Un aspetto spesso non sufficientemente approfondito nell’ambito dell’attuale corsa al riarmo navale, soprattutto nell’aerea dell’Indo-Pacifico, è rappresentato dal fatto che tale processo non riguarda solo le Marine Militari; al contrario, esso coinvolge anche le Guardie Costiere di molti Paesi.
Corpi questi a carattere prevalentemente civile ma che con il tempo hanno visto comunque crescere i loro compiti e la loro importanza, incorporando sempre più unità, a loro volta sempre più grandi e capaci. Emblematico in questo senso il percorso di sviluppo di quelle della Cina, Corea del Sud, Indonesia, Filippine, Taiwan, Vietnam così come della Guardia Costiera del Giappone.
Proprio quest’ultima, dopo le prime informazioni circolate già nel giugno scorso, con la presentazione del proprio budget per il prossimo anno ha ufficialmente confermato in pieno quelle stesse informazioni. Per essere più precisi, la Japan Coast Guard (JCG) intende avviare già nel 2025 la costruzione di una Multi-Purpose Patrol Vessel (MPPV) destinata a diventare l’ammiraglia della propria flotta. E che ammiraglia!
COS’È LA JAPAN COAST GUARD (JCG), LA GUARDIA COSTIERA DEL GIAPPONE
Prima di entrare nel dettaglio delle (peraltro ancora scarne) indicazioni sulle caratteristiche e le capacità di questa futura MMPV, qualche breve cenno sulla JCG. Si tratta di un Corpo che dipende dal “Ministry of Land, Infrastructure, Transport and Tourism” e i cui compiti principali sono rappresentati dalla polizia e vigilanza in ambito marittimo, soccorso in mare e protezione civile, ricerca idro-oceanografica e controllo/gestione del traffico marittimo.
Corpo civile sì ma con alcuni collegamenti con la Marina Militare di Tokyo (la Japan Maritime Self Defence Force o JMSDF) in diverse funzioni e ancora di più in caso di crisi o guerra. Anche se è interessante evidenziare come da più parti si stia levando le voci di chi sostiene come, a fronte della crescente aggressività Cinese nella regione, anche la JCG dovrebbe evolvere e assumere a sua volta un ruolo più aggressivo; anche in una prospettiva di maggior collaborazione/integrazione con la JMSDF medesima.
L’organico della JCG è composto da quasi 15.000 persone, con un dato che appare ancora più interessante; una flotta cioè comprendente oltre 450 tra navi e imbarcazioni. E se la maggiore parte di esse sono di ridotte dimensioni, 146 sono invece classificate “patrol vessel”; con dimensione e caratteristiche cioè più significative. Di tali “patrol vessel”, circa la metà presentano poi un dislocamento di oltre 1.000 tonnellate mentre al vertice della linea di unità in dotazione troviamo i pattugliatori della classe Shikishima/Reimei con un dislocamento di ben 9.300 tonnellate. A completamento di questo breve identikit, la disponibilità di 95 velivoli: 36 aerei e 59 elicotteri (e, in futuro, arriveranno anche droni). Dunque, numeri davvero importanti.
COME SARÀ LA MPPV
Tornando a questa futura piattaforma, i dettagli noti a oggi non sono molti; ma occorre dire che quei pochi restituiscono già un quadro molto interessante. Per la MPPV si prevede infatti una lunghezza di 199 metri e un dislocamento di qualcosa come 30.000 tonnellate. Un valore “enorme” quest’ultimo, che la porrà in una posizione di primato assoluto; mai fino a oggi si era arrivati a tale livello di dislocamento per una unità di una qualsiasi Guardia Costiera nel mondo.
Da record anche il costo, a oggi stimato nell’equivalente di 480 milioni di dollari; a fronte di una costruzione che dovrebbe per l’appunto avere inizio il prossimo anno per portare a una consegna alla JCG nel 2029. Non è stato ancora comunicato per il momento il cantiere prescelto anche se, come abbondantemente noto, in Giappone non mancano certo i soggetti industriali perfettamente in grado di portare a termine l’impegno.
Tra le altre informazioni di massima già rese note c’è il set di missioni previste; la MPPV dovrà essere in grado rispondere alle necessità determinate da calamità naturali (tema evidentemente molto sensibile per il Giappone) e da incidenti in mare (incendi e/o naufragi di navi). Inoltre, dovrà poter svolgere la funzione di base mobile “offshore” in contesti diversi e dovrà potrà provvedere all’evacuazione in caso di crisi o minaccia imminente; tema quest’ultimo su cui ci sarà modo di tornare in seguito. Infine, tra le missioni indicate c’è anche quella di contribuire al contrasto della pesca cosiddetta “Illegal, Unreported and Unregulated” (IUU); di fatto, quella che potremmo definire come pesca di frodo, un fenomeno che proprio nella regione del Pacifico ha assunto proporzioni allarmanti, ancora una volta in particolare per responsabilità della Cina.
Per questo motivo, la MPPV sarà dotata di un ponte di volo capace di far operare simultaneamente 2 elicotteri medi mentre un ampio hangar sarà in grado di ospitarne altri 3. A prua sarà poi presente un altrettanto ampio spazio destinato a ospitare più imbarcazioni (di vario tipo) che si serviranno di una gru per la loro messa in mare e il recupero. Le dimensioni di questa unità saranno tali da consentirle di ospitare fino a 1.000 persone in caso di emergenza (che ovviamente possono essere civili ma, anche, eventuali soccorritori), pur conservando gli spazi per trasportare anche veicoli di varia natura e materiali vari.
Come si accennava in precedenza, il Giappone ha previsto ormai da tempo dei piani di evacuazione delle isole che sono più vicine a Taiwan; infatti, qualora dovesse scoppiare una crisi tale da coinvolgere questa isola (o le stesse Senkaku, amministrate dal Giappone ma anch’esse reclamante sempre dalla Cina), per Tokyo si potrebbe porre il problema di dover per l’appunto evacuare i propri cittadini residenti nelle isole più meridionali; nello specifico, le Sakishima.
Un tema che sta diventando sempre più presente nel dibattito politico Giapponese e al quale l’arrivo della MPPV darà una prima risposta; fermo restando che ciò non basterà e quindi sia la JCG, sia la JMDSF dovranno ancora potenziare le loro capacità in questo senso. Capacità che peraltro hanno una doppia valenza, nel senso che disporre di navi in grado di trasportare grandi quantità di persone e mezzi civili, ovviamente significa che in caso di necessità esse possono farlo anche con altre persone e mezzi ma questa volta militari.
LA P DI “PATROL” PERÒ NON CONVINCE
Nel senso che in realtà i compiti in termini di pattugliamento per questa MPPV non potranno che essere solo sulla carta, dato che la JCG ha già precisato che questa piattaforma non disporrà di nessun tipo di sistema d’arma. A differenza in questo di tutte le maggiori unità della stessa JCG che, al contrario sono dotate di un armamento sia pure leggero (ovvero, cannoni di piccolo calibro) installato ai soli fini dell’autodifesa e in funzione dei compiti di polizia marittima.
E se da una parte questa scelta operata per la MPPV può avere un senso alla luce delle missioni prevalentemente “pacifiche” assegnate a questa futura nave, dall’altra solleva dubbi perché questa piattaforma sarà comunque totalmente indifesa nei confronti di eventuali minacce esterne e incapace di affrontare scenari che potenzialmente possono richiedere un uso della forza, sia pure minimo. Riproponendo dunque il tema della adeguatezza delle dotazioni (e del mandato) della JCG di fronte a un contesto che invece ogni giorno che passa diventa sempre più “caldo” in quella regione.