Jim Farley, amministratore delegato di Ford, critica duramente la politica europea sulla transizione ai veicoli elettrici, ritenendola scollegata dalla domanda reale dei consumatori e foriera di gravi conseguenze per l’industria automobilistica del continente. Evidenzia come i rigidi target di riduzione delle emissioni di CO2 impongano un passaggio troppo rapido agli EV, mentre le vendite rimangono stagnanti intorno al 16%, lontane dal 25% necessario per il 2025. Intanto, le importazioni cinesi di EV sovvenzionati stanno erodendo quote di mercato, la produzione europea è calata di 3 milioni di unità rispetto al pre-Covid e decine di migliaia di posti di lavoro sono andati perduti. Farley chiede un quadro regolatorio realistico a dieci anni, incentivi consistenti, infrastrutture di ricarica diffuse e la possibilità di mantenere più a lungo i veicoli ibridi come ponte verso l’elettrico, evitando così il declino irreversibile del settore.
1. Sul rischio di un approccio regolatorio scollegato dalla realtà del mercato e dalle esigenze di pianificazione industriale:
“L’attuale impostazione, che prevede di fissare regolamentazioni irrealistiche per poi modificarle alla fine di ogni anno quando i consumatori non acquistano, genera solo turbolenza in un ciclo complesso di progettazione dei prodotti, ingegneria e catene di fornitura che richiede tempi lunghi e investimenti miliardari.”
2. Sulla necessità di un orizzonte regolatorio prevedibile e realistico per l’industria:
“Abbiamo urgente bisogno di un quadro normativo per l’Europa che offra un orizzonte di pianificazione decennale realistico e affidabile, poiché da un lato affrontiamo i mandati sul carbonio più aggressivi al mondo, con un ritmo di elettrificazione svincolato dalla domanda effettiva dei consumatori.”
3. Sulla concorrenza sleale delle importazioni cinesi e sulle sue conseguenze per il mercato europeo:
“Dall’altro lato, ci troviamo di fronte a un’inondazione di importazioni di veicoli elettrici sovvenzionati dallo Stato cinese, strutturalmente concepite per sottocosto rispetto al lavoro e alla manifattura europei; la Cina dispone di una capacità produttiva eccedente sufficiente a rifornire ogni nuovo cliente in Europa.”
4. Sulle gravi ripercussioni occupazionali e produttive della transizione forzata:
“La produzione di veicoli nell’UE è ora inferiore di 3 milioni di unità rispetto ai livelli pre-Covid, gli stabilimenti chiudono e solo nel 2024 sono svaniti 90.000 posti di lavoro nel settore automobilistico; si tratta di impieghi che sostengono la stabilità sociale europea e questo non è una transizione, bensì un progressivo spegnimento dell’industria.”
5. Sulla scelta binaria che l’Europa deve compiere per preservare la propria industria automobilistica:
“L’Europa si trova di fronte a una scelta netta: può promuovere un’industria automobilistica fiorente e competitiva che guidi il mondo nelle tecnologie verdi, oppure può aggrapparsi a obiettivi irrealizzabili e assistere alla dominazione del suo mercato da parte delle importazioni mentre le proprie fabbriche arrugginiscono.”
(Estratto dalla newsletter di Giuseppe Liturri)




