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RIFORMA FISCO

Ecco i risultati (magri) dei lobbisti dell’auto elettrica sul governo Meloni

In sede europea è stato sospeso il giudizio sul divieto alla vendita di nuovi veicoli a motore termico dal 2035 per l'opposizione di Italia e Germania. Ecco cosa pensa il governo Meloni sull'auto elettrica.

In Italia esiste una lobby dell’auto elettrica?

Alcuni sostengono di sì, ma a giudicare dai risultati la lobby e i lobbisti dell’auto elettrica sino ad ora stanno raccogliendo un magro bottino. Ecco perché: questa mattina la presidenza della Ue, affidata alla Svezia, ha comunicato che il Coreper, l’organismo che riunisce i rappresentanti degli Stati, non si pronuncerà sul regolamento riguardante le emissioni di CO2 di auto e furgoni nuovi a diesel e benzina, che stabilisce lo stop dell’immissione nel mercato dal 2035, come previsto. Bensì nella riunione di venerdì 3 marzo.

La ragione? La decisione del governo italiano di votare contro e l’indicazione della Germania che ha subordinato il sì alla presentazione di una proposta comunitaria che preveda l’immatricolazione di auto e veicoli commerciali leggeri con motori a combustione anche dopo il 2035 a condizione che possano essere alimentati da carburanti sintetici.

COSA FARÀ L’ITALIA CONTRO IL BANDO EUROPEO AI MOTORI TERMICI

Pur condividendo gli obiettivi di decarbonizzazione, aveva precisato il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin in una nota del 28 febbraio, l’Italia sostiene che i target ambientali vadano perseguiti attraverso “una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa”, pianificata e guidata con grande attenzione, per evitare ripercussioni negative per il Paese sia sotto l’aspetto occupazionale che produttivo. L’Italia ritiene inoltre che la scelta dell’elettrico non debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unica via per arrivare a zero emissioni.

Il successo delle auto elettriche dipenderà molto da come diventeranno accessibili a prezzi concorrenziali. Una razionale scelta di neutralità tecnologica a fronte di obiettivi ambientali condivisi deve consentire agli Stati membri di avvalersi di tutte le soluzioni per decarbonizzare il settore dei trasporti, tenendo conto delle diverse realtà nazionali e con una più graduale pianificazione dei tempi. “L’utilizzo di carburanti rinnovabili, compatibili con i motori termici”- aveva affermato il ministro Pichetto – “contribuirà ad una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini”.

Il punto è infatti molto dibattuto in Italia e gli esponenti del governo Meloni da tempo stanno mantenendo una linea ferma sul tema. Vediamo quali sono le dichiarazioni della maggioranza delle ultime settimane:

COSA PENSA GIORGIA MELONI SULLE AUTO ELETTRICHE

In una intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore l’8 febbraio la premier Giorgia Meloni tra le altre cose ha trattato il tema delle auto elettriche. “Condivido le preoccupazioni degli operatori del settore. Lo stop dal 2035 ai motori termici mette in grave difficoltà l’industria europea dell’automotive, che si confronta in un mercato globale dove non ci sono regole cosi stringenti nel breve-medio termine”.

Secondo Meloni “il cammino verso una sostenibilità ambientale maggiore dev’essere graduale e non deve mettere in difficolta le imprese italiane ed europee. Imporre una scadenza cosi ravvicinata per una trasformazione epocale di questo tipo rischia di avere conseguenze pesantissime dal punto di vista occupazionale e produttivo, oltre ad avere dubbia efficacia dal punto di vista ambientale visto l’impatto elevato sull’ambiente della produzione di auto elettriche e la sempre maggior efficienza di quelle a combustione. Dobbiamo prevenire questa emergenza. C’e convergenza in Italia su questo tema e lo porro con forza in sede europea”.

L’EUROPA SBAGLIA SULL’AUTO ELETTRICA, DICE TAJANI

“Io sono un grande sostenitore dell’auto elettrica ma gli obiettivi ambiziosi vanno raggiunti sul serio, non solo sulla carta: ecco perché” sullo stop a benzina e diesel nel 2035, approvato ieri dal Parlamento Europeo “l’Italia avanzerà una sua controproposta: limitare la riduzione al 90%, dando la possibilità alle industrie di adeguarsi”, aveva detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani al Tg1 il 15 febbraio definendo “un errore grave” la decisione dell’Europa di mettere fine alla costruzione di motori non elettrici a partire dal 2035.

“La lotta al cambiamento climatico va fatta ma richiede obiettivi raggiungibili”. “Io, come parlamentare europeo – ha spiegato il ministro degli Esteri – ho votato fin dalla prima volta contro quella proposta, perché noi dobbiamo difendere anche la nostra industria automobilistica. Con questa riforma rischiamo di perdere oltre 70 mila posti di lavoro. Per questo si chiedeva di cominciare dal 2035 a ridurre le emissioni di CO2 non del 100 ma del 90%, per permettere all’ industria automobilistica (e alle molte aziende di componentistica italiane che servono anche aziende di altri Paesi europei) di adeguarsi. La lotta al cambiamento climatico va fatta – ha concluso – ma richiede obiettivi raggiungibili”.

LA TRANSIZIONE VA ACCOMPAGNATA, DICE SALVINI

“Un fattore determinante è il tempo: sull’obiettivo finale siamo tutti d’accordo, ma correre eccessivamente rischia di produrre l’effetto contrario” ha detto il Vicepremier e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini il 28 febbraio al termine del tavolo di lavoro in occasione del Consiglio informale in corso a Stoccolma, riferendosi allo stop alla produzione di veicoli benzina e diesel dal 2035. “La transizione in cui tutti crediamo va incentivata e accompagnata” e “il diritto alla mobilità va garantito a tutti”, pensando a chi non può permettersi di acquistare un’auto elettrica.

COSA HA SCRITTO URSO

“Con il nostro No abbiamo svegliato l’Europa. Speriamo che altri comprendano che è l’ora della ragione non certo della rassegnazione! Su tutti i dossier saremo in campo sino alla clausola di revisione del 2026. Cambiare si può”, ha scritto stamattina il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in un post su Twitter commentando il rinvio del voto previsto oggi sullo stop alla vendita dei motori endotermici a partire dal 2035.

SERVE PIÙ PIANIFICAZIONE, DICE GUSMEROLI (LEGA)

“Serve una transizione energetica e tecnologica che sia un processo graduale, senza date capestro, e che tuteli la sostenibilità sociale degli obiettivi fissati dall’Ue allo stesso modo della loro sostenibilità ambientale”, le parole di Alberto Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive, Commercio e Turismo della Camera, e responsabile Unità Fisco del dipartimento Economia della Lega, intervenendo al convegno ‘Lo sviluppo tecnologico per la transizione energetica’ organizzato da Edison Italia.

“Non siamo contro l’Europa – puntualizza Gusmeroli – ma a favore di un’Europa che protegga il tessuto produttivo dei territori e le nostre imprese, senza stravolgerle e senza lasciare morti e feriti sul campo. Anche perché dietro le imprese ci sono le famiglie. Il caso dell’automotive è emblematico: con la transizione all’elettrico sparirà l’85% dei componenti del veicolo, mettendo in seria difficoltà un settore che solo in Italia dà lavoro a 150.000 persone. Questo Paese, con la maggioranza di centrodestra in Parlamento e al governo, ha ora finalmente l’occasione di cambiare passo, cominciando a ragionare su piani di medio-lungo periodo che diano una strategia a questioni fondamentali, come la mobilità e l’energia, da cui dipende il futuro di tutti”.

PICHETTO: L’AUTO ELETTRICA È PER I RICCHI

“L’auto elettrica in questo momento è fatta solo per i ricchi. Nel nostro Paese il parco auto è di 40milioni, ancora due milioni di Euro1 ed Euro 2, e il pensiero di sostituire con l’elettrica è inimmaginabile in questo momento”, aveva tuonato il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, a Radio24 lo scorso 24 febbraio precisando che “è un percorso da fare ma bisogna essere meno ideologici” e “più equilibrati”.

Il giorno precedente lo stesso ministro Fratin aveva ricordato che il governo aveva manifestato a più riprese le proprie perplessità sui tempi e i modi che l’Europa ha stabilito per il superamento dei motori a benzina e diesel. “L’azione governativa procederà lungo due direttrici: da un lato, promuovere una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli, dall’altro, spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive”.

“Ciò non vuol dire – aveva precisato il ministro – mettere in discussione gli obiettivi ambientali; benzina e diesel sono inquinanti e devono essere gradualmente sostituiti; ma deve essere garantito, al contempo, un processo di ristrutturazione del comparto automotive che garantisca salde prospettive di sviluppo e massima tutela dei livelli occupazionali”.

IL PARERE DI GELMETTI (FDI)

La filiera dell’automotive rappresenta circa il 20% del Pil italiano, con quasi 270mila lavoratori tra case automobilistiche, fornitori di componenti e allestitori. È dunque grande la preoccupazione per i rischi e le ricadute in termini occupazionali della messa al bando in Europa dei motori endotermici tra il 2030 e il 2035. Per questo sono importanti le garanzie espresse oggi in aula dal ministro Urso, sull’impegno a salvaguardare i livelli produttivi, la tenuta occupazionale del settore e ad assicurare la riconversione della filiera. Gli italiani oggi hanno la conferma che il governo Meloni vuole creare una politica industriale, che faccia gli interessi dei cittadini, dei prodotti e dei servizi italiani”, aveva dichiarato in aula, durante il question time al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso dello scorso 23 febbraio, il senatore di Fratelli d’Italia Matteo Gelmetti.

LA RACCOLTA FIRME DELLA LEGA

Il 23 febbraio la Lega aveva diffuso una nota per avviare la raccolta firme contro lo stop ai motori endotermici: “Per colpa di un provvedimento votato dal Parlamento europeo, dal 2035 verrà vietata la vendita in tutta l’Unione europea di auto con motori a combustione. Un disastro che porterebbe oltre mezzo milione di licenziamenti in tutta Europa e migliaia di fallimenti in in Italia. Il settore automobilistico è un’industria strategica per il nostro Paese: questa scelta sarebbe un vero e proprio regalo alla Cina, primo produttore al mondo di batterie elettriche per AUTO. Questo non è buonsenso: la doverosa battaglia per la sostenibilità ambientale deve accompagnarsi dalla sostenibilità economica e sociale. Facciamo sentire la nostra voce e salviamo il lavoro italiano”, si leggeva nel comunicato.

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