Il nuovo ruolo politico di Elon Musk non gli ha permesso di fare pace con le varie agenzie governative statunitensi. Anzi, forse potrebbe persino aver peggiorato la situazione. Nel giro di pochi giorni, infatti, due diversi enti hanno assestato al modello più atteso di Tesla, il robotaxi Cybercab (a detta di molti analisti quello che sta mantenendo alto l’entusiasmo degli azionisti, nonostante la situazione economica contingente) ceffoni sonori.
QUESTIONE DI NOME
Anzitutto ci si è messo l’U.S. Patent and Trademark Office, ovvero l’Ufficio brevetti degli Stati Uniti cui le aziende si rivolgono anche per la registrazione dei marchi. Come si legge sul sito dedicato proprio alla registrazione delle proprietà intellettuali worldipreview allo sportello hanno infatti respinto la richiesta – sicuramente maliziosa e scaltra – di Tesla di accaparrarsi il nome “Robotaxi”. Benché costituisca un neologismo, per i funzionari governativi il termine ormai descriverebbe una pluralità di servizi e non può più dunque essere privatizzato.
Con buona pace di Musk che da anni parla dei propri veicoli a guida autonoma utilizzando proprio quel termine e lo faccia anche a costo di ingenerare parecchia confusione nell’utenza, dato che i mezzi possono essere acquistati dai singoli e non saranno indirizzati al solo mercato del trasporto pubblico. L’aspetto più curioso della vicenda risulta il fatto che, almeno al momento, sia ancora pendente pure la registrazione di “Cybercab”.
In questo caso la registrazione del marchio avrebbe dovuto rappresentare un passaggio meramente formale. Sembra però che siano numerose le richieste di registrazione di marchi “cyber-qualcosa” e Tesla, benché abbia probabilmente fatto da apripista col Cybertruck, potrebbe perciò avere problemi ad ampliare la famiglia, con un danno di marketing maggiore. Intanto ha proposto domanda anche per registrare pure “Cyberbus” sulla cui esistenza finora si sono rincorse esclusivamente indiscrezioni.
NHTSA TAMPONA ANCHE IL CYBERCAB DI TESLA
Parlando di Cybertruck viene subito in mente l’Nhtsa, l’ente federale per la sicurezza stradale che ha richiamato il pick-up futuristico di Tesla ben 8 volte nel solo 2024 e già una nel 2025. Questa volta gli uffici – sui quali si è immediatamente abbattuta la scure del Doge, ovvero il dipartimento di efficientamento della spesa pubblica che Musk sovrintende dall’insediamento di Donald Trump – hanno avviato una indagine a tutto tondo sul Cybercab chiedendo informazioni dettagliate sulle specifiche di omologazione e sull’eventuale presenza di operatori fisici in grado di collegarsi al veicolo e comandarlo a distanza in caso di problemi tecnici.
Non si tratta di una ripicca dell’ente federale per i tagli subiti nei mesi scorsi: il Cybercab sarà infatti totalmente privo di comandi fisici per la guida, a dispetto di quanto avviene su altre auto intelligenti già in commercio che prevedono comunque la presenza di un volante e relativi pedali considerati necessari per interventi umani emergenziali. Questa evoluzione del sistema Full Self-Driving che farà affidamento sulle telecamere (non sui Lidar scelti dalla concorrenza) pone perciò l’ente in una situazione inedita, dovendo comprendere ex ante se l’azienda sarà comunque in grado di assicurare massimi livelli di sicurezza per i venturi test in strada.
L’ufficio preposto alla sicurezza stradale intende avere da Austin maggiori dettagli sulla tipologia dei sensori a bordo, come verranno gestiti e quale sarà il numero di esemplari di Cybercab in strada al momento del lancio. Il dialogo con l’azienda di Elon Musk già messa a dura prova dai dazi trumpiani (almeno fin tanto che i balzelli contro la Cina sono rimasti a tre cifre percentuali, a seguito della fragile pax degli ultimi giorni l’allarme sarebbe rientrato) dovrebbe permettere alla Nhtsa di procedere con la propria inchiesta. Resta da comprendere però se l’indagine tarderà o meno il debutto sulle strade statunitensi del Cybercab di Tesla.