L’Ue aggiusta il tiro sui dazi che intende imporre alle auto elettriche che arrivano dalla Cina, prodotte da Case accusate di essere state lautamente finanziate in patria e, dunque, di operare una concorrenza sleale nei rapporti con le omologhe del Vecchio continente.
TESLA OTTIENE DAZI AD HOC
Nelle nuove tabelle diramate dalla Ue, che presentano significative differenze rispetto ai dazi precedentemente pubblicati lo scorso luglio, saltano all’occhio soprattutto le variazioni a beneficio di Tesla, la sola ad avere ottenuto una tariffa doganale a un’unica cifra, pari al 9% – alla quale comunque va sempre sommato il 10% già in vigore, che in Cina è il 15% dal 2018.
LA PRODUZIONE CINESE DI TESLA
Inizialmente i dazi per Tesla erano stati fissati al 21 per cento circa (20,8), per un totale di 30,8 per cento sulle vetture del costruttore texano. La Casa guidata da Elon Musk (in odore di un posto nel gabinetto che Donald Trump intende mettere assieme in caso di vittoria alle presidenziali di novembre) ha sì un hub in Germania, alle porte di Berlino, ma serve i mercati occidentali soprattutto grazie alle vetture sfornate dalla sua principale gigafactory a Shanghai.
Il taglio fatto da Bruxelles – che nelle scorse settimane aveva incrociato le sciabole con Musk in un inedito e acceso confronto via X tra il commissario Thierry Breton e lo stesso patron del social e di Tesla sulla necessità per la piattaforma di non disattendere le norme del Dsa comunitario – sarebbe dovuto alle nuove informazioni pervenute alla Ue che avrebbero permesso di appurare che Tesla non abbia beneficiato dei medesimi aiuti di Stato con cui Pechino foraggia la propria industria automobilistica.
DAZI SOFT ANCHE PER VW E BMW
Ma c’è un altro player che ha ottenuto, per così dire, dazi di favore: Volkswagen. In questo caso occorre ricordare che l’intera industria dell’auto tedesca, che negli anni ha tessuto strettissimi rapporti con la Cina, era contraria ai dazi europei.
La tariffa sul modello Cupra Tavascan, prodotto da Seat in Cina, è stata ridotta al 21,3% rispetto all’iniziale 37,6. A luglio, con la pubblicazione delle prime decisioni sui dazi, l’amministratore delegato del gruppo Volkswagen, Oliver Blume, era volato in Cina proprio per affrontare con alcuni dei massimi esponenti del governo di Pechino la questione. Sconti anche per la Mini elettrica prodotta in Cina da un’altra Casa tedesca che ha il marchio britannico nel portafogli: Bmw. Pure in questo caso la tariffa doganale è scesa dal 37,6 al 21,3%.
RITOCCHI ANCHE AI MARCHI CINESI
Sono stati ritoccati anche i dazi per i marchi cinesi, con BYD al 17% dal precedente 21, il balzello di Geely – proprietaria al 78,7 per cento della svedese Volvo – limato al 19,3% dal 19,9%, Saic (che detiene la britannica Mg) guadagna un punto e tre percentuale e si ferma al 36,3%, la stessa soglia, vicina al massimo predisposto per legge, cui sono sottoposte le Case che non hanno collaborato con Bruxelles rendicontando gli aiuti di Stato ricevuti da Pechino. Per il momento, quindi, l’Ue ha scelto di non applicare la tariffa massima con nessuno.