L’azienda automobilistica giapponese Suzuki è finita nel mirino delle autorità giudiziarie europee per presunti motori diesel truccati con dispositivi che avrebbero fatte apparire i veicoli “più puliti” nei test rispetto a quanto poi non lo fossero veramente nell’uso quotidiano.
I Paesi coinvolti nelle perquisizioni sono Germania, Italia e Ungheria.
LA NOTIZIA
A dare la notizia, ripresa da diverse agenzie di stampa, è stata Eurojust, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale.
Suzuki, che in Europa ha sede in Germania, “dovrebbe essere a conoscenza del fatto che a partire dal 2018 i motori diesel sono stati equipaggiati con i dispositivi per ‘abbellire’ le emissioni”, ha detto l’Agenzia.
L’ACCUSA
La casa automobilistica nipponica, si legge su Quattroruote, “è accusata di frode in commercio per aver venduto ai clienti veicoli che presumibilmente non soddisfacevano i requisiti per l’omologazione Euro 6. Secondo l’ufficio del pubblico ministero, i presunti dispositivi illegali riducono o disattivano completamente i meccanismi di controllo delle emissioni in numerose condizioni di uso quotidiano, determinando, di conseguenza, livelli di ossidi di azoto superiori ai limiti di legge”.
I PAESI COINVOLTI
Le perquisizioni sono state condotte in Germania, Italia e Ungheria e hanno l’obiettivo di raccogliere documenti, dati e corrispondenza per verificare se effettivamente siano stati utilizzati dispositivi non ammessi per “truccare” i dati sulle emissioni dei motori diesel montati su alcuni modelli Suzuki.
Le informazioni raccolte saranno successivamente analizzate dalle autorità giudiziarie interessate.
COSA C’ENTRA L’ITALIA
I dispositivi finiti sotto la lente delle autorità sono stati costruiti in Italia e assemblati in Ungheria. In particolare, Fca Italia ha fornito a Suzuki i motori e Marelli la centralina che gestisce le emissioni dei motori.
LE SEDI PERQUISITE
Le perquisizioni riguardano le sedi commerciali di Bensheim e Heidelberg in Germania, Corbetta (Milano) in Italia e Esztergom in Ungheria.
Nel nostro Paese, le perquisizioni vengono svolte dalla polizia di Torino e dalla Guardia di Finanza di Torino e Milano.
Oltre alla Procura di Francoforte, per la Germania è coinvolta nelle indagini la polizia dell’Assia e per l’Ungheria la polizia della contea di Komárom-Esztergom.
IL COMMENTO DI STELLANTIS
“Fca Italia – ha commentato Stellantis – è stata informata di una richiesta di fornire informazioni e documenti in relazione a ulteriori attività di indagine della Procura di Francoforte in merito all’utilizzo di software di controllo delle emissioni presumibilmente inammissibili nei motori diesel forniti alla Suzuki. Ciò fa seguito alle attività di indagine su accuse simili condotte nel 2020. La società continuerà a collaborare pienamente alle indagini in materia”.
IL COMMENTO DI MARELLI
Marelli, secondo quanto riportato da Ansa, non commenta nel dettaglio, ma conferma “la piena collaborazione con le autorità nella loro investigazione. Marelli è convinta di aver operato sempre nel pieno rispetto delle normative”.
Già nel 2016, l’azienda aveva risposto a un questionario sul sistema emissioni Ue verificando che tutte le attività erano conformi alle regole.
I MODELLI COINVOLTI
Gli investigatori, secondo Quattroruote, sospettano che Suzuki abbia venduto più di 22 mila modelli di SX4 S-Cross, Swift e Vitara con motori diesel (DDiS Euro 6 da 1,3, 1,6 e 2 litri di cilindrata) dotati di sistemi illegali per la manipolazione dei gas di scarico.
I PRECEDENTI DI SUZUKI E STELLANTIS
Nel 2018, ricorda Repubblica, il ministero dei Trasporti di Tokyo aveva fatto sapere che Suzuki aveva ammesso di aver falsificato i test di controllo dell’inquinamento di alcuni veicoli.
E secondo quanto scritto da Reuters, Stellantis – nata all’inizio del 2021 dalla fusione tra Fiat Chrysler (Fca) e la francese PSA – ha detto che già l’anno scorso era stata messa sotto inchiesta da un tribunale di Parigi per accuse di frode ai consumatori relative alla vendita di veicoli diesel tra il 2014 e il 2017.
IL DIESELGATE VOLKSWAGEN
L’uso di software illegali aveva già portato allo scandalo denominato Dieselgate in cui era stata coinvolta Volkswagen nel 2015, il più grande caso di questo genere fino a oggi.
Volkswagen ha ammesso di aver usato il software per truccare i test dei motori diesel e di aver poi venduto in tutto il mondo 11 milioni di veicoli coinvolti.
Finora, riferisce Reuters, lo scandalo è costato alla casa automobilistica tedesca più di 40 miliardi di dollari in riadattamenti di veicoli, multe e accantonamenti per future richieste legali.