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Auto Idrogeno

Le auto del futuro saranno alla spina o a idrogeno?

Aumentano le Case europee che contestano la scelta di Bruxelles di privilegiare l'elettrico. Ma pure al di fuori dei nostri confini non sono pochi i marchi che scommettono sull'auto a idrogeno. Fatti e approfondimenti

Nonostante l’Ue abbia una lunga tradizione ingegneristica, anche artigianale, in fatto di motori a combustione; nonostante i continui rincari dei prezzi dell’energia; nonostante i principali costruttori di batterie siano cinesi e si rischi di avvantaggiare la concorrenza, Bruxelles sembra voler scommettere tutto sulle auto elettriche. Una scelta che ai più appare insensata. Non ha usato per esempio giri di parole Laurent Rossi, ceo dell’Alpine: “Lascia perplessi che un importante Paese produttore, come l’Europa, decida delle regole che la mettono in una situazione di svantaggio competitivo verso industrie che hanno abbracciato prima certe soluzioni. È come spararsi su un piede”.

TROPPO PRESTO PER I BIOCARBURANTI

“I motori elettrici – ha spiegato il numero 1 della storica casa di Dieppe – vanno bene per le auto medie e piccole, ma quando hai bisogno di performance a livello continuativo, per esempio nelle GT sportive con cui puoi anche occasionalmente andare in pista, l’idrogeno diventa una tecnologia interessante. Contiamo di mettere su strada un prototipo derivato della Alpenglow nel giro di uno o due anni”. “I biocarburanti”, ha spiegato Rossi, “sono anch’essi interessanti, ma al momento ci vedo più un’impiego di nicchia, anche a causa dei costi di produzione molto elevati. L’idrogeno, invece, essendo compatibile con l’elettrico, nelle applicazioni sulle fuel cell, consente di giustificare un investimento che si inserisce senza strappi nella catena del valore della transizione ecologica”.

COSA DICE BMW

Anche il CEO del gruppo BMW, Oliver Zipse, è convinto del successo di una tecnologia che, al momento, pare minoritaria. Semplicemente, non sarebbe ancora venuto il suo momento: “Quando sarà più scalabile, l’idrogeno sarà la cosa più alla moda da guidare”. Ma soprattutto, il gruppo bavarese, che da anni investe sulla sperimentazione dei motori a idrogeno, mette nel mirino la cecità con cui si sta muovendo il legislatore Ue, orientato solo verso l’elettrico. “Dire che in Gran Bretagna e in Europa entro il 2035 dovrà esserci un solo sistema di propulsione per le auto, è una cosa pericolosa… per i clienti, per l’industria, per i suoi addetti e anche per il clima. Da qualunque punto di vista, questo (quello che prevede un’unica soluzione tecnologica) è un modello pericoloso da scegliere”.

L’INCOGNITA VW

Restando in Germania, gli occhi sono puntati su VolksWagen e, naturalmente, sulle mosse che intraprenderà il nuovo Ceo. Chi lo ha preceduto, Herbert Diess, aveva commesso parecchi errori che avevano via via ridotto il suo margine d’azione, soprattutto nel suo dialogo coi sindacati dato che la via illustrata per elettrificare pesantemente il marchio comportava pesanti sacrifici in termini occupazionali. Il suo sostituto, Oliver Blume, ha invece sempre lasciato aperta la porta della propria officina ad altre soluzioni green, come i carburanti alternativi. Pare poco, ma in realtà questa opzione permetterebbe alle industrie tedesche di mantenere intatta la filiera che oggi assembla i motori a scoppio e, soprattutto, non costringerebbe i marchi del Paese a rivolgersi alle aziende cinesi che fabbricano batterie per auto EV. Non dimentichiamo poi, che come dicono dall’Alpine, chi ha una lunga tradizione di motori endotermici sportivi vorrà rivolgersi all’idrogeno e Blume guida pure Porsche…

PER MERCEDES C’E’ SOLO L’ELETTRICO

Di tutt’altro avviso Mercedes che ha messo sul piatto 7 miliardi di euro in ricerca e sviluppo per l’ottimizzazione delle performance delle batterie e delle prossime architetture, in modo da aumentare sensibilmente le autonomie e ridurre i tempi di ricarica. Sarebbe difficile ingranare una retromarcia ora, e soprattutto spiegarla agli azionisti, per questo sul tema Markus Schafer, CTO di Mercedes-Benz, tira dritto: “Per le auto non ci sono alternative all’elettrico”.

STELLANTIS, RENAULT E TOYOTA CREDONO NELL’AUTO A IDROGENO?

Se si esclude il Ceo di Stellantis, che ha già manifestato in tutte le occasioni possibili il suo scetticismo, c’è poi un’altra big europea che continua a essere sospettosa verso l’elettrico quale unica soluzione per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni: Renault. Soltanto pochi giorni fa l’ad del Gruppo, Luca de Meo ha dichiarato: “Sulle emissioni servirebbe neutralità tecnologica”. Il marchio, che intende diventare 100% elettrico, non riserverà il medesimo trattamento alla controllata Dacia , che al momento ha un solo modello elettrico, Spring, che rappresenta il 12% dei suoi ordini.

“Renault cercherà di essere il campione dei motori elettrici, ma questo ha un rischio”, ha detto il Ceo Denis Le Vot a margine di una presentazione a Le Bourget, vicino a Parigi. “Questo è anche il motivo per cui esiste Dacia. A seconda della velocità di conversione del mercato ai motori elettrici e dell’appetito dei clienti, Dacia è qui. Le due cose possono coesistere in modo intimo”, ha detto. Del resto sempre de Meo ha dichiarato che con le motorizzazioni EV sarà più difficile produrre auto per tutte le tasche, da qui la decisione di destinare il marchio economico della divisione all’endotermico. Dacia comunque prevede di offrire un primo modello ibrido nel 2023.

Al di fuori dei nostri confini, registriamo lo scetticismo sull’elettrico delle case nipponiche (in primis Toyota) e, nella vicina Corea del Sud, i maxi investimenti sulle auto a idrogeno di Hyundai, che sull’isola vulcanica di Jeju, la più grande del Paese, dalla superficie di 1.800 chilometri quadrati, porta avanti il suo programma di R&D alternativo all’elettrico. La casa automobilistica di Seul fornirà a Jeju 1.700 mezzi a idrogeno: 1.200 veicoli passeggeri, 300 autobus e 200 camion per la nettezza urbana. Il progetto, in cui sta profondendo grandi sforzi economici pure la compagnia energetica Korea Southern Power, prevede anche la costruzione di un impianto per produrre idrogeno verde, cioè ricavato da fonti rinnovabili, che sarà acceso nel 2026 per rendere di fatto l’isola indipendente, dal punto di vista dei carburanti.

PER UN’ISOLA CHE APRE ALLE AUTO A IDROGENO C’E’ UN ARCIPELAGO CHE CHIUDE

L’impulso del legislatore rischia di essere la più grande barriera alla diffusione dell’idrogeno. Come per l’elettrico, servono investimenti per creare una infrastruttura. Infrastruttura che, dove iniziava a comparire, sta velocemente venendo smantellata a favore delle colonnine di ricarica EV. È il caso del Regno Unito: Shell, che in partnership con l’operatore Motive, a sua volta di proprietà di ITM Power (società specializzata nell’elettrolisi, la tecnologia per produrre idrogeno verde partendo dall’acqua e dall’energia elettrica) ne aveva realizzato tre (dal costo di circa 2 milioni di euro cadauna), ha iniziato a chiuderne alcune. Ora in tutto il Regno Unito restano solo 11 stazioni di idrogeno, contro 57.000 punti di ricarica per auto elettriche mentre le due auto a idrogeno continuano ad avere una penetrazione irrisoria: le due più conosciute, la Hyundai Nexo e la Toyota Mirai, hanno venduto in UK rispettivamente 275 e 209 esemplari.

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