È finito nel peggiore dei modi l’incontro tra i sindacati e l’azienda sul futuro dello stabilimento di Marelli a Crevalcore, dove oggi lavorano 231 lavoratori per produrre collettori per i motori endotermici e pezzi pressofusi sempre per motori. Uno stabilimento in bilico da parecchio a seguito della necessità di passare all’auto elettrica e, dunque, reinventare la filiera.
MARELLI IN ITALIA IN NUMERI
Che fosse un impianto a rischio, infatti, non è una novità, essendo il solo degli 11 che Marelli ha ancora nel nostro Paese (in cui lavorano 7300 persone) a non godere di un piano industriale ad hoc che gli garantisse il futuro. Con l’arrivo di Kkr il piano è stato infine svelato e non depone certo a favore dei dipendenti di Marelli: i collettori saranno realizzati nello stabilimento di Bari, i pezzi pressofusi esternalizzati.
PERCHE’ KKR INTENDE CHIUDERE LO STABILIMENTO EMILIANO MARELLI
L’azienda italiana prima legata a doppio filo a Fiat, quindi a Fca e, con l’acquisizione nel maggio del 2019 dei giapponesi di Calsonic Kansei Corporation (controllata da Kkr, il fondo Usa guidato da Henry Kravis, nella foto) a Nissan, sembra aver imboccato la strada dei tagli, negando un futuro allo stabilimento per componenti per motori a scoppio in Emilia Romagna.
La Direzione aziendale ha spiegato che le ragioni sono duplici e affondano le radici in un risultato economico assai negativo, con un rosso previsto per quest’anno pari a circa 6 milioni anche a causa dell’aumento del costo dell’energia e poi nella dinamica negativa delle attività legate al motore endotermico che oggi porta a un utilizzo del 45% della capacità produttiva e, con la galoppata voluta dalla Ue sulle auto elettriche, sembra destinata a diminuire ulteriormente assai in fretta, fino ad arrivare al 20% nel 2027.
I SINDACATI SI APPELLANO AL MiMIT
I sindacati hanno abbandonato il tavolo in segno di protesta invocando l’intervento del ministero dell’Industria per cercare una soluzione alternativa alla vertenza: “Come Fim riteniamo inaccettabile la decisione di chiudere lo stabilimento senza lo sforzo di esplorare possibili alternative produttive per il sito Emiliano. Serve intervenire subito. Come sindacato abbiamo chiesto una convocazione urgente presso al MiMIT, per ricercare insieme una soluzione alternativa che garantisca una prospettiva industriale e occupazionale”.
“LA TRANSIZIONE ECOLOGICA NON SIA A CARICO DEI DIPENDENTI”
“La transizione ecologica non può essere scaricata sui lavoratori, licenziandoli – è l’affondo di Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom-Cgil e responsabile del settore mobilità –. Le risorse pubbliche dovranno essere stanziate solo a condizione che non sia messa in discussione l’occupazione in Stellantis, in primis, come in tutta la filiera dell’automotive”.
AL VIA GLI SCIOPERI
“Per questo – proseguono i rappresentanti dei lavoratori – chiediamo a Marelli di revocare la decisione e la disponibilità a tornare al tavolo di trattiva per individuare possibili soluzioni alternative alla chiusura del sito. Situazioni come questa, se il governo non mette in campo una concreta strategia per la gestione della transizione green, saranno sempre più frequenti e complicate da gestire”. Quindi l’annuncio delle prime agitazioni: “Per venerdì 22 settembre abbiamo programmato 8 ore di sciopero in tutto il Gruppo e lo stato di mobilitazione permanente a Crevalcore”.