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Landini

Chi sbanda sulle autostrade

La sentenza del Tar sulla diatriba governo-Strada dei parchi vista da Giuliano Cazzola

 

Non solo le cronache locali, ma anche quelle nazionali sono tornate ad occuparsi dell’ultimo episodio della ‘’guerra delle autostrade’’ che ha caratterizzato l’attuale legislatura, fin dall’inizio, dopo la tragedia di Genova. In questo caso si tratta della controversia tra il governo e la Strada dei Parchi (SdP), la società concessionaria della gestione delle autostrada laziali e abruzzesi, di proprietà del gruppo industriale che fa capo a Carlo Toto. Il Tar del Lazio ha, infatti, accolto la richiesta di sospensiva presentata dalla società in risposta alla revoca anticipata in danno, cioè per inadempienze contrattuali, della concessione in scadenza nel 2030, decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione dell’8 luglio. La concessionaria non ha impugnato il decreto legge, non essendo questo di competenza del Tar, ma il decreto del Ministero per le Infrastrutture e per la mobilità sostenibili (Mims) che è stato richiamato nel decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri (Cdm) e che ha dato forza allo stesso provvedimento del governo. Così, la gestione dell’Anas, disposta dal governo in sostituzione di, è durata solo quattro giorni, durante i quali si è lavorato al passaggio di consegne tra le due società per la gestione delle due arterie autostradali.

Lo stato del procedimento, per ora, si limita all’accoglimento, con decreto cautelare monocratico, della richiesta di sospensiva presentata dagli avvocati della società. Quanto all’esame del merito la trattazione collegiale del ricorso in camera di consiglio è già fissata per il prossimo 7 settembre. I motivi di urgenza alla base della decisione del Tar (12 luglio) riguardano il pericolo che la Spa privata e il gruppo industriale abruzzese (1.700 dipendenti) che la controlla potrebbero avere serie problematiche economiche, prima della definizione della vicenda, tanto da rischiare il default economico. Inoltre, il decreto del governo dell’8 luglio (è bene non fare confusione tra i due provvedimenti) si limita a contemplare la possibilità (ma non l’obbligo) di assorbimento dei dipendenti, con l’esclusione dei dirigenti, di SdP e di altre due società del Gruppo Toto. Questo del personale è uno degli aspetti per cui i giudici amministrativi hanno deciso la sospensione in riferimento al rischio che la stessa Sdp e il Gruppo Toto dovessero licenziare i dipendenti a seguito dell’ingresso in una fase di gravi difficoltà economiche. Il decreto del Tar (12 luglio) che ha disposto la sospensiva ha ricapitolato la documentazione presentata dalla società ricorrente in relazione a: 1.un pericolo di “default di Strada dei Parchi”, in quanto quest’ultima non potrebbe “più contare né sui flussi finanziari provenienti dalle tariffe autostradali (pressoché la sua unica fonte di entrata: a partire dalla notte dell’8 luglio u.s.), infatti, Anas è divenuta titolare del diritto di riscuotere i pedaggi lungo le autostrade A24 e A25), né sull’indennizzo che le spetta in base alle previsioni della Convenzione Unica. Ragione per cui nel breve e medio periodo, avrà enormi difficoltà nel tener fede alle proprie obbligazioni”; 2. la prospettiva di licenziamento del “personale non richiesto da ANAS, tra cui tutto il personale operativo con qualifica dirigenziale, non essendo neppure ipotizzabile che lo stesso personale possa restare in servizio una volta cessato il rapporto concessorio”, atteso che “l’art 2, comma 3, lett. a), del D.L. citato prevede che ANAS si avvale di parte del personale non dirigenziale alle dipendenze di Strada dei Parchi S.p.A., di Global Service S.p.A, e di Infraingeneering S.r.l. rimborsando i relativi oneri”; 3. un “pericolo di default finanziario dell’intero gruppo”, atteso che “l’eventuale default di Strada dei Parchi per effetto dei provvedimenti gravati in questa sede comporta automaticamente il pericolo di una estensione degli effetti finanziari negativi sull’intero gruppo, che opera in altri settori dell’economia italiana e che assicura il lavoro a centinaia di persone”; 4. nonché – in disparte il pure paventato danno erariale – un pregiudizio per “l’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione stradale”, atteso che “la gestione in sicurezza di una infrastruttura critica come le autostrade A24 e A25 …richiede la piena operatività di una organizzazione collaudata che possa far fronte alle esigenze, anche immediate e urgenti, che si presentano. Il decreto dirigenziale e il decreto interministeriale impugnati, anche per effetto del DL citato, impongono una sostituzione nella gestione immediata con l’azzeramento ad horas della intera struttura dirigenziale della società”.

Il decreto del Tar, poi, oltre a prendere atto dei precedenti rilievi, sottolinea che il decreto legge nel disporre l’immediata cessazione dell’operatività del rapporto di concessione in essere, nulla preveda in tema di disciplina intertemporale dei relativi effetti, a mezzo della quale avrebbero potuto trovare compiuta regolamentazione (vieppiù opportuna, ove si consideri la evidente complessità denotante la gestione di una struttura autostradale) le modalità di transito delle relative attribuzioni ad altro soggetto (ANAS).

Al di là del linguaggio tecnico-giuridico, il Tar ritiene, in sostanza, che, nelle more del giudizio, la gestione di alcune importanti autostrade non possa divenire oggetto di un trasloco di competenze che metterebbe a rischio importanti interessi economici, sociali e occupazionali. Alla stregua, cioè, di un povero cane abbandonato in autostrada.

Certamente, trattandosi di accuse di inadempienze contrattuali, a fare luce sarà la decisione di merito in sede collegiale. Tuttavia, senza azzardarsi in paragoni tra le due fattispecie, anche un profano si accorgerebbe delle differenze e delle cautele con cui viene affrontato il caso SdP spa rispetto alla nota vicenda di Autostrade per l’Italia. Nel senso che spetta al giudice naturale accertare e sanzionare le responsabilità civili e penali dei cittadini. Anche se il governo ha dimostrato la medesima disinvoltura che a suo tempo manifestò Danilo Toninelli. La giustizia amministrativa, giustamente, si è posta il problema delle conseguenze economiche del ‘’fare giustizia’’ in modo sbrigativo, come avviene troppo spesso in materia penale.

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