L’Inflation Reduction Act, il corposo pacchetto di aiuti a sostegno dell’economia americana che contiene, tra le pieghe, diverse proposte inizialmente previste nel Build Back Better, il maxi piano green voluto e difeso dal presidente Joe Biden ma arenato al Congresso, continua a far discutere i partner occidentali dell’America. Questa settimana è previsto un incontro tra i funzionari sudcoreani con le controparti statunitensi per esprimere “preoccupazioni” del governo del proprio Paese in merito alle conseguenze sul fronte automotive dell’Inflation Reduction Act statunitense, dato che non solo limita chi può ricevere i sussidi statunitensi per la produzione di veicoli elettrici ma impone anche dove le aziende possano rifornirsi di materiali per le batterie, costringendo i marchi esteri a investire miliardi per avviare una filiera completamente americana.
INFLATION REDUCTION ACT, LA COREA DEL SUD NON CI STA
Quella di Seul è stata finora la cancelleria ad avere rumoreggiato maggiormente, consapevole che, rebus sic stantibus, i suoi maschi principali, Hyundai e Kia, verrebbero esclusi dagli incentivi per le auto EV, finendo quindi fuori mercato. Seul poi sa bene che ridisegnare la sua filiera, che al momento è prettamente asiatica e ‘Cina-centrica’, costerebbe alle sue industrie davvero molto.
Secondo un funzionario del ministero degli Esteri sudcoreano, il titolare del dicastero, Park Jin, ha immediatamente espresso le sue preoccupazioni per la nuova legislazione statunitense durante una telefonata con il segretario di Stato americano, Antony Blinken. C’è andato ancora più pesante il Ministro dell’Industria Lee Chang-yang che ha dichiarato durante una sessione parlamentare che la Corea del Sud intende presentare un reclamo all’Organizzazione Mondiale del Commercio, convinto che la legge possa violare le regole dell’OMC, l’Organizzazione mondiale del commercio come pure gli accordi bilaterali di libero scambio in essere tra la Corea del Sud e gli Stati Uniti.
ASSE SEUL – BRUXELLES CONTRO L’INFLATION REDUCTION ACT?
“La Corea del Sud e la Germania, che esportano veicoli elettrici negli Stati Uniti, condividono le stesse preoccupazioni in merito alla legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione e abbiamo intenzione di cercare nuovi modi di cooperazione, come per esempio confrontarci con la Germania e l’Unione Europea nel prossimo futuro”, fanno sapere dal ministero dell’Industria sudcoreano, evidentemente in cerca di una sponda per fare pressione su Washington.
Se Stellantis può sfruttare la sua doppia anima Ue/USA per aggirare le misure protezionistiche, la Germania è senza dubbio il Paese che rischia di essere tagliato fuori dalla competizione sull’elettrico, con Porsche per esempio che, allo stato attuale, non ha requisiti per poter beneficiare degli incentivi per le auto EV. Per questo Seul strizza l’occhio a Berlino perché smuova l’intero Vecchio continente. Del resto Bruxelles, per mezzo della portavoce della Commissione Miriam García Ferrer, nelle settimane passate non aveva certo usato mezze parole: «L’Unione Europea è seriamente preoccupata da questa nuova, potenziale, barriera commerciale transatlantica attualmente in discussione negli Stati Uniti. Pensiamo che la proposta di legge sia discriminatoria verso ai produttori stranieri rispetto a quelli statunitensi». Secondo la Commissione europea, aveva poi aggiunto la portavoce, l’Inflation Reduction Act statunitense violerebbe le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. Per questo Bruxelles «esorta gli Stati Uniti a rimuovere gli elementi discriminatori e a garantire che rispetti le regole del Wto».
DEBOLE LA RISPOSTA NIPPONICA
Si è mossa anche la Japan Automobile Manufacturers Association, principale lobby del Paese, che ha subito fatto sapere che “vigilerà e valuterà il da farsi” mentre il governo nipponico, finora, ha preferito tacere. La stessa omologa statunitense, l’Alliance for Automotive Innovation, ha evidenziato come il nuovo pacchetto ponga immediatamente fine ai crediti per circa il 70% dei 72 modelli che erano precedentemente ammissibili, ha dichiarato.
HYUNDAI E HONDA APRIRANNO FABBRICHE NEGLI USA
Ma, in realtà, brusii a parte, le grandi case estere che operano negli USA sanno bene che i rispettivi governi potranno fare poco per contrastare le norme protezionistiche volute dallo stesso presidente Biden per privilegiare i marchi che hanno una filiera di produzione, anche delle batterie per auto EV, prettamente o prevalentemente statunitense. La Casa Bianca, del resto, non vuole solo aiutare i marchi di casa propria, ma soprattutto depotenziare Pechino. E nulla riuscirà a farla desistere. Per questo diversi attori esteri hanno già annunciato che accelereranno con la costruzione di gigafactory e impianti su suolo americano.
Secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa Yonhap, la sudcoreana Hyundai Motor Co avrebbe già deciso di anticipare la data della costruzione di un impianto di veicoli elettrici e batterie negli Stati Uniti già a partire da quest’anno. A maggio Hyundai Motor aveva dichiarato che avrebbe iniziato a costruire il suo nuovo impianto in Georgia all’inizio del 2023 e che la produzione commerciale sarebbe iniziata nella prima metà del 2025 con una capacità annua di 300.000 unità. Ora, con l’intervento del pacchetto anti inflazione che introduce limiti di carattere territoriale per la fruizione degli incentivi all’acquisto delle auto EV, la sudcoreana si sarebbe convinta ad anticipare la data della costruzione.
Parallelamente, si stanno muovendo anche i giapponesi di Honda Motor che con i sudcoreani di LG Energy Solution Ltd hanno dichiarato che lavoreranno gomito a gomito a un nuovo impianto di batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici negli Stati Uniti. Prima di costruire l’impianto, le due società dovrebbero costituire una joint venture. L’inizio della costruzione è previsto per l’inizio del 2023 e la produzione di massa per la fine del 2025. L’investimento per la joint venture nippo-coreana sarà di 4,4 miliardi di dollari, cifra analoga a quella messa sul piatto da Panasonic per costruire l’impianto che farà batterie per Tesla. L’obiettivo di Honda e LG è aprire una gigafactory dalla capacità produttiva annuale di circa 40 GWh, con le batterie fornite esclusivamente agli impianti Honda in Nord America per alimentare i modelli EV di Honda e Acura. L’ubicazione dell’impianto non è ancora stata definita, ma il quotidiano economico Nikkei ha riferito che le due aziende stanno valutando l’Ohio, dove si trova lo stabilimento principale della Honda.
All’inizio di quest’anno, Honda aveva fissato l’obiettivo di lanciare 30 modelli di veicoli elettrici a livello globale e di produrre circa 2 milioni di veicoli elettrici all’anno entro il 2030. Le due aziende hanno dichiarato che la combinazione di una forte produzione locale di veicoli elettrici e la fornitura tempestiva di batterie le metterà “nella posizione migliore per puntare al mercato nordamericano dei veicoli elettrici in rapida crescita”.
LA CALIFORNIA METTE AL BANDO I MOTORI A COMBUSTIONE
Intanto, il California Air Resources Board ha votato per l’adozione di un’ambiziosa normativa che richieda di mettere al bando, entro i prossimi 12 anni, i mezzi con motori endotermici. Per la precisione, secondo il testo, tutte le nuove auto vendute nel più popoloso Stato americano dovranno essere elettriche o ibride plug-in entro il 2035. Le norme, che sono state adottate da più di una dozzina di Stati americani, devono ancora essere approvate dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti.
Gli USA, insomma, stanno spingendo i costruttori automobilistici a cambiare registro e ad abbandonare le motorizzazioni endotermiche. Proprio come l’Ue. Ma, a differenza dell’Ue, stanno costringendo anche i principali protagonisti sul mercato a favorire filiere interne, per sottrarre potere economico alla Cina. La maggior parte delle Case del Vecchio continente, invece, ha rapporti sempre più stretti col Dragone, che è ormai il principale fornitore di materie prime e, in tanti casi, il Paese in cui avviene il grosso della produzione delle auto EV. Quale sarà la strategia migliore?