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I piani messicani di Bmw per agguantare, a bordo di una Mini, i sussidi di Biden

Bmw Mini

Con il passaggio all’elettrico, Mini non sarà più assemblata negli storici impianti britannici: Bmw ha difatti intenzione di trasferire la produzione in Cina e Messico. Ecco perché

Bmw punta agli incentivi messi sul tavolo da Joe Biden. Parliamo cioè dei sussidi studiati dalla Casa Bianca per irrobustire l’industrializzazione statunitense, soprattutto sul fronte automotive in un momento storico particolarmente delicato, in cui l’intero mercato è sconquassato dalla transizione energetica che sta spingendo le Case storiche a batter cassa per fare fronte agli investimenti in R&D. E nella bizzarra geografia commerciale, il modo più rapido per Bmw di raggiungere gli States passa per il Messico. A bordo di una Mini.

COSA COMBINA BMW CON MINI

Facciamo un po’ di chiarezza. Nel 1994 il marchio inglese Mini, celebre almeno quanto la rivale italiana, la Fiat 500, passò nelle mani della Bmw, che rilevò l’intero gruppo Rover, di cui il marchio di Oxford faceva parte. Da allora, la costruzione dei nuovi modelli era continuata nel Regno Unito e pareva dovesse continuare a essere così, visto che l’auto è diventata in tutto il mondo uno degli emblemi dell’Inghilterra.

Ma i tedeschi non la pensano così e stanno approfittando della transizione ecologica per sovvertire parecchie consuetudini. Già sul finire del 2022 Bmw aveva comunicato che sarebbe cessata la produzione delle Mini in versione elettrica negli stabilimenti del Regno Unito. Sull’isola britannica vengono assemblate circa 40.000 Mini a batteria all’anno, prodotte nella fabbrica di Cowley, Oxfordshire. Ma per Bmw lo stabilimento inglese è poco competitivo.

Molto più conveniente trasferire l’assemblaggio in Cina, a Baoding, nella stessa sede dove vedrà la luce anche il nuovo modello, Aceman, sempre a trazione elettrica. Sappiamo, del resto, che i rapporti tra Berlino e Pechino sono più che mai solidi e hanno brillantemente superato le tensioni tra Est e Ovest causate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

E gli inglesi? Al momento vietato parlare di chiusura dell’impianto. Lo stabilimento britannico continuerà a realizzare le Mini Cooper a benzina per i mercati esteri. Ma ovviamente si tratta di un cerino destinato a spegnersi velocemente, specie considerato che l’Ue sta per dire addio alle propulsioni tradizionali e i Paesi che resteranno legati all’endotermico non sono i principali di riferimento di Mini. C’è però un risvolto curioso, dato dall’indiscrezione secondo la quale le aziende cinesi in joint venture con Bmw starebbero valutando nel prossimo futuro di utilizzare l’impianto nel Regno Unito per una produzione locale dei marchi Great Wall, come Ora e Wey.

MESSICO E NUVOLE (NERE PER L’INGHILTERRA)

Ma questo è solo un aspetto della vicenda. Perché nelle ultime settimane il gruppo Bmw avrebbe iniziato a valutare la possibilità di produrre versioni elettriche dei modelli Mini nello stabilimento di San Luis Potosí che spicca tra i cactus del Messico e produce attualmente le Serie 2 e 3 del marchio tedesco.

Un avvicinamento strategico al Nord America per accedere agli incentivi varati dagli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act. Bmw, tramite il brand inglese, che sta per lanciare la sua prima Countryman elettrica (prodotta a Lipsia sulla base della piattaforma multi-energy UKL, arriverà sul mercato all’inizio del 2024), potrebbe così beneficiare dell’intero credito fiscale da 7.500 dollari erogato da Washington. In particolare, stando a indiscrezioni di Automotive News, nella seconda metà del decennio verrebbe avviato l’assemblaggio di una crossover del brand inglese sulla base della nuova piattaforma Neue Klasse.

L’impianto messicano ha già ricevuto investimenti per 800 milioni di euro per produrre elettriche sulla nuova architettura da 800 volt, a partire da una berlina e da una Suv di segmento D. Attualmente opera a un terzo circa della sua capacità produttiva: si prevede quindi un incremento, a scapito del Vecchio continente.

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