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Come migliorare il PNRR su mobilità e sostenibilità. I consigli di Motus-E a Draghi

L'intervento di Dino Marcozzi, segretario generale di Motus-E, sul Pnrr

“Entro il mese di aprile va presentato alla Commissione europea il piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei ed è fortemente auspicabile che questo avvenga prima di quella data di scadenza, perché quegli indispensabili finanziamenti vengano impegnati presto. E prima si presenta il piano, più tempo si ha per il confronto con la Commissione. Questa ha due mesi di tempo per discutere il piano con il nostro Governo, con un mese ulteriore per il Consiglio europeo per approvarlo. Occorrerà quindi successivamente provvedere tempestivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli”.

Riteniamo opportuno partire da questo estratto del drammatico discorso del Presidente Mattarella al termine dell’ultimo tentativo di recuperare un governo politico al nostro Paese. Il dibattito sui fondi del Piano Next Generation EU sarà centrale e il Presidente della Repubblica ha espresso chiaramente il senso di urgenza e il fatto che il contenuto del piano dovrà essere prima discusso per essere poi approvato. Ma soprattutto ci concentreremmo sul significato delle ultime parole “provvedere tempestivamente al loro utilizzo per non rischiare di perderli”. Ricordiamo infatti, e molti lo dimenticano, che la Commissione Europea ha dettato le linee-guida per il Piano, ma soprattutto ha indicato l’orizzonte temporale per la erogazione: il 2026.

L’Italia ha chiesto e ottenuto la possibilità di avere a disposizione una quantità di fondi senza pari in Europa ma il piano dovrà essere “ambizioso e realistico” come le stesse linee-guida ricordano. La sostenibilità e la transizione nella mobilità sono temi centrali nei piani UE e su questo dovremmo concentrarci, ma sempre con realismo.

Vediamo il Pnrr della Germania: i fondi richiesti sono complessivamente 29,3 miliardi, tutti a fondo perduto. Ebbene, di questi ben 8,2 miliardi sono indirizzati alla mobilità sostenibile. Ed è da sottolineare che la Germania sta correndo con un vantaggio di anni rispetto all’Italia, avendo già impostato piani per decine di miliardi tra pubblico e privato e con un mercato di auto elettriche dieci volte più grande.

Nella bozza di Pnrr attualmente in esame in Parlamento, la sostenibilità e in particolare la mobilità hanno un ruolo decisamente insufficiente, mentre si rilevano progetti decisamente irrealistici o velleitari, soprattutto (ricordiamolo sempre) nell’orizzonte temporale richiesto. Prendiamo ad esempio l’idrogeno, in particolare per la mobilità: realmente pensiamo di ottenere fondi entro il 2026 per una tecnologia dimostrata inefficiente nei trasporti su strada, che è compatibile con gli obiettivi di decarbonizzazione solo se “verde” e solo se applicata all’industria, o dove non c’è alternativa? Questa è la strada migliore per non farsi approvare il Piano. Eppure, anche da rappresentanti dell’industria automotive italiana, asse portante del nostro comparto manifatturiero si evince un senso di “cupio dissolvi” del tipo “ormai abbiamo perso la strada dell’elettrico, puntiamo direttamente al futuro lontano (e incerto)”.

Ma l’industria non è domani, è oggi. Il rischio che il nostro sistema industriale perda quote di mercato è già concreto, proprio oggi che il costruttore nazionale è fortemente concentrato sull’elettrico ed i fornitori di componenti stanno cercando di affermarsi con tutti i costruttori esteri (in molti casi con risultati di eccellenza).

Il Pnrr dimentica inoltre la sostenibilità delle nostre città, che sono state certificate come le più inquinate d’Europa anche a causa della mobilità, e non supporta la realizzazione di Piani Urbani che incentivino la mobilità elettrica di persone e merci su gomma, le flotte, le infrastrutture di ricarica dei mezzi.

Parlare, come fa il Piano, solo di infrastrutture di ricarica nei distributori di carburante, significa non aver compreso il cambio di paradigma introdotto dalla mobilità elettrica, nel quale il mezzo si ricarica mentre possiamo fare altre cose come lavorare o riposare, dunque indirizzare ai privati e alle aziende, oltre che ai classici distributori. Le infrastrutture sono quelle che servono, adesso e ovunque, per alimentare la nostra industria.

Motus-E ha presentato a tutti i possibili interlocutori un pacchetto di azioni di re-indirizzamento del Pnrr, che cercano di essere ambiziose ma realistiche, grazie al contributo degli stakeholder della mobilità elettrica che partecipano ai propri gruppi di lavoro. Questo piano, sviluppato nei livelli di Domanda, Offerta e Infrastrutture è consultabile liberamente sul nostro sito.

Ricordiamo dunque l’orizzonte al 2026 e soprattutto pensiamo che trent’anni dopo toccherà alla Next Generation ripagarli, e solo un’industria solida e capace di generare Pil potrà permetterlo.

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