Grane in vista per Renault, che aveva deciso di fronteggiare le difficoltà dovute alla transizione energetica dei propulsori scindendosi in due: Ampere, divisione dedicata ai software e alle auto elettriche e Horse, legata ai vecchi motori endotermici.
I CAVALLI DI HORSE CORRONO
La seconda, che inizialmente pareva destinata solo ai mercati più lenti a recepire la trasformazione in atto, sembra godere di ottima salute. Finalizzato l’assetto della joint venture che ha visto la casa automobilistica cinese Geely e la saudita Aramco (attiva nel comparto idrocarburi) affiancare la Casa francese, ha avviato nello stabilimento spagnolo di Valladolid la produzione dei propulsori HR12, ovvero motori tre cilindri di 1.2 litri da 152 CV e 230 Nm di coppia massima utilizzati come componente termica per le plug-in dei due gruppi automobilistici, a cominciare dalla Renault Rafale E-Tech 4×4 Hybrid.
MITSUBISHI IN FUGA DA AMPERE
Ampere, che avrebbe dovuto rappresentare secondo la presentazione particolarmente entusiastica da parte del gruppo d’Oltralpe la punta di diamante della produzione di Renault (si prevedeva anche la sua quotazione in Borsa, successivamente ritrattata), continua invece a dare grane. I francesi avevano già faticato parecchio a tirare dentro i giapponesi di Nissan e Mitsubishi e si ritrovano nuovamente a rivedere le geometrie dell’alleanza.
Con un comunicato molto scarno, infatti, la Casa dei tre diamanti rende noto che “Mitsubishi Motors ha deciso di non procedere con un investimento in Ampere”. Una doccia gelata per Boulogne-Billancourt solo parzialmente mitigata dalla chiosa più formale che sostanziale con cui il costruttore nipponico fa sapere di voler “rimanere impegnato a esplorare potenziali strade per continuare la collaborazione, compresi possibili veicoli forniti da Renault e Ampere”.
RENAULT PERDE UN SOCIO. MA NEMMENO L’ALTRO STA BENISSIMO
Mitsubishi si era impegnata a investire in Ampere 200 milioni di euro (non è un mistero che i francesi sperassero in cifre assai maggiori). In Ampere resta Nissan, che a sua volta ha stanziato fino a 600 milioni di euro per partecipare all’iniziativa. L’ultimo accordo franco-nipponico però prevede pure per Nissan la possibilità di essere sollevata dall’impegno di investire in Ampere, pur continuando i progetti di prodotto concordati.
Bisognerà vedere se la Casa nipponica superstite riuscirà a onorare i propri impegni, dato che è sprofondata in una crisi senza precedenti. Il nuovo piano di ristrutturazione lacrime e sangue a tal fine prevede già un drastico ridimensionamento delle attività industriali, con una riduzione delle fabbriche attive da 17 a 10 e una riorganizzazione degli impianti di componentistica.
NISSAN ACCELERA CON LA RISTRUTTURAZIONE E CHIUDE 7 STABILIMENTI
Secondo la testata nipponica Yomiuri Shimbun il nuovo Ceo Ivan Espinosa (succeduto nelle scorse settimane a Makoto Uchida, dimessosi proprio per le condizioni in cui versa il Gruppo) starebbe valutando la chiusura di due stabilimenti in Giappone (Oppama, che per la Casa giapponese ha un forte valore identitario ed equivale a Mirafiori per Fiat e Shonan) e di altre cinque tra Messico, Sud Africa, India e Argentina. Secondo un altro quotidiano giapponese, il Mainichi, Toyota avrebbe offerto un salvagente subito dopo la rottura delle trattative con Honda. Ma non era ancora chiaro che la situazione per Nissan fosse tanto plumbea dunque l’offerta d’aiuto potrebbe essere stata ritrattata nel frattempo.
LA GRANA DI AMPERE SUL FRONTE SOFTWARE
Per Renault tutto ciò si riverbera in malo modo sullo sviluppo tecnologico che sarebbe dovuto avvenire proprio in Ampere. Infatti, la Casa francese non rischia solo intoppi sul fronte delle auto elettriche – che al momento non avrebbero mercato, vista l’indifferenza degli europei sul punto – ma soprattutto rallentamenti sul versante della ricerca e sviluppo software.
La nuova unità che sarebbe dovuta essere dislocata prevalentemente nel polo ElectriCity (Douai, Maubege e Ruitz) e nell’impianto di Cléon nel nord della Francia, secondo gli annunci avrebbe dovuto arrivare a contare 11 mila dipendenti di cui 35% ingegneri per sviluppare software proprietari in partnership con Google e Qualcomm. I gruppi automobilistici allo stato attuale possono anche tollerare ritardi nell’elettrificazione del marchio, che non pare più la sola via per il futuro dell’automobile, ma possono permettersi di posticipare lo sviluppo di software per renderle sempre più intelligenti?