Nel caso vi foste mai chiesti quante autocisterne servano per estinguere un incendio di un tir elettrico come il Tesla Semi, adesso è arrivata la risposta: ben dieci autobotti a tre assi. Per un totale di 200mila litri d’acqua. Tanti ne sono serviti per spegnere ciò che restava del camion della Casa texana, andato a fuoco a seguito di un sinistro stradale. E, domate le fiamme, puntualmente sono divampate anche le polemiche.
LE AUTO ELETTRICHE BRUCIANO PER GIORNI
È noto da tempo che l’auto elettrica presenta un problema di non facile soluzione: in caso di incendio – e aumentano peraltro i casi di combustione spontanea, ovvero incendi che si sono propagati ad auto parcheggiata – spegnere le batterie è un’operazione tutt’altro che agevole: la presenza di un numero molto alto di celle può di fatto dar vita a una catena di combustione capace di durare giorni e giorni.
Il giornalista britannico Richard Hammond, che nel 2017 al termine di una competizione elvetica fu coinvolto in un incidente mentre si trovava alla guida di una Rimac, raccontò durante le registrazioni della trasmissione The Grand Tour che ci vollero cinque giorni per spegnere l’incendio dell’automobile super sportiva. È il motivo per il quale le auto elettriche iniziano a non essere più ben accolte né sui traghetti né nei silos, esattamente come le vecchie vetture alimentate a Gpl.
Secondo quanto riferisce la testata Automotive News, soltanto nella città di New York dal 2019 a oggi, si sono registrati 733 casi di incendio di vetture elettriche ed e-bike, con la morte di 29 persone e il ferimento di 442.
Non ci sono statistiche esatte circa il fatto che le auto elettriche prendano fuoco più facilmente rispetto alle altre vetture, anzi, alcune ricerche indicherebbero persino il contrario. Il problema, però, è che quando le vetture alla spina bruciano non smettono di divampare. E questo comporta rischi per l’intero circondario. Ne è un esempio l’incendio avvenuto in un parcheggio sotterraneo di una Mercedes Eqe a Incheon, in Corea del Sud il primo agosto scorso, che ha portato alla distruzione di altri 70 veicoli, con fiamme difficilmente domabili dai vigili del fuoco.
L’ASSENZA DI PROTOCOLLI ANTI INCENDIO
Come si anticipava, molto spesso gli incendi nelle batterie delle auto elettriche sono dovute alle “thermal runaway” ovvero alle fughe termica che si verificano quando una singola cella non è più capace di contenere e trattenere la temperatura arrivando alla fuoriuscita di fluido infiammabile verso la parte restante del pacco batteria.
Ulteriore problema è la mancanza a oggi di una tecnologia per intervenire direttamente sullo spegnimento di un incendio chimico, con la presenza dell’elettrolita, l’elemento liquido che divide i due poli – costituito spesso da un solvente a sua volta infiammabile – e del litio che, al contatto con l’acqua, sviluppa idrogeno, gas altamente infiammabile.
L’INCENDIO DEL TESLA SEMI
Se l’incendio a una singola macchina richiede immani quantità d’acqua prima di essere estinto, quanto lavoro potrebbe dover richiedere, da parte delle forze di soccorso, il rogo di un camion? Un recente incidente a un Semi di Tesla, che ha preso fuoco dopo essere uscito di strada lungo il tratto californiano della Interstate 80, a poco più di 100 km da Sacramento, risponde al quesito.
Per riuscire a spegnere l’incendio sono serviti 200mila litri d’acqua, ovvero la capacità di 10 autobotti. Dati che pongono diversi interrogativi dato che, viene sottolineato dalla stampa statunitense, sono pochissime le città americane che dispongono di così tanti mezzi e personale.
Non solo: sempre la stampa statunitense ha ipotizzato che, anche laddove simili mezzi fossero presenti, le dieci autopompe, messe in fila, formerebbero una coda lunga circa 100 metri. Un ingombro tale da paralizzare qualsiasi arteria stradale, rendendo impossibile per i soccorsi giungere in tempo sul luogo dell’incendio.
COME SI MUOVONO GLI USA
Se le auto elettriche diventeranno via via sempre più diffuse negli States, occorrerà anzitutto mettere a punto protocolli per poter estinguere l’incendio senza scatenare altri effetti dovuti alla presenza degli elementi chimici alla base del funzionamento delle batterie.
Oggigiorno si impiega tanto per avere la meglio su un rogo elettrico perché le batterie cessano di bruciare solo quando l’acqua delle autobotti ha riportato a una temperatura normale le celle, mentre manca un prodotto idoneo a stroncare subito la fiamma.
Nel frattempo, sia al Senato sia alla Camera dei Rappresentanti sono approdate due iniziative che intendono disegnare un iter per la certificazione di ogni accumulatore utilizzato su veicoli di micromobilità, così da arrivare, spiegano i promotori, alla creazione di una patente federale di sicurezza per le batterie per auto. L’Ue che corre verso l’elettrico con entusiasmo, intendendolo come l’unica tecnologia cui affidare le sorti della transizione ecologica, invece, come si muove?