Che il motore dell’industria tedesco tossisca non lo dice solo l’indice Zew di fiducia degli investitori di Berlino e dintorni, crollato ad agosto a 19,2 punti dai 41,8 di luglio – il dato peggiore degli ultimi sette mesi – arrivando a dimezzare le previsioni già pessimistiche che lo davano attorno quota 34,0. A certificare le difficoltà della locomotiva d’Europa il fiore all’occhiello della sua produzione industriale ovvero l’automotive tedesco, in preda a una estate di passione.
RECARO AFFIDATA A UN CURATORE
Due settimane fa Recaro Automotive GmbH, l’azienda tedesca specializzata nella realizzazione di sedili racing destinati alle vetture da corsa, ai professionisti degli eSport nel settore dei videogames e ai grandi impianti sportivi, come la Mhp Arena (lo stadio da calcio che ospita le partite casalinghe dello Stoccarda), ha portato la propria contabilità al tribunale distrettuale di Esslingen che ha prontamente nominato un amministratore provvisorio, Holger Blümle, cui è stato affidato il compito di assicurare un futuro ai 215 dipendenti.
BBS HA LE GOMME SGONFIE
Ma lo smottamento dell’automotive tedesco sembra appena agli inizi. Bbs, storico produttore di cerchi adottati anche dalle attuali monoposto di Formula 1. ha dichiarato bancarotta al tribunale di Rottweil, che ha nominato un curatore fallimentare, vietando però misure di esecuzione forzata nei confronti del debitore (a eccezione dei beni immobili) per evitare ulteriori peggioramenti delle finanze aziendali.
IL SALVATAGGIO DEI TURCHI (A CARO PREZZO)
Si tratta della quinta volta che l’azienda di Schiltach presenta istanza d’insolvenza: la prima risale al 2007, mentre la penultima era del settembre 2023: a evitare il peggio quella volta fu la Holding turca İŞ Holding che acquisì l’intero pacchetto. La nuova proprietà anche oggi assicura e rassicura ripetendo che non intende lasciare un importante tassello dell’automotive tedesco al proprio destino.
Ma tutti, specialmente i sindacati, in Germania ricordano che l’acquisizione del ’23 non era stata priva di sacrifici se si considera che aveva più che dimezzato i dipendenti, passati da 500 agli attuali 240. E già si interrogano sulle conseguenze di questo nuovo salvataggio. Le filiali statunitensi e giapponesi, fanno sapere dal marchio, proseguiranno a prescindere le proprie attività, portando a compimento le commesse, tra le quali spiccano la realizzazione dei cerchi della prossima generazione di vetture Nascar, competizione automobilistica amatissima negli States.
L’AUTOMOTIVE TEDESCO PERDE PEZZI
Sono in migliori condizioni economiche ma comunque in piena spending review altri due storici marchi dell’automotive tedesco: il più noto è sicuramente Volkswagen, che questa estate ha dovuto persino aggravare il proprio piano di licenziamenti annunciato sul finire del 2023 per via della scarsa domanda di auto elettriche.
Nelle ultime settimane i sindacati sostengono che potrebbe essere esteso a ulteriori 2600 unità entro il 2025 solo per ciò che riguarda lo stabilimento Audi di Bruxelles. Una volta che la cura da cavallo sarà completata l’hub, fresco di ammodernamento, è destinato a restare vuoto dato che al momento conta 3mila lavoratori.
Nei primi sei mesi dell’anno le vendite del modello elettrico Q8 e-tron, assemblato nella fabbrica di Bruxelles, sono diminuite a livello mondiale dell’8,2% attestandosi sulle 17900 unità. Thomas Schäfer di VW era stato tanto chiaro quanto ferale lo scorso autunno in un suo incontro coi manager del Gruppo: “Dobbiamo imparare a operare con meno personale”. “Questo – aveva provato ad aggiustare il tiro – non vuol dire che meno persone debbano lavorare di più, ma ridurre le inefficienze ed evitare sprechi e ridondanze inutili”. Ma nessuno pensi di sottovalutare il piano di tagli perché “La situazione è molto critica – aveva avvertito Schäfer a novembre – i nostri ordini, in particolare per quanto riguarda le auto elettriche, sono inferiori alle aspettative”.
Ad affilare la mannaia dei licenziamenti pure ZF, produttore di componentistica noto per le trasmissioni che deve attuare un draconiano taglio alla forza lavoro di 54.000 dipendenti tedeschi: secondo le indiscrezioni potrebbero essere lasciate a casa da 11.000 a 14.000 unità, ossia circa un quarto del totale. Tutto questo entro il 2028.
VARTA È FINITA AL BUIO
Non se la passa nemmeno troppo bene il produttore di batterie Varta che, in attesa di possibili acquirenti, procede verso il delisting dalla borsa di Francoforte seguendo la procedura di risanamento StaRug.
L’Amministratore delegato Michael Ostermann, comunque, ostenta sicurezza e ha recentemente dichiarato che sono pronti a risanare l’azienda sia l’imprenditore austriaco Michael Tojner, già azionista di maggioranza del Gruppo, sia Porsche – che diverrebbe azionista di minoranza – con fondi utili a riappianare il debito da mezzo miliardo. Porsche sarebbe interessata all’acquisizione della divisione Varta V4Drive, specializzata nella produzione di batterie per auto elettriche. Si punta a chiudere la procedura entro la fine del 2024, ma la crisi delle auto elettriche potrebbe spingere la Casa automobilistica di Zuffenhausen a strappare un prezzo stracciato.