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Perché Porsche inchioda sull’auto elettrica

Calano le consegne mondiali di Porsche, con flessioni più evidenti in Cina. La Casa di Stoccarda ha problemi con l'approvvigionamento dell'alluminio e, contemporaneamente, rivede la sua strategia per l'elettrificazione del marchio: i modelli col motore a scoppio continueranno ad affiancare quelli elettrici

 

Tossisce rumorosamente il rumore di Porsche, registrando una flessione del 7% delle consegne mondiali nella prima metà dell’anno e crollando del 33% in Cina, con azioni che stazionano tra i 60 e i 70 dollari a cedola, quasi la metà del valore post Ipo quando toccarono i massimi di 120 dollari. Per questo la casa di Stoccarda famosa per le sue auto sportive ha tagliato le sue stime su ricavi e redditività: margine operativo tra il 14% e il 15% per l’anno contro la precedente stima del 15%-17%, vendite tra i 39 e i 40 miliardi di euro e non più tra i 40 e i 42 miliardi.

L’ALLUMINIO FRENA (E FREGA) PORSCHE?

In merito da Porsche fanno sapere che il rallentamento è tutta colpa di un’inaspettata carenza di forniture di leghe di alluminio (che ha interessato anche altri marchi tedeschi, come Bmw e Mercedes, che però sembrano essere state più svelte e duttili nel trovare fornitori alternativi) che avrà ripercussioni sulla produzione (le stime riguardano non meno di 10mila unità) di tutti i suoi modelli, senza che realisticamente si possa fare nulla entro la seconda parte del 2024: anzi, il mancato approvvigionamento potrebbe portare alla chiusura di una o più serie di veicoli.

Parte del problema sarebbe localizzato in Svizzera, dove la statunitense Novelis (di cui Porsche è comproprietaria) è stata costretta a chiudere i propri impianti a causa delle recenti alluvioni. Così la francese Constellium, che ha anch’essa impianti elvetici fuori servizio. Un grande disagio per la casa sportiva, che per mantenere alte le prestazioni delle proprie vetture si affida ai metalli più leggeri. Per esempio, per la produzione della Macan 100% elettrica (che negli altri mercati extraeuropei continua a essere proposta con propulsori tradizionali) viene utilizzata una particolare lega di alluminio, motivo per il quale quel modello è in particolare sofferenza.

PORSCHE RIVEDE LA STRATEGIA ELETTRICA

Il calo delle consegne, la difficoltà di reperire alluminio e il crollo della domanda di auto elettriche hanno portato Porsche a rivedere i propri obiettivi per l’elettrificazione del marchio. “La transizione verso le auto elettriche sta richiedendo più tempo di quanto pensassimo cinque anni fa”, ha ammesso l’azienda tedesca, puntualizzando che la “strategia di prodotto è impostata in modo tale da poter raggiungere oltre l’80% dei nostri volumi con veicoli completamente elettrici nel 2030, a seconda della domanda dei clienti e dello sviluppo dell’elettromobilità”.

VECCHI TARGET? Sì, MA SOLO A NUOVE CONDIZIONI

Cioè i vecchi obiettivi saranno raggiunti solo a patto che si soddisfino nuove condizioni, ovvero che ci sia un’adeguata domanda da parte del mercato, in particolare quello occidentale (a differenza della Cina, dove la domanda è stata drogata da bonus e incentivi di tutti i tipi e a tutti i livelli, Usa ed Europa continuano a restare impermeabili alla nuova tecnologia) e solo in presenza di infrastrutture e investimenti che favoriscano concretamente la mobilità alla spina.

Secondo la stampa tedesca, il cambio di passo deciso a Stoccarda sarebbe più profondo di quanto Porsche non abbia voluto comunicare, avendo deciso di prolungare il ciclo di vita delle varianti endotermiche e ibride della Cayenne. Insomma, i modelli elettrici non sostituiranno più le versioni col motore a scoppio, ma le affiancheranno, almeno fino a quando il mercato occidentale non si rivelerà maggiormente recettivo.

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