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Marina Militare Paesi Bassi

Damen, ecco come saranno le future navi multiruolo della Marina dei Paesi Bassi

Tutti i dettagli sulle future “multifunctional support vessel” della Reale Marina Militare dei Paesi Bassi

Non c’è dubbio, se c’è un Paese della Nato che ha preso sul serio la questione dell’aumento delle spese militari (per adeguare, rinnovare e potenziare le rispettive Forze Armate) questo è i Paesi Bassi. Un solo dato per spiegare il percorso di Amsterdam; nel breve volgere di 3 anni, e cioè dal 2022 (anno dell’invasione Russa dell’Ucraina) al 2024 la spesa militare stessa è stata aumentata di oltre il 40% in termini reali, raggiungendo e superano il fatidico 2% nel rapporto percentuale tra spese per la Difesa e Pil.

Ma accanto a questo aspetto più strettamente finanziario ne deve essere sottolineato anche un altro; proprio la Reale Marina Militare di Amsterdam (o Koninklijke Marine, abbreviata KM) che è al centro delle attenzioni in quanto a programmi di rinnovamento e potenziamento, sta anche dimostrando una notevole capacità di innovazione Lo si era già visto con il  programma delle nuove unità da trasporto anfibio e ora questa spinta innovativa la si ritrova anche in questo, relativo per l’appunto alla realizzazione di 2 “Multifunctional support vessel”.

LA GENESI DEL PROGRAMMA

Di queste nuove unità si comincia a parlare appena nel 2022 e fin da quel momento la KM dimostra di voler seguire un approccio fuori dagli schemi. L’idea di partenza è infatti quella di immettere in servizio delle unità relativamente piccole e con un equipaggio ridotto per funzionare da “magazzino (di missili) supplementare”, in grado di accompagnare le unità maggiori e assicurare loro una maggiore potenza di fuoco grazie ai missili presenti a bordo. Questo concetto viene quindi chiamato “The Rapidly Increased Firepower Capability” (TRIFIC); 2 sono le caratteristiche principali che fin da subito vengono individuate per queste piattaforme e cioè derivazione da navi commerciali (per contenere i costi) nonché armamento modulare (per la massima flessibilità operativa).

Nel frattempo il concetto comincia ad evolvere, aggiungendo tra le missioni previste anche quella di garantire la sorveglianza e la protezione delle infrastrutture critiche di interesse nel Mare del Nord; a cambiare è così anche il nome, che diventa “Modular Integrated Capability for ACDF and North Sea” (MICAN). In questo nuovo step, si segnala dunque il maggior accento sulle capacità di sorveglianza.

Questo fino alla novità degli ultimi giorni, rappresentata dalla comunicazione del Ministro della Difesa Gijs Tuinman al Parlamento di Amsterdam con la quale annuncia la propria decisione di accelerare nello sviluppo di questo programma, evidenziandone al tempo stesso una sua ulteriore evoluzione. Adesso queste unità dovranno essere anche in grado di garantire il supporto di fuoco alle operazioni anfibie; e questo mentre anche le capacità in termini di Guerra Elettronica (Electronic Warfare o EW) saranno a loro volta incrementate.

In questa stessa comunicazione, Tuinman ribadisce la scelta di una piattaforma commerciale (per contenere, come detto, i costi e per accelerare lo sviluppo del programma), il numero di unità previste (saranno 2 ma se l’esperienza operativa sarà soddisfacente si salirà rapidamente a 4), quella del cantiere che realizzerà le navi, il set di sistemi principali imbarcati, i tempi di realizzazione (la prima unità dovrebbe essere congegnata nel 2026, con i primi sistemi installati nei mesi successivi ed entrambe le unità operative nel 2027) e, infine, i costi (per ora con una forchetta molto ampia che varia tra 250 e 1.000 milioni di €, comprendente comunque anche il supporto logistico e i costi operativi).

CHE NAVI SARANNO LE “MULTIFUNCTIONAL SUPPORT VESSEL” PER LA MARINA DEI PAESI BASSI

Il primo dato a oggi noto è quello del cantiere che realizzerà queste nuove navi; si tratta del gruppo cantieristico locale Damen, “storico” fornitore della Koninklijke Marine e uno dei maggiori al mondo. Il combinato disposto di questa prima informazione unita alle (pur sempre scarne) indicazioni provenienti da varie fonti consente comunque di azzardare un’ipotesi su quella che potrebbe essere la piattaforma prescelta come base per le nuove unità; nello specifico, si dovrebbe trattare della FSC (Fast Crew Supplier) 5009.

Tipica nave pensata per operare nel settore del supporto alle attività “offshore” in ambito civile, essa è presente nel catalogo Damen sia come unità civile, sia in una ipotetica versione militare. Caratterizzata dalla tipica prua del tipo “Axe bow”, la FSC 5009 presenta una lunghezza di 53,2 metri e una larghezza massima di 9,8; il tutto per un dislocamento di circa 550 tonnellate (valore peraltro destinato a cambiare in virtù dei nuovi ruoli assegnati). E’ da notare che le prime indicazioni facevano riferimento a piattaforme ancora più grandi, con lunghezze tra i 60 e i 70 metri.

L’impianto propulsivo è nel complesso piuttosto “esuberante”. Di base infatti la FSC 5009 viene offerta in configurazione basata su 4 motori Caterpillar per una potenza totale di circa 6.000 hp ma il dato interessante è che questo tipo di piattaforma può avere configurazioni diverse; sono infatti disponibili versioni che ospitano motori (sempre Caterpillar o, in alternativa MTU) più potenti. Nel caso specifico, si ipotizzano una configurazione con una potenza totale installata di circa 9.500 hp, capace di imprimere una velocità massima di 27 nodi e con una autonomia di oltre 3.000 miglia alla velocità di pattugliamento di 10/16 nodi. Dunque, valori compatibili con il tipo di missioni assegnate; sopratutto in funzione dell’eventuale accompagnamento di altre unità più grandi. Sempre in termini di caratteristiche tecniche rilevanti, l’ampio spazio presente sul ponte di coperta, pari a 225 m²; spazio che tornerà utile per l’installazione dei vari armamenti.

L’equipaggio di base è costituito da appena 8 uomini ma a bordo ci sono gli spazi per accoglierne comodamente almeno altri 8. In questo senso, si può ipotizzare che, soprattutto nell’ambito delle missioni più impegnative (quelle cioè che prevedono una “robusta” presenza di sistemi d’arma a bordo), sulle  “Multifunctional support vessel” potranno essere presenti più uomini per la gestione/operatività di tali sistemi. Nel caso invece di missioni più semplici (ad esempio, la sola sorveglianza), le esigenze in termini di personale imbarcato potranno essere meno importanti.

LA VERA NOVITÀ: L’APPROCCIO MODULARE

Se da una parte la scelta del cantiere Damen è apparsa perfino obbligata, più interessante la scelta di un unico fornitore dei sistemi d’arma nella figura del gruppo Israeliano della difesa IAI (Israel Aerospace Industries); quest’ultimo fornirà dunque in una particolare configurazione “containerizzata” i missili da difesa aerea Barak-ER e le “loitering munition” (o munizioni circuitanti) Harop.

La presenza dei primi è legata alle situazioni in cui le “Multifunctional support vessel” accompagneranno le fregate della Koninklijke Marine e saranno in grado dunque in grado ad aumentare il numero di missili per la difesa aerea; andando ad aggiungersi a quelli già presenti sulle fregate stesse e, grazie alla loro dispersione su più piattaforme, aumentando anche la “survivabilty” degli assetti operativi. Le seconde invece saranno presenti nell’ambito delle missioni di supporto di fuoco a terra nelle operazioni anfibie; con capacità di attacco anche in profondità.

Originale, come detto, la configurazione “containerizzata” scelta per entrambi; missili e munizioni saranno cioè installati in appositi contenitori posizionati sull’ampio ponte di coperta, pronti a essere installati/disinstallati e sostituiti con relativa facilità. La stessa configurazione varrà anche per la non meglio precisata suite di “Electronic Warfare”. Infine, per quanto non direttamente specificato, appare comunque molto probabile anche la presenza di una torretta dotata di un cannone di piccolo calibro per l’autodifesa di queste unità.

Da queste brevi note diventa dunque evidente l’approccio innovativo scelto; anzi, il doppio approccio. Da una parte la filosofia operativa che sta alla base delle future “Multifunctional support vessel”, ovvero piattaforme che saranno sì in grado di operare da sole ma, al tempo stesso, potranno trasformarsi in “gregarie” per altre navi/per altre operazioni. Il tutto con un probabile occhio alla loro successiva trasformazione in piattaforme “unmmaned”; prive cioè di equipaggio a bordo e, quindi, controllate da remoto. Il secondo, la grande flessibilità garantita dalla configurazione basata su container dotati di sistemi differenti (d’arma ma non solo) che consentirà, come appena visto, una agevole riconfigurazione per missioni anche molto diverse tra loro.

 

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