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Stellantis Renault Sole 24 Ore

Il Sole fonde la fusione tra Stellantis e Renault

Tutti i dubbi e le perplessità del quotidiano di Confindustria su una possibile fusione tra Stellantis e Renault

Quanto c’è di vero nelle voci di una nuova fusione italo-francese nel mondo dei motori, questa volta tra Stellantis e Renault dopo quella tra Fca e Psa? Nulla, a giudicare dal fatto che sono state smentite a strettissimo giro, tuttavia non smettono di rimbalzare. Anzi, nelle ultime ore i rumors in merito si sono persino fatti più insistenti.

Del resto, dato l’aggravarsi del contesto finanziario di entrambe, l’unione di due debolezze potrebbe realmente rappresentare un punto di svolta, data la possibile creazione di un Gruppo con 18 marchi. All’ipotesi, che forse poi mera ipotesi non è, dedica ampio spazio quest’oggi Il Sole24Ore, che da tempo segue e critica (senza lesinare bordate) le mosse del Gruppo guidato da Carlos Tavares.

I DUBBI DEL SOLE SULLA FUSIONE TRA STELLANTIS E RENAULT

“Mettere insieme Stellantis e Renault – scrive Mario Cianflone dalle colonne del quotidiano di Confindustria – è un’ipotesi intrigante, storicamente rivoluzionaria, ma ha enormi incognite, analoghe a quelle irrisolte di Stellantis, nata dalla fusione tra Psa (Peugeot, Citroen e Opel) e Fca, macro struttura transatlantica che includeva i marchi italiani dell’ex Fca (Fiat, Lancia Alfa Romeo) e quelli Usa, dove spiccava Jeep, che è tra alterne fortune l’unico vero brand globale”.

TANTI MARCHI, TROPPI?

“Con l’ingresso di Leapmotor, cinese, Stellantis vanta una quindicina di marchi e si sta avviando solo adesso, dopo quasi tre anni, a una integrazione di piattaforme e tecnologie tra i vari brand e modelli spesso quasi in fotocopia (e differenziarli costa tanto in termini di marketing). Senza contare che ci sono brand, Abarth e Ds per esempio, che evidenziano vendite omeopatiche, Maserati è in crisi, Lancia sta tentando ora una seconda vita e Alfa Romeo prova a stare in piedi. Il dubbio è che i marchi siano troppi: non c’è spazio per tutti”, viene fatto notare dal Sole.

LE DUE FUSIONI PRECEDENTI HANNO SACRIFICATO FIAT, ALFA E LANCIA

Del resto è innegabile che molti marchi, soprattutto italiani, siano stati ridotti al lumicino già dopo la fusione con Chrysler ai tempi di Fca e ulteriormente ridimensionati con l’ingresso di Peugeot. Senza arrivare agli estremi rappresentati da Innocenti e Autobianchi che il governo vorrebbe espropriare e affidare a qualche investitore cinese, dal momento che erano in rimessa da decadi, basti considerare che Lancia che negli anni ’80 e ’90 realizzava gloriose vetture vincitrici dei rally e per tutta la sua storia ha spedito al Quirinale ammiraglie degne di un presidente. Da anni, invece, il marchio ormai realizza solo la Y. Difficile immaginarci sopra Mattarella. La stessa Alfa Romeo dalle berline scattanti spesso destinate alle forze dell’ordine ormai realizza più solo qualche Suv, mentre Fiat sembra destinata al solo segmento delle city car.

“È difficile – continuano dal Sole – pensare che ci sia mercato per quasi una decina di suv elettrici e ibridi compatti, tre berline a ioni di litio (oppure mhev) a 5 porte. Senza citare modelli a fine carriera basati su piattaforme ex Fca. Ha vinto, in Stellantis, lo schema industriale francese, che era più avanti e sta proseguendo con le nuove piattaforme Stla Large e Medium. E questo è solo un esempio”.

“Tra l’altro – continuano dal Sole – la nascita di Stellantis ha decretato un declino, in Europa, dei motori Fca Firefly Gse. Alla luce di questo, è davvero difficile – viene sottolineato sul quotidiano di Confindustria – pensare che Renault possa in modo industrialmente ragionevole integrarsi con Stellantis, magari in un super gruppo guidato, come si vocifera, proprio dal ceo di Renault Luca de Meo, se l’obiettivo è quello di fare economie di scala e auto in fotocopia (o quasi). L’era del ‘badge engineering’ sembra al capolinea”.

LA SOMMA DI DUE DEBOLEZZE FA LA FORZA?

C’è soprattutto una domanda che merita considerazione: “davvero essere grandi con decine di brand è un vantaggio quando ci sono casi di eccellenza come Hyundai che è ai vertici della classifica mondiale con solo due brand di volume? Forse no, basti pensare a Tesla (un marchio, 4 modelli e il sistema funziona) o Byd con tre marchi ma alle spalle, come altre cinesi, il sistema Paese e soldi a pioggia dal governo di Pechino. Più che una fusione, che ha appoggi politici (il governo francese è azionista dei due gruppi), potrebbe essere, secondo molti analisti e osservatori dell’industria auto, più opportuno creare un consorzio per mettere a fattore comune risorse e competenze, soprattutto in settori chiave come software, batterie e intelligenza artificiale. È il famoso Airbus dell’auto, caldeggiato da tempo da Luca de Meo”.

Infine, c’è un tema che dovrebbe inquietare noi italiani. Già la fusione con Psa ha portato a un gruppo francocentrico: da Stellantis negano ma i loro piani industriali ne sono la prova. Nell’ultimo anno persino il governo italiano se ne è accorto e ha iniziato una frettolosa quanto infruttuosa trattativa nella speranza di rallentare il disimpegno del colosso dell’auto dal nostro Paese. Se i partner francesi salissero a due si assisterebbe a un inevitabile annacquamento della quota italiana. Come ricordato dal Sole, inoltre, il governo francese è azionista dei due gruppi e tutti ben conosciamo lo sciovinismo d’Oltralpe.

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