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Litio

Dossier litio e auto elettriche fra industria, energia e geopolitica

La Bmw ha firmato un accordo da 300 milioni di dollari con la compagnia statunitense Livent per la fornitura di litio. L’approfondimento di Michele Scarpa

 

Il contrasto al global warming è obiettivo prioritario dell’agenda di molti Paesi, soprattutto occidentali, e delle maggiori istituzioni internazionali. La via principale per contrastare questo fenomeno è stata rinvenuta nella cosiddetta transizione ecologica. Ossia il cambiamento complessivo del nostro sistema, giudicato ambientalmente non sostenibile, in un nuovo sistema detto “green”, ecocompatibile quindi.

Un’interessante definizione di transizione ecologica può essere quella di “adattamento per anticipazione”, ossia adattarsi ad un evento (il climate change) prima che questo si sia compiutamente manifestato ed esiga in maniera cogente il nostro adattamento.

La transizione ecologica scatena le fantasie e l’ingegno umano nell’immaginare nuove forme di produzione energetica, nuovi metodi di trasporto e stili di vita.

Per intercettare il cambiamento le aziende devono evolversi e puntare su ricerca ed innovazione, cercando di rimanere competitive tanto nel presente quanto nel futuro.

Lo ha capito bene la BMW che in settimana ha firmato un accordo del valore di oltre 300 milioni di dollari con la compagnia statunitense Livent per la fornitura di litio.

Il litio infatti è stato eletto come uno dei materiali fondamentali che supporteranno la transizione ecologica, in particolare nel settore dei trasporti. Questo elemento è centrale per la produzione delle batterie elettriche che alimenteranno la mobilità del futuro. Monopattini, biciclette e autovetture elettriche avranno tutte batterie al litio, ciò già basterebbe per capire l’importanza che rivestirà questo prezioso metallo alcalino. Ma non solo mobilità, il litio è fondamentale anche per far funzionare smartphone, tablet e sistemi d’arma avanzati, insomma imprescindibile per il mondo moderno.

La BMW ha intuito subito tale importanza e si è adattata per anticipazione, ovvero si è assicurata una cospicua fornitura di litio per la costruzione delle sue auto elettriche che, si prevede, rappresenteranno il 50% delle vendite della casa automobilistica nel 2030. A tal riguardo Andreas Wendt, membro del consiglio di amministrazione di BMW, ha spiegato: “il litio è una delle materie prime chiave dell’elettromobilità. Noi, ottenendo questo elemento da un secondo fornitore, ci stiamo assicurando i requisiti per la produzione della nostra attuale quinta generazione di celle della batteria. Ci stiamo convertendo: meno dipendenti da un punto di vista tecnologico, geografico geopolitico”.

Dal discorso di Wendt emerge un elemento interessante: l’indipendenza dal contesto geopolitico.

Certo il litio è un elemento imprescindibile nelle nuove batterie elettriche, ma è solo questo a renderlo così prezioso?

Se si guarda la classifica degli elementi più diffusi sulla crosta terrestre, il litio si trova alla posizione numero 25, con una media di 20 mg per ogni chilo di crosta. Quindi non c’è scarsità sulla Terra.

Circa la metà di tutte le riserve di litio del pianeta però si trovano in un’area al confine tra Cile, Argentina e Bolivia, il cosiddetto “triangolo del litio”. Dal deserto salato in Bolivia, Salar de Uyuni, al deserto cileno di Atacama, per proseguire ad est fin dentro l’Argentina.

Il più grande produttore di questo metallo è il Cile, dove ogni anno ne vengono estratte circa 76 mila tonnellate; al secondo posto si trova l’Australia (più di 74 mila tonnellate all’anno) e al terzo l’Argentina (circa 30 mila tonnellate).

Tale concentrazione di litio in poche aree geografiche del pianeta fa si che i Paesi che si trovano in possesso di questa risorsa attirino gli interessi della gran parte degli attori rilevanti sulla scena internazionale. Questi paesi sono seduti su una montagna di “oro bianco” che può farne fortuna e al contempo sfortuna.

Lo ha scoperto l’ex presidente della Bolivia, Evo Morales, che da bravo socialista aveva impedito la presenza di aziende straniere nel settore, statalizzandolo. La Bolivia pur non essendo tra i maggiori produttori di litio, possiede però la più grande riserva di litio al mondo nel deserto salino di Salar de Unuy. Il problema d’altro canto è che il Paese non possiede le tecnologie necessarie per estrarre il materiale, che in Bolivia poi è concentrato a tali profondità da rendere l’estrazione quasi antieconomica.

Sulla destituzione del presidente Morales subito si è immaginata una congiura internazionale per privatizzare il litio boliviano (a ciò hanno anche contribuito i tweet di Elion Musk, fondatore di Tesla). Difficile da dimostrare, inoltre la sinistra è nuovamente al potere con Luis Arce, ex ministro dell’Economia di Morales.

Però una questione è vera, grandi potenze si stanno affacciando in Sud America a caccia di litio. Tra gli altri cinesi, americani e tedeschi.

Il gigante asiatico sta investendo enormemente nel continente sud americano e, non è esente, il settore dell’estrazione del litio, con investimenti soprattutto in Argentina, che ha liberalizzato completamente il settore, e in Cile.

Alla competizione geopolitica per il litio, di cui tutti sono consci (anche l’UE), si aggiunge un problema rilevante: quello dell’acqua.

Infatti se da un lato il litio deve aiutare la transizione ecologica, dall’altro la sua estrazione ha un non trascurabile impatto ambientale.

Secondo le Nazioni Unite, infatti, per produrre una tonnellata di litio sono necessari circa 1.8 milioni di litri d’acqua. Considerando che spesso i giacimenti di litio sono in aree desertiche il processo estrattivo crea un forte scompenso idrico. Infatti, anche se l’acqua nell’impianto viene tendenzialmente recuperata, la grossa quantità che ne serve ed il difficile contesto ambientale delle saline sud americane rende il problema degno di nota. Ad esempio in Cile, nel lago salino Salar di Atacama le attività di estrazione hanno consumato il 65% della quantità d’acqua presente.

Inoltre c’è anche una notevole emissione di CO2 derivante dal processo di estrazione, lavorazione e trasporto, quantificabile dalle 5 alle 15 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di litio.

Approcci più sostenibili nell’estrazione di litio dalle saline non sembrano di immediata realizzazione, e ciò può sollevare dubbi sull’effettiva centralità delle batterie al litio all’interno di politiche realmente green. Soprattutto poi se si pensa non solo al processo di estrazione, lavorazione e trasporto ma anche allo smaltimento della batteria stessa.

Infine è da considerare l’impatto che l’attività estrattiva più lo scompenso idrico ha sulle varie popolazioni rurali della zona del “triangolo del litio” che da anni sono in agitazione contro lo sfruttamento delle loro terre, soprattutto in Cile.

Si può sostenere quindi che per quanto sia importante far diventare il nostro sistema ambientalmente sostenibile, bisogna procedere al contempo senza approcci ideologici, ma valutare tutte le criticità. Il caso del litio è esemplificativo: grossi interessi geopolitici e di colossi imprenditoriali si muovono su un elemento che, oltre essere importante per l’economia green, è centrale per la realpoiltik. Gli interessi di potere spesso sovrastano le migliori intenzioni.

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