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Io, albergatore in Sardegna, dico: il governatore Solinas sta combinando disastri

I sardi erano, ed erano percepiti, come gente ospitale, taciturna ma generosa e pratica. Oggi in tanti ci vedono come un popolo gretto ed egoista. Ecco gli effetti degli annunci delle balzane e confuse e idee del governatore della Sardegna su certificati e test. Parola di un operatore turistico sardo

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento firmato da un operatore alberghiero in Sardegna che ha chiesto a Start Magazine l’anonimato:

Ci sono cascati in tanti. Sardegna sana e sicura contro Lombardia malata e contagiosa, untrice.

Prima ancora di arrivare ai posti letto degli alberghi che rimarranno vuoti, la domanda è: davvero ci sono lombardi contagiosi che farebbero di tutto per andarsene al mare della Sardegna diffondendo il virus tra i poveri sardi che sono pure senza terapie intensive negli ospedali? Davvero i sardi hanno pensato questo di alcuni loro connazionali, esattamente come possono averlo pensato i greci o gli austriaci?

Siamo italiani, o siamo invece lombardi, sardi, campani e calabresi?

Queste sono le Grandi Domande, che il nostro assetto costituzionale non ha in realtà risolto, e prima che poi dovrebbe.

Le Piccole Domande, invece, sono tutte da porre a Christian Solinas, quel governatore che si è fatto paladino della sicurezza sanitaria della sua isola, senza fare la fatica minima di spiegare come pensava di realizzare  questa sicurezza e a spese di chi. A poco servono ora le lettere al Corriere della Sera. Risposte concrete continua a non darne.

I medici dicono che non esiste un certificato di negatività? Secondo Solinas esiste.

Come è il certificato di negatività di Solinas? Non si sa. Ha parlato di test salivari fatti in Corea: li avete trovati da qualche parte? Li avete potuti ordinare? Pagare? Ne conoscete il prezzo?

Ha parlato di test pungidito: dove si possono fare? Quanto costano? Li anticipa la Regione? Li anticipano gli albergatori?

Ha parlato di test negli aeroporti. Gli aeroporti hanno risposto che non hanno gli spazi per bloccare migliaia di persone e fare i test pungidito (e chi li paga?, eccetera). Il governatore ha fatto una proposta alternativa? No.

Ha parlato di test negativi: quale test, il sierologico? E se fossero positive le IGG, segnale che in passato si è contratto il virus e quindi si hanno gli anticorpi, questo vuol dire essere positivi o negativi?

E il tampone invece: dove si può fare? Quanto costa?

Siamo nel tempo del populismo, a qualunque latitudine si viva, in Sardegna o in Lombardia è uguale: vincono i messaggi semplici, inattuabili e confusi.

Da parte sua, è passato il messaggio che il governatore vuole difendere la salute pubblica dei suoi cittadini ma il governo cattivo di Roma non altrettanto, e quindi mette i bastoni tra le ruote al tapino governatore che purtroppo deve piegarsi a riconoscere che, forse, basterà un’autocertificazione di negatività. Tanto rumore per nulla. Cioè, per qualcosa: nel frattempo, i pochi turisti che non avevano ancora disdetto la vacanza in Sardegna a causa di Covid, lo stanno facendo adesso.

Gli uffici booking degli alberghi sardi sono diventati il centro informazioni della Regione Sardegna, senza che né la regione Sardegna né gli uffici booking sappiano dare risposte.

“Scusi, io vorrei venire, ma che test devo fare?”.

“Scusi, io vorrei venire, ma quanto costa il test? Dove lo faccio? Quanto tempo prima è riconosciuto che abbia ancora valore?”.

“Scusi, ho un bambino di sei mesi, devo fare un prelievo del sangue per venire in vacanza? Allora cambierei programma. Potete rimborsarmi?”.

Sarebbe bastato che il governatore mettesse qualcuno dei suoi a lavorare in un ufficio booking qualunque, per rendersi conto che nessuno ha la volontà di diventare untore di altri, ma tutti hanno bisogno di avere indicazioni chiare e pratiche. Indicazioni che lui per primo non ha e non ha dato.

Il risultato è che gli alberghi erano già mezzo vuoti, i coraggiosi che pensavano di aprire lo avrebbero fatto con la metà delle camere che hanno, assumendo un terzo del personale stagionale che avrebbero assunto in un anno pre Covid. Ora sono messi anche peggio. Le cancellazioni continuano a superare le nuove prenotazioni, i fatturati saranno – se va bene – un sesto di quelli della stagione precedente. Alcuni nel frattempo hanno deciso che la stagione 2020 salta, meglio restare chiusi che affrontare i costi di una riapertura così dilatata e imprevista.

Ma anche qui il punto non è: chi pensa ai soldi, chi pensa alla salute. Queste sono guerre tra poveri. Il punto non era: chi difende i sardi, chi vuole invece ungerli con il Covid-19. Eppure questo è passato: i messaggi semplici fanno più presa, e banalizzano.

Ciò che non è banale è che la Sardegna ha cambiato per sempre la sua immagine.

I sardi erano, ed erano percepiti, come gente ospitale, taciturna ma generosa, solitaria e pratica. Hanno dato un Regno all’Italia che stava unendosi, hanno pagato con il sangue nelle due guerre mondiali, hanno espresso capi partito, intellettuali e presidenti della Repubblica italiana.

Oggi in tanti li vedono come un popolo gretto e egoista, che pur di salvarsi da un virus – in fase calante, con terapie intensive quasi vuote su tutto lo stivale, eccetera eccetera – fa valere la sua insularità come mai prima, a senso unico, con ironie indegne del popolo fiero che si conosceva.

Lo slogan sottinteso, ma ormai esplicito, verso i lombardi, è: voi qui non venite, non siete i benvenuti, perché non siete sani, e nemmeno vi spieghiamo come farete a dimostrarcelo.

Ciò che rimarrà di tutto questo sarà il fastidio e l’antipatia verso un popolo che ha scelto di trincerarsi dietro slogan irrealizzabili, rinunciando alla solidale accoglienza verso chi ha patito, e tanto, le conseguenze di un’epidemia, e che volentieri si sarebbe sottoposto a un test, se qualcuno avesse avuto il coraggio di spiegare come.

E’ un’immagine già scaduta nell’immaginario collettivo, e questo non potranno cambiarlo gli uffici comunicazione più potenti che dovessero avvicendarsi nei prossimi cinquant’anni.

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