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Gigafactory Tesla Berlino

La gigafactory Tesla a Berlino singhiozza ancora. Che succede?

Non ha fine l'odissea tedesca di Elon Musk: inaugurata dopo mille traversie e cause legali, definita dall'ex startupper visionario "fornace che brucia miliardi", la Gigafactory Tesla di Berlino appena avviata è già ferma per uno stop temporaneo

Tra Elon Musk e il Vecchio continente non sembra ci sia modo di far scoppiare l’amore. Nonostante l’imprenditore statunitense abbia scelto per la sua prima gigafactory europea la Germania, nota per l’assenza di burocrazia, per la sua capacità di attirare capitali esteri e offrire alle industrie un ottimo substrato economico in cui innestare le proprie radici, l’ex startupper di grido si era lamentato a più riprese per la lentezza con cui la PA tedesca ha vagliato le carte prima di dare l’ok, viaggiando di continuo tra USA e Europa nel tentativo di accelerare l’iter decisionale.

LE LAMENTELE DI MUSK NONOSTANTE LA SPEDITEZZA DELLA PA TEDESCA

E dire che, tra la posa della prima pietra, avvenuta a inizio 2020 e l’inaugurazione, lo scorso marzo, sono passati solo 2 anni: un lasso di tempo invidiabile, soprattutto visto con gli occhi di noi italiani (ragion per cui difficilmente vedremo mai un impianto Tesla all’interno dei nostri confini). Nonostante questo Musk, noto per volere “tutto e subito” e per le sue esternazioni al vetriolo contro la politica (ha trasferito la sede principale dalla California al Texas proprio perché in aperto contrasto con l’amministrazione locale), in una delle ultime visite al cantiere alle porte di Berlino aveva dichiarato: «Penso che se ci fosse meno burocrazia, sarebbe meglio. Ci dovrebbe essere una sorta di processo attivo per la rimozione delle regole. Altrimenti, nel tempo, le regole si accumuleranno e tu otterrai sempre più regole finché alla fine non potrai fare nulla».

LA PIOGGIA DI RICORSI CONTRO LA GIGAFACTORY TESLA DI BERLINO

Quello che Musk non dice è che sulla gigafactory Tesla di Berlino sono piovuti moltissimi ricorsi di numerose associazioni ambientaliste, che avevano tentato di bloccare il progetto in ogni modo e in ogni sede. Parliamo di oltre 800 istanze, che hanno contribuito a fare slittare continuamente l’inaugurazione, prevista per luglio 2021. L’ultima causa ha riguardato il rischio che, con la messa in funzione dell’impianto, la Gigafactory Tesla di Berlino possa assorbire troppa acqua, mettendo a rischio l’approvvigionamento per i cittadini del Brandeburgo e delle altre imprese locali. La Giustizia tedesca si è mossa insomma celermente, gestendo in pochi mesi un enorme carico conflittuale. Non solo: alcuni slittamenti erano dipesi dal fatto che il cantiere differisse dai progetti presentati, particolare che non è sfuggito agli accorti ispettori tedeschi.

 

“UNA FORNACE CHE BRUCIA DENARO”

E mentre gli analisti si interrogano se la crisi che ha investito l’intero mondo dell’automotive raggiungerà anche Tesla, una prima risposta sembra essere arrivata dall’ultimo sfogo dello stesso Musk, che a fine giugno si era fatto scappare:  «Austin e Berlino sono fornaci che bruciano soldi», specificando:  «Stanno perdendo miliardi di dollari perché ci sono molte spese e poca produzione. Renderli funzionali e far tornare Shanghai alla piena operatività sono le nostre maggiori preoccupazioni». Quindi aveva motivato: «Gli ultimi due anni sono stati un incubo per le dissoluzioni alle catene di produzione e non siamo ancora fuori dai guai».

LO STOP ALLA GIGAFACTORY TESLA DI BERLINO

Insomma, quando parla della gigafactory tedesca, Elon Musk potrebbe essere colto da vistosi tic nervosi. L’ultimo inciampo è davvero recente: l’impianto, appena aperto, dovrà già chiudere per 15 giorni. Questo nonostante il patron dell’auto elettrica avesse più volte detto che è imperativo tornare a correre, soprattutto a seguito delle interruzioni alla catena di montaggio di Shanghai per via del lockdown durissimo imposto dal governo a inizio 2022. Lo stop sarebbe dovuto ai lavori tutt’ora in corso. La produzione in Germania, sulla carta, dovrebbe essere di 500.000 auto elettriche all’anno con 12.000 dipendenti. Recentemente, Musk aveva confermato che nel sito vengono prodotte appena 1.000 auto a settimana, questo per via del fatto che le tute blu siano solo 5mila, meno della metà previste.

Tesla ha parlato di difficoltà nel reperire personale altamente qualificato in grado di lavorare con gli automi dell’industria 4.0. L’Ig Metall, invece, riferisce di un diffuso malcontento tra la forza lavoro, e la Casa statunitense ne sarebbe al corrente: da lì l’annuncio di un aumento salariale del 6% che però ha creato ancora più tensioni, dato che i nuovi assunti ricevono più soldi rispetto agli assunti di qualche mese fa, ha dichiarato il portavoce del sindacato Markus Sievers. In tutto ciò, se non vuole ritoccare ulteriormente a ribasso i numeri del piano industriale, Musk sa bene che dovrà aumentare il ritmo della produzione globale. Ma, visti i trascorsi europei e le lamentele che ha indirizzato anche all’impianto di Austin, è chiaro che eventuali ampliamenti delle sue gigafactory avranno luogo esclusivamente in Cina…

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