All’ormai terzo tavolo di Bruxelles sul futuro della mobilità elettrica (ma non è mancato chi malignava fosse più un tavolo per chiedersi se le industrie dell’auto europee avranno ancora un futuro) si sono seduti tutti i più grandi costruttori: Ola Källenius per Mercedes-Benz ma soprattutto in quanto rappresentante dell Acea, l’associazione dei costruttori dell’industria del Vecchio continente, John Elkann per Stellantis, Oliver Zipse per BMW, Francois Provost per Renault e Oliver Blume per il Gruppo Volkswagen, ma come da pronostici le posizioni mantenute da industriali e politici sono così distanti che per il momento non sembrano essere state prese decisioni di peso, men che meno definitive.
COSA HA DETTO URSULA VON DER LEYEN
Tacciono gli amministratori delegati e i presidenti, tornati nei rispettivi Paesi accigliati e ombrosi. Prova a fare una sintesi di quanto discusso Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea accusata da più parti, con la sua intransigenza, di avere contribuito alla crisi nella quale le Case automobilistiche, a partire da quelle tedesche, annaspano attualmente.
“Vogliamo che il futuro delle automobili, e le automobili del futuro, siano prodotte in Europa. Stiamo quindi lavorando a stretto contatto con l’industria per far sì che tutto questo diventi realtà”, ha scritto von der Leyen su X, aggiungendo: “Abbiamo anche ascoltato le preoccupazioni del settore e concesso flessibilità. Combineremo la decarbonizzazione e la neutralità tecnologica. Ora che la tecnologia trasforma la mobilità e la geopolitica rimodella la competizione globale, non può esserci business as usual”.
A NON TUTTI INTERESSA L’E-CAR DI URSULA
Poche ore prima dell’incontro la numero 1 del governo europeo aveva provato a sparigliare le carte annunciando un piano sulla e-car europea che pareva andare incontro alle richieste fatte a suo tempo da Elkann per Stellantis e dall’allora Ad di Renault, de Meo.
L’attenzione delle Case automobilistiche del Vecchio continente continua però a focalizzarsi su di un punto: lo stop alla vendita di nuove auto a combustione interna nel 2035. I costruttori hanno detto e ripetuto a Bruxelles di non essere pronti a una scuderia 100% full electric e di non avere al momento la liquidità necessaria da investire in una rivoluzione tanto epocale.
Il rischio, viene lamentato e paventato, è che se la Ue persevera col Green Deal si spiani la strada alle auto elettriche cinesi, le sole ad avere la tecnologia e il know-how (ma anche gli aiuti di Stato, ha sentenziato Bruxelles) per creare vetture a batteria competitive sul fronte dei costi. La baldanza asiatica, del resto, è andata in scena al Salone dell’Auto di Monaco ed è evidente come i marchi di casa nostra giochino in difesa.
BRUXELLES TIRA DRITTO?
Bruxelles però tira dritto e pure dall’ultimo incontro pare essere emersa l’intenzione dell’esecutivo Ue di concludere per la fine di ottobre la “valutazione di impatto” così da procedere con l’aggiornamento della normativa. Insomma, potrebbero esserci modifiche, ma l’impianto sembra destinato a restare invariato e la fine dei motori endotermici decretata.
LE IBRIDE OLTREPASSERANNO IL 2035?
Più interessante l’apertura che via X Ursula von der Leyen cita in merito alla neutralità tecnologica, che qui non va intesa come possibilità di guardare per esempio all’idrogeno (tecnologia troppo di nicchia e priva di una infrastruttura per la ricarica) ma semplicemente all’opzione, caldeggiata dall’industria dell’auto, di continuare a vendere alimentazioni ibride, plug-in e range extender oltre la scadenza del 2035.
COSA C’E’ DI CONCRETO?
Il tema, però, è che la riunione non è stata risolutiva, nonostante il tempo scorra e la Cina incalzi. Ancora una volta le decisioni caldeggiate da tutti gli attori della filiera non sono state prese. A leggere il comunicato stampa vergato a Bruxelles, i soli aspetti concreti paiono quelli già noti.
Vale a dire che viene ribadito che la “Commissione sta tutelando le aziende europee dalla concorrenza sleale” (riferimento ai dazi che colpiscono le auto elettriche made in China), si fa riferimento all’Industrial Decarbonisation Accelerator Act mentre le sole cifre che compaiono riguardano i circa 2 miliardi di euro (per la precisione 1,8) di fondi europei per incentivare la produzione di batterie. Ma erano già stati annunciati lo scorso marzo.
Ci sarebbe una proposta sulle flotte aziendali che dovrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno, probabilmente simile a quella posta in essere negli Usa a suo tempo dall’ex presidente americano Joe Biden nel tentativo di spingere la produzione dell’auto elettrica a dispetto di un mercato assai gelido nei riguardi di tale opzione, ma non è trapelato niente in merito.
COSA DICE L’ACEA
Non è un caso che la dichiarazione di Ola Källenius, numero 1 dell’Associazione costruttori, suoni quasi come un monito: “Potremmo non aver ancora chiarito tutte le divergenze, né abbiamo le risposte a tutte le sfide. Ma siamo fiduciosi che lo spazio per le soluzioni si stia ampliando e siamo fiduciosi che il lavoro dei prossimi mesi darà risultati”.
A patto che Bruxelles “si impegni su tutti i fronti: decarbonizzazione, competitività e resilienza della catena di approvvigionamento”. L’Acea inoltre ribadisce che occorre ora “avviare passi concreti per adattare il quadro normativo sulle emissioni di CO2 per auto e furgoni alla realtà”.