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Ucraina

Perché l’industria Usa dell’auto tampona Biden

L'Alliance for Automotive Innovation, associazione che rappresenta l'industria Usa dell'auto, attacca la stangata decisa da Biden per arrivare al 70% delle auto elettriche entro il 2032

Va bene lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ma ora che iniziamo a essere in prossimità dell’ostacolo, si intuisce che forse è troppo alto per essere scavalcato. O almeno è ciò che temono gli industriali di mezzo mondo occidentale, indiavolati con quei legislatori che sul fronte della transizione ecologica sembrano aver peccato di ottimismo e di faciloneria. Un mix potenzialmente letale per una industria in via di rinnovamento (e quindi con la necessità di trovare capitali da investire in R&D), alle prese con la crisi economica, una galoppata dell’inflazione senza precedenti, i postumi di una pandemia, una guerra che è tornata a dividere il mondo in blocchi e soprattutto la baldanza cinese, con Pechino che s’è mossa prima e meglio. E così ora protestano non solo gli industriali, specie quelli del mondo auto – ma non solo – con Bruxelles per un Fit for 55 che pare irragionevole e dannoso per il tessuto produttivo del Vecchio continente ma pure quelli Usa con Joe Biden

L’IRA DI BIDEN E L’IRA DELL’INDUSTRIA AUTO USA

E dire che la Casa Bianca ha senz’altro accudito di più di quanto non fatto da Bruxelles la propria industria automobilistica, per una volta mettendo da parte quei principi liberali che dovrebbero essere il faro di ogni legge vergata negli Stati Uniti. Prima ha infatti imposto a tutte le amministrazioni il ricambio delle flotte di auto e mezzi, per passare all’elettrico e questo naturalmente adultera il mercato, assicurando alle Case automobilistiche laute commesse.

Poi, com’è noto, ha messo nero su bianco un corpus di norme dal forte sapore protezionistico, noto come l’Ira (Inflation Reduction Act) di Biden che ha fatto sobbalzare gli alleati commerciali degli Usa, dal Giappone alla vecchia Europa, dato che la ventura normativa favorirà i marchi statunitensi o quelli esteri che produrranno in loro, rendendo dunque difficile la mera esportazione. Una chiusura parziale di quel mercato che rischia di desertificare il panorama industriale europeo, con grandi marchi pronti a trasferire negli States la propria produzione per restare competitivi.

COSA CHIEDE L’ALLIANCE FOR AUTOMOTIVE INNOVATION

Ma l’industria dell’auto Usa non sembra comunque tranquilla. Anzi, è parecchio arrabbiata con Biden: l’Alliance for Automotive Innovation, ritiene che gli obiettivi presentati dall’Epa (l’agenzia per la protezione ambientale) per il 2032 non sono “né ragionevoli, né raggiungibili”.

L’Alleanza non ha in seno solo l’industria Usa dell’auto strettamente considerata (ovvero i marchi americani), ma ricomprende i maggiori costruttori e fornitori di componentistica, tra cui BMW, Bosch, Ford, GM, Honda, Hyundai, JLR, Kia, Magna, Mercedes, Nissan, Toyota o Volkswagen. Sono numerosi gli stranieri presenti nel novero, tutti comunque con importanti filiere produttive negli States.

“L’obiettivo del 50% nel 2021 era ambizioso, ma si basava anche su obiettivi climatici chiaramente definiti: è stato stabilito su una base di ipotesi credibili e di dati”, scrive il presidente John Bozzella, definendo le proposte dell’Epa un “castello di carte”, perciò Washington dovrebbe stabilire “regole equilibrate, fattibili e durature” per non frenare lo slancio dell’industria statunitense verso l’elettrificazione.

 

L’Alliance for Automotive Innovation chiede, pertanto, di “correggere la rotta” mediante l’inclusione delle ibride plug-in e delle Fcev, adottando nel contempo alcuni standard già concordati dagli stessi costruttori con la California e di non imporre costosi dispositivi anti-inquinamento nei motori endotermici perché “ogni dollaro investito nella tecnologia della combustione interna è un dollaro non speso per le tecnologie a zero emissioni”.

L’agenzia dovrebbe anche “concordare” le proprie regole con gli standard Cafe (Corporate Average Fuel Economy) del Dipartimento dei Trasporti per evitare sovrapposizioni e contrasti normativi e soprattutto eliminare eventuali conflitti con i regolamenti in vigore nei singoli Stati. Tutto questo tenendo in considerazione fattori come la limitata infrastruttura delle reti di ricarica e l’altrettanto limitata disponibilità di materie prime.

LE COCCOLE DI BIDEN NON BASTANO?

L’amministrazione Biden, si anticipava, per l’industria dell’auto Usa ha fatto davvero parecchio (sia nella consapevolezza che è il cuore della produzione americana, sia per non perdere il voto delle tute blu): le vendite di auto elettriche sono triplicate e il numero di modelli disponibili è raddoppiato; inoltre, i punti di ricarica pubblici in tutto il Paese sono cresciuti a 130mila, il 40% in più rispetto al 2020. Grazie alle agevolazioni dell’Ira il settore privato si è impegnato a investire oltre 120 miliardi di dollari in Ev e batterie.

IL BERSAGLIO DELL’INDUSTRIA USA DELL’AUTO

Le proposte sulle emissioni dell’Epa riguardano non solo le auto, ma anche i veicoli commerciali e quelli pesanti e si applicano ai veicoli nuovi a partire dal 2027. Si tratta di norme che bandirebbero puntano a rendere a emissioni zero il 67% delle vetture passeggeri vendute negli Stati Uniti entro il 2032, mentre ora hanno una quota del 5,6%.

Il pacchetto impone una diminuzione del 13% delle emissioni per i cinque anni in cui saranno in vigore. L’intento non dichiarato è rendere anti-economica la produzione di vecchi propulsori diesel e benzina imponendo alle Case produttrici di installare filtri molto costosi.

LA FUGA DI BIDEN DA DETROIT

L’amministrazione Biden aveva inizialmente previsto di presentare le nuove norme a Detroit, capitale dell’industria Usa dell’auto, in seno a un evento dedicato ai veicoli elettrici di produzione americana, ma la crescita del dissenso l’ha indotta a spostare l’annuncio alla sede dell’Epa di Washington.

LA CINA È SEMPRE PIU’ VICINA

Del resto lo spauracchio dell’industria auto Usa è la spietata concorrenza cinese. La Cina nel 2023 manterrà il ruolo di principale mercato con 24,9 milioni di veicoli (24,8 milioni nel 2019) e 29,1 milioni nel 2027 (+4% annuo) e tra quattro anni diventerà anche il primo esportatore di veicoli, con un tasso in crescita dell’80% rispetto il primo trimestre del 2022, secondo la ventesima edizione del Global Automotive Outlook della società di consulenza AlixPartners.

Inoltre, per la prima volta nella storia, più del 50% del mercato locale sarà soddisfatto con veicoli prodotti da brand domestici (35% nel 2020) e i brand cinesi contribuiranno anche alla crescita delle esportazioni, ma con effetti ancora limitati in Europa, dove si prevede un guadagno di quote dal 4% al 6% nel 2026.

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