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Tpl

Come rivoluzionare il trasporto pubblico locale (causa Covid e non solo)

Dobbiamo pensare ad un nuovo concetto della mobilità e rivoluzionare il Trasporto pubblico locale. L'intervento di Marco Foti

 

Asstra, l’associazione delle aziende del trasporto pubblico urbano ed extraurbano, nello studio “Il distanziamento interpersonale nel settore del trasporto pubblico locale e scolastico” dello scorso mese di agosto, suggerisce alcune linee di intervento in relazione all’esercizio soddisfacente dei servizi erogati dalle aziende associate. Una particolare analisi rappresenta graficamente la variazione della capienza dei mezzi (posti disponibili) al variare dei costi prodotti per soddisfare la domanda di mobilità. In tal senso, una nuova riduzione della capacità dei mezzi di trasporto pubblico, siano essi bus siano tram e metropolitane, andrebbe a generare un costo non sopportabile per la collettività.

L’ufficio Studi di Asstra, simulando una capienza dei mezzi di trasporto pubblico locale al 50%, rileva una criticità importante in quanto ogni giorno “si impedirebbe a circa 275 mila persone di beneficiare del servizio di trasporto sia per motivi di studio che di lavoro. Le ulteriori limitazioni al servizio di Tpl obbligherebbero buona parte dell’utenza a fare ricorso alla mobilità privata per continuare ad effettuare i propri spostamenti. Ipotizzando che l’utenza trasferisca le proprie abitudini di mobilità dal mezzo pubblico all’autovettura, si potrebbero generare da oltre 42 mila a oltre 250 mila spostamenti in auto in più ogni giorno solo nelle ore di punta mattutine”.

Una riduzione della capienza dei mezzi, oltre al danno economico, comporterebbe la mancata garanzia del “diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni. Appare evidente come le ulteriori limitazioni al servizio di Tpl obbligherebbero buona parte dell’utenza a fare ricorso alla mobilità privata per continuare a effettuare i propri spostamenti”.

Su questi aspetti mi sono espresso più volte, lanciando veri e propri gridi di allarme per un settore vitale dell’economia italiana (il trasporto pubblico locale e tutto quello che gravita intorno). Per cui devo riprendere una frase postata nel mese di maggio: “Nessuno sembra essere consapevole delle dimensioni del problema Tpl in Italia”.

È fuor di dubbio, nei limiti del rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie, che si debba garantire il diritto alla mobilità per tutti i cittadini. Ricordo, giusto per i più distratti, che l’Istituto Nazionale di Statistica stima una mobilità sistematica giornaliera per 30 milioni di abitanti (ovvero, la metà della popolazione residente si sposta per motivi di lavoro, sanità e scuola) ed il 50% di questi si sposta al di fuori del proprio comune di residenza. Immaginate, ad un tratto, se il Tpl riducesse drasticamente la sua “forza”. Gli scenari sarebbero inimmaginabili in quanto le infrastrutture stradali non potrebbero contenere neanche una minima parte della mobilità “trasferita” dai mezzi pubblici ai mezzi privati. Asstra, su questo aspetto, ha effettuato le giuste simulazioni.

Per cui, come si può agire?

È inevitabile. Dobbiamo pensare ad un nuovo concetto della mobilità, una cosiddetta “normalità urbana”. A partire dal Mit per poi finire alle Regione ed agli Enti Locali, il filo conduttore che dovrà guidare i territori oggi, adesso (e non dopo) è la riprogettazione del proprio «sistema di mobilità» a fronte di una discontinuità straordinaria della domanda (in termini di modi e tempi), in uno scenario completamente trasformato che va a determinare una serie di nuovi vincoli e requisiti dal punto di vista tecnico, organizzativo, economico-finanziario.

Il Tpl non può essere pensato come lo è oggi: il disegno delle linee, ad esempio, dovrà essere radicalmente cambiato. L’ambito urbano dovrà essere caratterizzato da linee brevi e frequenti, tali da essere erogate con un programma di esercizio sostenibile a parità di risorse (mezzi, autisti, ecc). Anche Asstra suggerisce di “preservare l’unitarietà del concetto di rete, evitando la compromissione dell’equilibrio dei contratti di servizio esistenti. L’incremento dell’offerta può essere attuato dalle aziende titolari dei contratti di servizio utilizzando anche lo strumento dei subaffidamenti, fermo restando la copertura economica”. Mi sembra chiaro, poco da aggiungere.

Il concetto di rete è tradotto in servizi di breve distanza e nodi di interscambio per rimodulare l’offerta di trasporto a copertura dell’elasticità della domanda di mobilità. Ci vuole coraggio per avviare un cambiamento epocale del trasporto pubblico. Ancora oggi si rilevano servizi totalmente “scarichi”, a dispetto di situazioni che fanno rabbrividire dal punto di vista del distanziamento sociale. Bisogna uscire dalla logica dei servizi di Tpl a carattere assistenziale, sociale. Il Tpl deve essere programmato per trasportare persone e non per far viaggiare i mezzi vuoti. Adottare logiche di “servizi non tradizionali” aiuta a trasportare la domanda laddove i servizi tradizionali sono enormemente inefficienti.

Gli strumenti ci sono. Le aziende di Tpl ormai hanno maturato un’esperienza significativa sul campo, gli Enti locali sono dotati di uffici e personale, le Regioni hanno le competenze (e le deleghe) per organizzare i servizi in ambito extraurbano. La tecnologia ci aiuta a supportare questo processo: FCD, IOT, blockchain sono alcune di queste, senza tralasciare il sistema ormai collaudato dei conta passeggeri a bordo dei mezzi. Oggi, più che mai, necessario a monitorare la reale capienza dei mezzi.

Only the brave.

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