Come sottolinea Reuters in un suo recente approfondimento, l’India non è più solo un grande mercato emergente: sta diventando rapidamente uno dei nuovi poli manifatturieri mondiali, e questo vale anche per i costruttori giapponesi di auto che vogliono ridurre la propria dipendenza dalla Cina.
Toyota, Honda e Suzuki, sottolinea l’agenzia di stampa, stanno investendo complessivamente oltre 11 miliardi di dollari in nuove fabbriche, linee di produzione e componenti locali, con l’obiettivo di fare del Subcontinente non solo la loro base per il mercato interno, ma anche un hub di esportazione verso Asia, Africa e persino Giappone.
Protetto da barriere all’ingresso cinese e sostenuto da incentivi del governo Modi, l’India sta conquistando i grandi marchi nipponici in un momento in cui la Cina è diventata troppo competitiva, troppo rischiosa e troppo poco redditizia.
Sono ormai numerosi i rapporti di istituzioni internazionali che snocciolano i dati da cui emerge come l’India sia diventata un hub produttivo globale, prendendo il posto della Cina quale polo di attrazione degli investimenti stranieri. Nel 2025 il Paese è diventato la 5ª economia mondiale e la più veloce tra le grandi nazioni. Il manifatturiero cresce ancora di più, con un +9,9% di valore aggiunto nel 2023-24, e gli investimenti esteri diretti che hanno raggiunto quota 21,3 miliardi di dollari.
A sugellare questo passaggio, le grandi multinazionali stanno trasferendo in gran velocità la propria produzione in India: da Apple (25% iPhone mondiali), Samsung (20% smartphone globali), Google Pixel, Tesla (componenti batterie), Micron (mega-impianto chip), Boeing/Airbus (componentistica aeronautica) e Big Pharma (Pfizer, Novartis, Abbott).
Addio alla Cina
Tra il 2021 e il 2024, sottolinea Reuters, gli investimenti diretti giapponesi nel settore dei trasporti in India sono aumentati di oltre sette volte, toccando i 294 miliardi di yen (circa 2 miliardi di dollari) solo lo scorso anno.
Nello stesso periodo, gli investimenti analoghi in Cina sono crollati dell’83%, scendendo a soli 46 miliardi di yen.
Il motivo è semplice, rimarca l’agenzia: in Cina i margini di profitto per i marchi stranieri si sono ridotti drasticamente a causa della guerra dei prezzi tra produttori locali di auto elettriche (BYD, Nio, Xpeng, Li Auto ecc.).
Allo stesso tempo, i costruttori cinesi stanno aggredendo i mercati del Sud-Est asiatico, togliendo quote di mercato proprio ai giapponesi.
In India, invece, le auto elettriche cinesi sono di fatto bloccate da dazi e restrizioni agli investimenti: per Toyota, Honda e Suzuki il Paese è quindi un’oasi temporanea di bassa concorrenza.
Toyota: oltre 1 milione di auto prodotte in India
Toyota è il simbolo più evidente di questo spostamento. L’azienda ha annunciato investimenti per oltre 3 miliardi di dollari: ha previsto l’ampliamento dello stabilimento esistente nel Karnataka meridionale (+100.000 veicoli/anno) e la costruzione di una nuova fabbrica in Maharashtra occidentale, operativa entro il 2030.
Con questi progetti la capacità produttiva indiana supererà il milione di veicoli annui.
Parallelamente, Toyota sta spingendo sulla localizzazione: lavora con fornitori giapponesi e indiani per produrre in loco componenti ibridi e sta adattando i modelli alle esigenze locali invece di importare specifiche globali.
Entro la fine del decennio il marchio lancerà 15 nuovi o rinnovati modelli e punta a salire dall’attuale 8% al 10% del mercato indiano delle auto passeggeri.
Durante l’ultima trimestrale, il management ha citato esplicitamente l’India come uno dei mercati che stanno compensando i problemi di redditività in Nord America dovuti ai dazi.
Suzuki-Maruti: da 2,5 a 4 milioni di auto l’anno
Suzuki, attraverso la controllata Maruti Suzuki, domina ancora il mercato indiano con quasi il 40%, anche se prima della pandemia arrivava al 50%.
L’azienda ha annunciato investimenti per 8 miliardi di dollari con un obiettivo ambizioso: portare la capacità produttiva da 2,5 a 4 milioni di veicoli l’anno.
Il presidente Toshihiro Suzuki è stato chiarissimo al Japan Mobility Show: “Vogliamo far crescere l’India come hub produttivo globale di Suzuki e potenziare fortemente l’export”, ha dichiarato a Reuters.
Maruti è già il maggiore esportatore di auto dall’India (quasi 300.000 unità l’anno), ma con i nuovi impianti punta a diventare un fornitore chiave per Africa, Medio Oriente e America Latina.
Honda sceglie l’India per le elettriche
Per Honda l’India è già il mercato più redditizio al mondo per le due ruote (scooter e moto). Ora, rimarca Reuters, vuole replicare il successo anche con le auto.
Il CEO Toshihiro Mibe ha dichiarato che i tre mercati prioritari per le vetture sono Stati Uniti, India e Giappone.
La novità più importante: uno dei modelli della futura serie elettrica “Zero” sarà prodotto in India e da lì esportato, a partire dal 2027, verso Giappone e altri paesi asiatici.
È la prima volta che Honda sceglie esplicitamente l’India come base di produzione ed export per un veicolo elettrico globale.
L’India nuovo polo manifatturiero globale
Da diversi anni ormai l’India si è trasformata nella “nuova Cina”, capace di attrarre investimenti per l’allestimento di stabilimenti produttivi dei grandi marchi globali che nel Subcontinente trovano il contesto adatto per le loro politiche di mantenimento o crescita delle quote di mercato.
Esistono ormai abbondanti evidenze scientifiche che documentano questo passaggio: dall’India Development Update della World Bank, che discute la diversificazione delle catene globali del valore in India e i processi di reshoring dalla Cina, al World Investment Report dell’UNCTAD, da cui emerge come l’India stia diventando una destinazione privilegiata per la produzione di veicoli elettrici, prodotti elettronici, semiconduttori, farmaceutici, all’India Economic Snapshot dell’OCSE, parte della sua serie di Economic Surveys, che analizza il settore manifatturiero indiano facendo emergere la crescita del suo valore aggiunto grazie a investimenti mirati di Big come Tesla e Boeing, all’India: 2024 Article IV Consultation, parte dei Country Report del FMI, che esamina la crescita degli investimenti diretti nel Paese.
Dai rapporti di queste organizzazioni multilaterali desumiamo i valori e gli elementi principali che incoronano l’India a nuovo hub produttivo globale.
Nel 2025 l’India è la quinta economia mondiale e la più veloce tra le grandi nazioni, con una crescita del PIL reale del 6,8% nel 2025 secondo i dati del FMI, pari a più del doppio della media globale del 3,2%.
Il manifatturiero corre ancora più veloce: secondo i dati ufficiali del Ministry of Statistics and Programme Implementation indiano, il valore aggiunto del settore è cresciuto del 9,9% nel 2023-24 e del 7,2% nella prima metà del 2024-25.
Gli investimenti esteri diretti nel manifatturiero hanno toccato i 21,3 miliardi di dollari nel periodo 2024-25, con una crescita del 38%.
Le aziende che hanno già spostato o stanno spostando linee di produzione dall’Asia orientale all’India non sono più casi isolati. Vi possiamo annoverare:
- Apple, che produce in India circa il 25% degli iPhone mondiali;
- Samsung, che nell’Uttar Pradesh ha realizzato il più grande stabilimento di smartphone al mondo, che rappresenta il 20% della produzione globale del gruppo coreano;
- Google (Pixel), che assembla in Tamil Nadu;
- Tesla, che ha aperto il suo primo stabilimento indiano di componenti per batterie e powertrain;
- Micron Technology, che sta costruendo a Gujarat il più grande impianto di assemblaggio e test di chip DRAM fuori dagli Usa, con un investimento da 2,75 miliardi di dollari;
- Boeing e Airbus, entrambe impegnate ad aumentare la componentistica aeronautica “Made in India”;
- fino a Pfizer, Novartis e Abbott, che hanno trasferito o ampliato in India linee di principi attivi farmaceutici e generici.



