagen sembrano aver posto il Ceo Oliver Blume di fronte alla decisione, non più rinviabile, di trovare un amministratore delegato a "tempo pieno" per il marchio sportivo, come richiedono da tempo gli azionisti di Stoccarda

Rettifilo finale per Oliver Blume (nella foto) alla guida di Porsche e, contemporaneamente, della controllante Volkswagen. L’interim emergenziale (Blume era stato chiamato a guidare Vw dopo la defenestrazione del Ceo Herbert Diess) come spesso accade era diventato, curva dopo curva, chicane dopo chicane, un doppio impiego ormai fisso sempre meno digerito dagli azionisti soprattutto considerata la crisi che sta tamponando entrambi i gruppi e richiederebbe perciò, sostengono gli investitori, un amministratore delegato a tempo pieno.

IN BORSA PORSCHE NON CORRE TROPPO

Difficile del resto replicare alle accuse di non essere abbastanza presenti per guidare come meriterebbe un gioiellino come Porsche quando i numeri non sono di supporto: dalla quotazione nel 2022, la Casa sportiva di Stoccarda in Borsa ha perso circa il 45%. Quest’anno risulta sotto del 20 per cento.

LE VOCI DELL’ADDIO DI BLUME METTONO IL TURBO AL TITOLO

E così ieri, per l’ennesima volta in tre anni, sono tornate a rincorrersi voci di colloqui già avviati per trovare un sostituto. Voci che sono state subito festeggiate sui mercati col titolo che, fiacco fino a metà mattina, ha chiuso le contrattazioni a +1,32, ben fotografando ancora una volta la volontà degli azionisti.

PORSCHE NON PUÒ PIÙ ASPETTARE

Eppure ancora poche settimane fa alla precisa domanda se non fosse il caso di concentrarsi solo su di uno dei sue due incarichi, Blume si era limitato a rispondere “vedremo come andrà quest’anno”. Ma Porsche evidentemente non può più permettersi di aspettare se intende rimettersi a correre.

I profitti del primo semestre parlano chiaro, crollati a 1,01 miliardi, il 67% in meno rispetto allo stesso periodo del 2024, che già era stato assai difficile. Bilanci zavorrati dalle consegne sotto del 6,1% a 146.391, e conseguentemente crollati pure i ricavi a 18,16 miliardi (-6,7%) e il margine lordo del 5,5% contro il 15,7% precedente. Fotografa la situazione il flusso di cassa netto del settore automobilistico: 394 milioni di euro contro gli 1,12 miliardi l’anno prima.  Secondo Der Spiegel il costruttore tedesco si sta preparando a svalutazioni per circa 295 milioni.

COSA HA DETTO OLIVER BLUME SULLA SITUAZIONE ECONOMICA DI PORSCHE

“Questa non è una tempesta che passerà. Il mondo sta cambiando radicalmente, e soprattutto in modo diverso da quanto ci si aspettasse solo pochi anni fa. Alcune delle decisioni strategiche prese allora appaiono oggi sotto una luce diversa”, aveva detto alla presentazione della trimestrale Blume. Parole che hanno rafforzato negli azionisti la convinzione che fosse meglio dotarsi di un Ceo ‘intero’ e non da spartire con il Gruppo Vw.

LICENZIAMENTI IN VISTA

Anche perché all’inizio 2025 l’azienda aveva annunciato tagli di 1.900 posti di lavoro nell’area di Stoccarda entro il 2029, poi però è arrivata la semestrale che dimostra come l’annus horribilis non sia mai stato archiviato col 31 dicembre, dunque il personale lasciato a piedi potrebbe essere molto più numeroso. Un problema sociale (e politico) per un Paese, la Germania, alle prese con una moltitudine di aziende che stanno tirando giù le serrande per non rialzarle. Lo scorso maggio i disoccupati, già ai massimi da dieci anni in aprile, sono aumentati di altre 34.000 unità in termini destagionalizzati, raggiungendo i 2,96 milioni.

COLLOQUI GIÀ INIZIATI?

Porsche non ha atteso nemmeno la fine di agosto per iniziare col piano di rientro emergenziale: i primi tagli, come prevedibile, starebbero riguardando la mobilità elettrica che non tira come previsto e hanno travolto prima una first party (Cellforce) che sarà chiusa, quindi un fornitore esterno (il produttore finlandese Valmet) che vedrà rescindere i propri accordi con Stuttgart-Zuffenhausen.

Secondo la rivista economica tedesca WirtschaftsWoche, che cita fonti finanziarie di alto livello, sarebbero già iniziati i colloqui tra Blume, il presidente del consiglio di sorveglianza Volkswagen Hans Dieter Pötsch, i delegati del consiglio di fabbrica, i rappresentanti delle famiglie proprietarie Wolfgang Porsche e Hans Michel Piëch che, come ben noto, detengono la maggior parte dei diritti di voto in VW tramite la loro holding Porsche SE. La nomina dovrebbe essere annunciata in autunno e dispiegare i propri effetti entro l’inizio del 2026.

I PROBLEMI CHE IL PROSSIMO CEO DI PORSCHE DOVE RISOLVERE

Sono innumerevoli i problemi che si parano di fronte al cofano delle automobili sportive tedesche: anzitutto bisognerà capire cosa fare con la transizione energetica in atto, dato che mentre l’Occidente pare rifiutare tali propulsioni le auto alla spina restano il passepartout per penetrare il mercato cinese.

In secondo luogo il nuovo amministratore delegato dovrà elaborare una strategia proprio per recuperare appeal in Cina. Com’è stato ampiamente riportato nelle passate settimane, infatti, il marchio non sta correndo per colpa del mercato cinese, che gli è diventato improvvisamente ostile.

Ultimo ma non per importanza, c’è il tema del mercato statunitense, da sempre fondamentale per Porsche: qui il problema deriva da fattori per così dire ‘esterni’ ed è rappresentato dai dazi imposti alle automobili extra-Usa dal presidente Donald Trump.

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