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Ecco quanto costerà a Fca l’intesa con l’Agenzia delle Entrate su Chrysler

Pace fatta tra Fca e Agenzia delle Entrate sul dossier fiscale relativo a Chrysler. Il gruppo automobilistico pagherà circa 700 milioni di euro

 

Pace fatta tra Fca e Agenzia delle Entrate sul dossier fiscale relativo a Chrysler. Ecco tutti i dettagli.

Fca ha chiuso un accordo con l’Agenzia delle Entrate per chiudere il contenzioso legato alla valutazione del valore di Chrysler al momento della ristrutturazione di ottobre 2014.

Lo ha annunciato il Chief Financial Officer Richard Palmer in conference call sui risultati 2019. Il Fisco italiano contestava al gruppo una differente valutazione degli asset di Chrysler con un impatto diretto sulla cosiddetta ‘tassa di uscita’ sulle plusvalenze realizzate quando le società spostano attività al di fuori del Paese.

Fiat Chrysler pagherà oltre 700 milioni di euro al fisco italiano, attraverso le perdite fiscali pregresse.

Secondo il direttore finanziario del gruppo, Richard Palmer, non ci sarà alcun “impatto sul conto economico e sul bilancio a parte la riduzione delle imposte differite attive non rilevate”

Ma da dove nasce la diatriba fiscale ora chiusa? Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg agli inizi dello scorso mese di dicembre, all’azienda veniva contestato di aver sottostimato di 5,1 miliardi il valore per l’acquisizione di Chrysler avvenuta nel 2014.

Secondo una fonte vicina al dossier, l’Agenzia delle Entrate all’epoca aveva valutato Chrysler circa 12,5 miliardi di euro, mentre Fiat, seguendo le indicazioni dei suoi consulenti, aveva dichiarato un valore di 7,5 miliardi, aveva scritto Bloomberg.

Come aveva spiegato all’epoca il Sole 24 Ore, il processo di acquisizione è terminato con il completo assorbimento dei brand Dodge, Ram e Jeep. Al termine della ristrutturazione è stata creata Fca, nella forma societaria attuale con la sede legale in Olanda e la sede fiscale in Gran Bretagna, invece che a Torino, sede storica da oltre un secolo della Fiat.

“Lo spostamento della sede aziendale ha generato la cosiddetta “exit tax”, la tassazione che l’Italia applica sulle plusvalenze realizzate quando le società spostano le loro attività al di fuori del paese. L’Italia all’epoca aveva una aliquota di imposta di circa il 27,5%, per cui Fca rischia ora di dover pagare arretrati al fisco italiano per circa 1,3 miliardi di euro“, sottolineò il quotidiano economico-finanziario.

Nella relazione legata ai conti del terzo trimestre, datata 31 ottobre, Fiat Chrysler aveva confermato l’esistenza di un negoziato in coso con le autorità italiane per un “adeguamento fiscale” relativo a 5,07 miliardi di asset sottostimati soggetti alla “exit tax”, come riportato dal rapporto di audit visionato da Bloomberg.Secondo il fisco italiano l’azienda Usa valeva 12,5 miliardi, per quella italiana solo 7,5 miliardi

A dicembre scorso, l’agenzia Bloomberg ha svelato che Fca ammetteva nel suo bilancio di aver subito un accertamento dall’Agenzia delle Entrate, che chiedeva al gruppo 1,3 miliardi di tasse non pagate. Per Fca, la contestazione però non stava in piedi. “Siamo fortemente in disaccordo con questa relazione preliminare e siamo certi che riusciremo a sostenere con successo una riduzione sostanziale della valutazione”, riferirono all’epoca dei fatti fonti ufficiali dell’azienda all’agenzia di stampa statunitense.

“Per Fca l’intesa raggiunta con l’Agenzia delle Entrate non è un’ammissione di colpa, ma un accordo con il fisco. Nei termini dell’intesa, la casa automobilistica riconoscerà 730 milioni all’amministrazione fiscale italiana per l’accertamento di 2,6 miliardi di asset aggiuntivi rispetto a quelli dichiarati dal gruppo nel 2014”, ha commentato oggi il Fatto Quotidiano.

Il meccanismo dell’accordo, secondo Fiorina Capozzi e Carlo Di Foggia del Fatto, permetterà a al colosso di evitare il pagamento di interessi e sanzioni (calcolati in 670 milioni): “Il resto dei soldi, peraltro, non sarà pagato tutto e subito, ma verrà restituito attraverso la compensazione di perdite fiscali”.

Come si è conclusa dunque la vicenda? Con la sostanziale ammissione di aver sottostimato i dati c’è stata, seppure indirettamente, nello stesso mese. Il 20 dicembre scorso, infatti, è arrivato l’accordo con il fisco: “Le cifre sono state ridotte dopo un accertamento con adesione. È stato concordato che l’imponibile sottratto al fisco è stato di 2,5 miliardi e su questo andranno pagate imposte per 730 milioni”.

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