Colpo di scena nel mondo dell’alta finanza, Berkshire Hathaway, la holding di Warren Buffett, avrebbe infatti venduto l’intera partecipazione nel produttore cinese di veicoli ibridi ed elettrici Byd con conseguente sbandata del titolo in Borsa. Coup de théâtre non solo perché Byd corre a più non posso, ma anche e soprattutto in quanto il ben noto investitore Usa è solito ripetere che, per fare soldi, non bisogna avere fretta di vendere.
BUFFET SCENDE DA BYD IN CORSA
Non si può comunque affermare che Berkshire Hathaway non abbia tratto un vantaggio significativo dal passaggio preso sui mezzi della cinese Byd. La società di Buffett deteneva il titolo da oltre 15 anni, con 225 milioni di azioni acquistate nel settembre 2008.
All’epoca nemmeno gli appassionati di automobili avevano mai sentito nominare questo acronimo che inizia soltanto ora a rimbalzare sui quotidiani di settore occidentali, eppure da allora il titolo è aumentato di oltre il 4.500% (rilevazione al 31 marzo di quest’anno).
Insomma, i tempi sono maturi, per Buffet, per scendere da Byd e farsi rimborsare la fiducia dimostrata. E che Byd non ha tradito, divenendo in breve tempo la sola Casa capace di rivaleggiare, nella produzione di auto con nuove motorizzazioni, con Tesla di Elon Musk. Mentre ora l’obiettivo è porsi in scia a Toyota, il produttore numero 1 al mondo per auto immatricolate su tutti i mercati. Berkshire aveva iniziato a cedere la sua partecipazione a metà del 2022, portando la propria soglia al di sotto del 5% lo scorso anno.
BYD FRENA
Nel mentre Byd ha continuato il proprio arrembaggio ai mercati occidentali (principalmente europeo) con un export cresciuto del 130 per cento nel secondo trimestre, ricavi semestrali aumentati del 23 per cento, ma utili in frenata del periodo aprile – giugno 2025 (-30 per cento) per la prima volta in tre anni per colpa della guerra dei prezzi in Cina, con il rischio che il target annuo fissato a 5,5 milioni di auto in 12 mesi non possa essere raggiunto avendo compiuto appena il 45 per cento del percorso nei primi sette mesi.
LA COMPETIZIONE CINESE GONFIA LA BOLLA?
Buffet deve aver compreso ciò che gli analisti di AlixPartners hanno messo nero su bianco nel Global Automotive Outlook 2025 appena pubblicato, ovvero che si sia ormai vicinissimi allo scoppio della bolla dell’auto cinese.
Prima Pechino ha lautamente finanziato con soldi pubblici i player maggiori, startup emergenti e realtà incubate nelle università invitando tutti gli attori a fare ecosistema scambiando tecnologie e brevetti, poi però chiusi i rubinetti è scoppiata una guerra dei prezzi su suolo cinese che nemmeno il governo è riuscito a controllare e che secondo gli analisti rischia di comportare la sopravvivenza di soli 29 costruttori rispetto ai 130 attuali da qui al 2030.
Una situazione che, come paventato dagli analisti, porterà le più piccole ad affogare ma che sta già danneggiando pure le più grandi. Basti pensare che le azioni Byd sono scese del 30% rispetto al massimo storico raggiunto quattro mesi fa proprio a causa delle crescenti preoccupazioni che hanno nel mercato cinese finora lievitato apparentemente senza sosta il proprio epicentro.
Rimbalzano inoltre con sempre maggiore insistenza voci secondo le quali, pur di centrare i target di immatricolazione, molti marchi immatricolerebbero le vetture consegnate alle concessionarie da rivendere come km zero a prezzi stracciati. Parallelamente riaffiorano le immagini degli immensi cimiteri nei quali vengono posteggiate auto elettriche appena sfornate. Molti di questi, comunque, riguarderebbero i fallimenti a catena nel settore delle startup cinesi dello sharing ma non significa che si parli di tutt’altro dato che questa crisi parallela comporta una diminuzione considerevole nella domanda di flotte aziendali.