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Germania Carro Armato

Leopard 2 all’Esercito, ecco perché l’Italia dovrebbe puntare a un accordo G2G con la Germania

Leopard 2? Ok, ma la Germania ci compri Samp/T, AW-249 e Centauro. Il commento di Pietro Batacchi, direttore di Rid

È ormai ben nota l’intenzione dell’Esercito Italiano e della Difesa di acquistare i carri Leopard 2 A7/A8 dalla Germania e Krauss Maffei Wegmann.

L’ESERCITO ITALIANO VERSO L’ACQUISTO DEI CARRI LEOPARD 2

Per la prima volta ne aveva parlato a RID il Generale Pietro Serino, Capo di SME, in un’intervista esclusiva. L’operazione, ci risulta, sta andando avanti. Come sanno i lettori di Rid e tutte le persone che ci seguono con assiduità, abbiamo criticato questo intendimento, per diverse ragioni che però adesso non vogliamo ripetere e ri/elencare.

LA DIFESA ITALIANA PUNTI ALLORA A UN ACCORDO G2G CON LA GERMANIA

Vogliamo piuttosto fare un ragionamento diverso. Si vogliono acquistare i Leopard 2? Bene, ma che si faccia allora un accordo G2G ad ampio raggio con la Germania nel cui ambito i Tedeschi si impegnano a compare in Italia il Samp/T, invece dell’americano Patriot, l’AW-249, visti i problemi del Tigre e l’indisponibilità a procedere all’aggiornamento allo standard Mk3 dell’elicottero, e, perché no, la Centauro 2, che farebbe molto comodo all’Esercito Tedesco, altrimenti troppo sbilanciato “in alto” come pesi (PUMA, BOXER).

LE RICADUTE PER L’INDUSTRIA DELLA DIFESA ITALIANA

A queste condizioni, l’operazione sarebbe senz’altro vantaggiosa anche per l’Italia, soprattutto da un punto di vista industriale. Non mi si dica, infatti, che l’assemblaggio su licenza dei Leopard 2 in Italia sarebbe la contropartita conveniente per il nostro comparto della Difesa (che, non ci stanchiamo mai di ripeterlo, costituisce oggi il vertice avanzato della nostra manifattura, la seconda in Europa): occorre di più e di meglio. Ci rivolgiamo, dunque, alla Difesa italiana alla quale chiediamo di aprire un un tavolo a tutto campo con la Germania, ispirato ad un salutare, e crediamo condivisibile, principio: do ut des.

 

Articolo pubblicato su rid.it

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