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Le auto elettriche spargono veleni sulle auto ibride?

Secondo diversi Paesi membri europei, industrie e persino sindacati la crisi dell'automotive è stata causata dai "pasticci" comunitari in tema di transizione. Pure Mario Draghi, ascoltatissimo da Ursula von der Leyen, ha detto che l'obiettivo di sole auto elettriche a partire dal 2035 è ormai irrealizzabile. Non per Transport & Environment, associazione ambientalista che continua a impallinare ogni soluzione che non sia alla spina

Quale sarà la propulsione del futuro? In questo particolare momento storico se lo chiede l’industria europea, mai così in crisi e se lo chiedono pure i legislatori a ogni livello, nazionale o comunitario, un po’ in tutto il mondo. C’è chi, come gli Usa di Donald Trump, farà decidere al mercato, chi spinge per la neutralità tecnologica per lasciare margini di manovra anche a soluzioni come idrogeno e biocarburanti/efuel e c’è chi invece pare avere le idee chiarissime: dovrà essere elettrica. Quest’ultima non è la tesi propugnata solo dalla Commissione Ue nel suo Green Deal, che ha già subito annacquamenti e altre modifiche potrebbero essere presto in arrivo, ma anche da una delle principali associazione ambientaliste del Vecchio continente, Transport & Environment, fervente sostenitrice che l’auto elettrica sia il solo mezzo realmente green su cui puntare.

AUTO ELETTRICHE, TANTI DUBBI POCHE RISPOSTE?

E poco importa se sulla reale sostenibilità dell’auto elettrica ci siano parecchi dubbi, che vanno dall’inquinamento di una filiera oltremodo espansa (terre rare estratte in Africa, batterie cinesi, auto che vengono spedite in nave da un capo all’altro del globo) a quello relativo all’estrazione delle terre rare che ha già causato numerosi disastri ecologici, fino ad arrivare ai quesiti se ci sia davvero abbastanza energia per soddisfare un traffico 100% full electric e se serva qualcosa viaggiare su auto alimentate a batteria se poi l’energia per farle muovere arriva dal carbone, perché nulla sembra intaccare le convinzioni di Transport & Environment sul fatto che le vetture alla spina siano la soluzione migliore per l’ambiente.

TRANSPORT & ENVIRONMENT PRENDE DI MIRA LE IBRIDE

Negli ultimi due giorni i report di Transport & Environment sono tornati ad assestare sganassoni alle alternative al full electric, sicuramente ‘soluzioni di comodo’ sia per i legislatori sia per gli industriali che si siano ormai convinti, come detto pure dall’ex premier Mario Draghi nel suo discorso sulla competitività europea, che i traguardi del Green Deal al giorno d’oggi siano fuori dalla nostra portata: si fa riferimento a biocarburanti / e-fuel e ibride. Per T&E “Le auto ibride plug-in inquinano quasi quanto le auto a benzina”. E lo dimostra con uno studio articolato e zeppo di numeri e statistiche.

L’obiettivo del report è denunciato fin dal cappello introduttivo: “L’industria automobilistica europea vorrebbe che i veicoli ibridi plug-in fossero considerati a zero emissioni di carbonio, ma i dati di migliaia di veicoli mostrano che i PHEV emettono in media solo il 19% in meno di CO2 per km rispetto alle auto a benzina e diesel”. E, ancora: “Le case automobilistiche stanno facendo pressione sui legislatori dell’UE affinché trattino i veicoli ibridi come veicoli puliti, nell’ambito di un approccio “tecnologicamente neutrale” alla decarbonizzazione delle auto. Tuttavia, l’analisi T&E dei dati sulle emissioni di 127.000 PHEV rileva che le emissioni sono molto più elevate di quanto dichiarato e che il consumo di carburante extra costa all’automobilista medio 500 euro all’anno”.

In merito alle soluzioni ibride Transport & Environment parla di “cortina fumogena“. L’associazione, rivolgendosi ai cittadini comunitari ma, soprattutto, al decisore politico comunitario, mette in guardia dai rischi derivanti dall'”indebolimento delle normative UE sulle emissioni di CO₂ delle auto” che “aumenterebbe significativamente le emissioni e comprometterebbe il percorso dell’UE verso la neutralità climatica. La proposta della lobby dell’industria automobilistica tedesca (VDA) di annullare l’obiettivo del 2035 e le correzioni del fattore di utilità potrebbe comportare ulteriori 2,8 GtCO₂e di emissioni entro il 2050, con un aumento del 64% rispetto alle emissioni delle auto secondo le attuali normative UE”.

COSA CHIEDE L’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA ALLA UE

Secondo T&E “Promuovere tecnologie obsolete di transizione verso i veicoli ibridi plug-in (PHEV) è una distrazione che rischia di far deragliare la crescente filiera europea dei veicoli elettrici, scoraggiando gli investimenti. Indebolire il quadro normativo amplierebbe il divario di competitività con la Cina, che sta accelerando nell’innovazione dei veicoli elettrici. Prolungare la vita utile della tecnologia di combustione spingerebbe il settore in un vicolo cieco. Per costruire un futuro per l’industria automobilistica europea, l’UE deve mantenere la rotta, confermare gli obiettivi UE in materia di emissioni di CO₂ per le auto ed entrare con fiducia nell’era dei veicoli elettrici”.

TRANSPORT & ENVIRONMENT SE LA PRENDE PURE COI BIOCARBURANTI

Il medesimo messaggio era già stato veicolato, poche ore prima, con un altro report che impallinava questa volta la reale efficacia dei motori endotermici che bruciano biocarburanti o le loro varianti sintetiche e-fuel: “La produzione globale di biocarburanti emette il 16% di CO2 in più rispetto ai combustibili fossili che sostituisce, secondo un nuovo rapporto di Cerulogy per conto di T&E. Lo stesso territorio potrebbe sfamare 1,3 miliardi di persone, mentre utilizzando solo il 3% di tale territorio per pannelli solari si produrrebbe la stessa quantità di energia. Con una domanda destinata ad aumentare di almeno il 40% entro il 2030, T&E chiede ai leader mondiali che si riuniranno in Brasile per la COP30 di concordare di limitare l’espansione di una soluzione climatica che sta facendo più male che bene.”

Seguivano dati, numeri, infografiche, schemi, quindi la chiosa: “T&E invita i governi a tutelarsi meglio dai biocarburanti che contribuiscono al disboscamento e alla deforestazione nell’elaborazione delle politiche climatiche. I fondi pubblici dovrebbero dare priorità all’elettrificazione intelligente, all’efficienza e ad alternative realmente sostenibili, non a false soluzioni, afferma il gruppo”. Parallelamente si dava ampio risalto alle dichiarazioni di Cian Delaney, attivista per i biocarburanti presso T&E: “I biocarburanti sono una pessima soluzione al problema climatico e uno spreco sconcertante di terra, cibo e milioni di dollari in sussidi. Garantire un equilibrio sostenibile tra agricoltura e natura è essenziale per affrontare la crisi climatica, e bruciare i raccolti per produrre carburante non fa che spingerci ulteriormente nella direzione sbagliata. Utilizzare solo il 3% del terreno attualmente utilizzato per i biocarburanti per i pannelli solari produrrebbe la stessa quantità di energia. Ciò lascerebbe molta più terra per il cibo e il ripristino della natura. I governi di tutto il mondo devono dare priorità alle energie rinnovabili rispetto ai biocarburanti agricoli”.

Pochi giorni prima del nuovo tavolo europeo sul futuro dell’industria dell’auto, Transport & Environment pubblicava questo editoriale dal titolo eloquente: “Il mondo sta diventando elettrico, con o senza di noi. Ora è il momento della leadership” nel quale si elencavano “quattro motivi per cui l’indebolimento degli obiettivi UE sulle emissioni di CO2 non aiuterebbe le case automobilistiche europee”. Il refrain è insomma il medesimo in ogni intervento: non è possibile tornare indietro rispetto al Green Deal, ma nemmeno rallentare o studiare strategie differenti. Che è poi quanto chiesto dall’industria dell’auto europea per sopravvivere, ma pure dalla recente lettera di Italia e Germania inoltrata a Bruxelles dato che cresce la preoccupazione a livello politico circa le conseguenze occupazionali di questa crisi.

LE AUTO ELETTRICHE LASCERANNO A PIEDI GLI OPERAI?

Crisi che per i sindacati italiani sarebbe in larga parte dovuta proprio alle regole di Bruxelles come hanno affermato nelle ultime ore Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore auto, in vista dell’incontro a Mirafiori con Antonio Filosa:“il paventato rinvio del piano industriale da parte di Stellantis, peraltro contestuale al varo di imponenti investimenti negli Stati Uniti, attesta che i pasticci della Unione europea in tema di transizione stanno spingendo le case automobilistiche a investire altrove e stanno mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza della nostra industria, senza alcun effettivo beneficio per l’ambiente. Di conseguenza dovremo fare pressione insieme sindacati, istituzioni e imprese sulla Ue per cancellare le famigerate multe”.

Per i rappresentanti delle tute blu la sopravvivenza occupazionale e la ripresa dei marchi oggi in crisi passa proprio da una accelerazione su quella gamma di motorizzazioni tamponata a più riprese da T&E: “vanno lanciati senza ulteriori indugi i modelli ibridi già annunciati, vanno recuperate motorizzazioni adeguate capaci di sostenere le vendite e di rilanciare la meccanica italiana, vanno infine completate le gamme ibride in tutti gli stabilimenti”, hanno spiegato i sindacalisti parlando del piano d’azione che Stellantis dovrebbe attuare in Italia.

Sono insomma numerose le voci che avanzano dubbi sulla reale sostenibilità di un futuro al 100 per 100 elettrico da attuare qui e ora per arrivare preparati alla deadline del 2035, come pure vorrebbero le associazioni ambientaliste quando chiedono alla Commissione Ue di procedere coi propri piani senza curarsi del fatto, innegabile, che il mondo da quando è stato vergato il Green Deal comunitario sia cambiato, l’industria dell’auto sia mutata e quella europea si trovi attualmente schiacciata a Ovest dai dazi di Donald Trump e a Est da una concorrenza cinese con cui sarà difficile competere. Anche perché oltre alla sostenibilità ambientale c’è da tenere in considerazione quella sociale.

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