“L’automotive ha un calo del 100% eppure diamo lavoro a 1milione e 600 mila persone. Dobbiamo riaprire le fabbriche. Le aziende sono aperte perché stiamo scoprendo un nuovo modo di lavorare da remoto ma poi la mobilità resta essenziale. Non so se questo settore riprenderà i volumi pre Covid-19. Ancora dobbiamo uscire dalla fase 1 e ne usciremo solo se saremo molto severi, a partire dalle nostre aziende”. Giorgio Marsiaj, presidente dell’Amma (Associazione meccaniche e meccanotroniche) e fondatore della Sabelt, raccoglie tutto il grido dall’allarme delle imprese torinesi e piemontesi.
ECCO I NEGOZI CHE RIAPRIRANNO IL 14 APRILE. TUTTE LE NOVITA’
PIEMONTE E TORINO: A RISCHIO TESSUTO INDUSTRIALE
La regione ha la più alta concentrazione in Italia di aziende dell’indotto automotive e per questo Torino e il Piemonte rischiano di pagare il prezzo più alto, dal punto di vista industriale, alla crisi da Covid-19. Le immatricolazioni a marzo sono calate dell’85,4% e ad aprile si va verso il 90%. Marsiaj parla di “uno tsunami senza precedenti, una Pearl Harbour che colpisce duramente la filiera produttiva torinese e piemontese”.
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I NUMERI DELL’AUTOMOTIVE IN PIEMONTE
In Piemonte, infatti, nell’automotive operano circa 750 imprese, pari al 35% dell’intero comparto in Italia, con circa 70 mila occupati diretti e indiretti. La metalmeccanica rappresenta circa il 60% dell’export piemontese. Il fatturato prima del Covid-19 era il 40% di quello totale italiano del settore. Numeri che preoccupano per la tenuta dell’intero tessuto industriale italiano.
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MARSIAJ: BISOGNA RINVIARE NORME SUI LIMITI DELLE EMISSIONI
Un altro tema strategico per la ripartenza, spiega Marsiaj, è la necessità “di rinviare di qualche anno l’entrata in vigore delle nuove norme europee sui limiti alle emissioni delle vetture”. “Dobbiamo pensare prima di tutto alla sopravvivenza delle nostre aziende e al mantenimento dell’occupazione. Dobbiamo ripartire da qui, tutti insieme, per poter progettare il futuro del nostro territorio”, sottolinea il fondatore della Sabelt.
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I CONSIGLI DI CONFINDUSTRIA PIEMONTE
E dalle Confindustrie di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che in totale rappresentano il 45% del Pil italiano, arriva un documento sulla definizione di un’agenda per la riapertura ordinata e in piena sicurezza del cuore del sistema economico. Si parte dalla consapevolezza che all’emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica. “Se le quattro principali regioni del Nord non potranno ripartire nel breve periodo l’Italia rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”, scrivono gli industriali che chiedono di concretizzare la “Fase 2”.
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COME RIPARTIRE
Il criterio guida, sostengono, deve essere “la sicurezza” e non i codici Ateco. A livello regionale, spiega Confindustria, “occorre condividere con i Servizi Sanitari modelli di collaborazione in cui le imprese diventano luoghi in cui si attuano le politiche per la salute a partire dalle attività di screening preventivo con l’ausilio di test sierologici validati o con programmi coordinati di tamponi sul territorio”. Un primo passo è la cabina di regia costituita dalla regione Piemonte con assessori e direttori dei settori economici con l’obiettivo di portare avanti il piano competitività, rimodulare i fondi e ricercare nuove risorse. Coinvolto anche Finpiemonte. Per la ripartenza, invece, la Regione sottolinea che dipende dal parere degli esperti ma che sarà comunque graduale. Il governatore, Alberto Cirio, auspica omogeneità per aree da parte del governo, guardando a regole che valgano per il nord ovest. E che si tenga conto di alcune variabili come età. Anche perché in Piemonte l’emergenza sanitaria non sta rallentando come nelle altre zone d’Italia.
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SUPERARE I CODICI ATECO
Proprio per “superare i codici Ateco”, si è formato un gruppo di lavoro al Politecnico, su impulso anche dei Giovani dell’Unione Industriale guidati da Alberto Lazzaro, che hanno iniziato la sperimentazione di una metodologia basata sull’utilizzo coordinato di tecnologie informatiche e test – sierologici rapidi su card e tamponi rapidi molecolari– che coinvolge cinque aziende e un migliaio di dipendenti, per garantire il rientro a lavoro in condizioni di sicurezza. Il gruppo di lavoro mira a sperimentare il “modello Corea” basato sull’uso capillare dei tamponi e su tempi rapidi di gestione dei dati su una piattaforma unica, in ottica big data. Una soluzione che integra l’uso di app per il tracciamento dei dati e i test per implementare un sistema di monitoraggio in tempo reale delle persone infette e di quelle potenzialmente infette da Coronavirus, individuando le persone appena contagiate per intervenire il prima possibile con il trattamento sanitario, per evitare il peggioramento delle condizioni di salute.