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diga foranea di Genova

Che cosa succederà alla diga foranea di Genova?

A poche ore dalla decisione dell'Anac di passare le proprie osservazioni sugli appalti per la realizzazione della diga foranea di Genova alla Procura e alla Corte dei Conti, sono aumentati dubbi e incertezze

Dopo l’intervento a gamba tesa dell’Anac sugli appalti per la realizzazione della diga foranea di Genova il mondo politico, ma anche quello amministrativo e istituzionale provano a riannodare i fili, comprendere cosa stia accadendo e, soprattutto, quale sarà la portata delle possibili conseguenze.

LA FINE DEL MODELLO GENOVA?

Un fatto è certo: se l’Anac dovesse aver ragione, tramonterebbe già quel “modello Genova” che pure aveva fatto scuola e prometteva di essere duplicato più e più volte in un Paese che vive di sole emergenze. Le tribolazioni politiche tra la regione Emilia Romagna, colpita da due brutte alluvioni nel corso del 2023 e Roma avevano comunque già fatto capire quanto fosse delicato trovare la quadra sul nome del commissario che il “modello Genova” vorrebbe essere il politico di riferimento territorialmente più vicino al luogo del disastro.

TRAMONTA ANCHE IL SOGNO DEL SUPER COMMISSARIO?

Ma è proprio la figura del commissario a rischiare maggiormente di uscire stropicciata dalla faccenda, se le più pesanti contestazioni dell’Anac avessero uno strascico giudiziario in grado di sfociare in condanna.

Se i rilievi dell’Autorità avessero un peso specifico dal punto di vista penale vorrebbe dire non solo che quei famigerati controlli ex ante guardati con insofferenza dal mondo politico servono e non vanno aboliti, ma pure che “l’uomo solo al comando”, benché in loco non è necessariamente in grado di garantire che tutti i soldi messi sul piatto vengano spesi solo nell’interesse della propria comunità piuttosto che a favore di certi appaltatori.

COSA DICE IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, minimizza («Ancora una volta un’opera fondamentale per Genova, per la Liguria ma anche per tutto il Paese viene contestata per un vizio di forma e non di sostanza»), ma pare non aver inteso affatto la portata dei rilievi dell’Autorità anticorruzione, che parla invece di un modus operandi del tutto illegittimo, volto a favorire il soggetto individuato per l’appalto, senza gara e con possibili sperperi di denaro pubblico in caso di varianti accettate “a monte” dell’opera, praticamente a scatola chiusa.

LA DIGA FORANEA DI GENOVA E IL PNRR

Quel che è certo, è che già a poche ore dalla decisione dell’Anac di passare le proprie osservazioni alla Procura e alla Corte dei Conti, sono aumentati dubbi e incertezze. A iniziare da un interrogativo cruciale: dove si colloca l’opera rispetto al Pnrr? Giorgio Santilli, giornalista esperto di opere pubbliche, sul Foglio sembra non avere dubbi: “quasi tutti i titoli dicono che la Diga foranea di Genova è un’opera inserita nel Pnrr: non è vero. L’opera – spiega – gode delle semplificazioni del Pnrr perché inserita in un elenco del decreto legge 77/2021 ed è inserita nel Piano nazionale complementare al Pnrr (che la finanzia con 500 milioni). La differenza è abissale in termini di controlli UE, contabilizzazioni dentro Regis, scadenze temporali cogenti, eccetera.”

COSA DICE L’ANAC

Eppure, come lo stesso Santilli riporta (“paradossalmente la stessa delibera Anac in alcuni passaggi dice che la Diga foranea di Genova è un’opera inserita nel Pnrr”), tale assunto è ribadito negli atti e nelle dichiarazioni dell’Autorità.

Lo ha fatto ancora nelle ultime ore, rispondendo – un po’ irritualmente – alle critiche piovute dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini e spiegando di essere intervenuta “non con l’intento di fermare l’opera, il cui carattere strategico e fondamentale non viene messo in discussione ma, al contrario, proprio per scongiurare che tale importate realizzazione possa subire blocchi o ritardi in seguito, in ragione del mancato rispetto delle procedure di legge, ponendo anche a rischio i finanziamenti Pnrr”.

PNRR Sì O NO?

La stessa Anac sostiene che l’opera sia finanziata con i fondi messi a disposizione da Bruxelles a seguito della pandemia. Non si tratta di un “vizio di forma” (come direbbe Toti), perché se è un’opera del Next Generation Eu è stata validata dalla Commissione europea e quest’ultima allora avrebbe pure possibilità di sindacare sull’avanzamento e sulla regolarità dei lavori.

Se invece è un’opera che si limita a sfruttare la corsia preferenziale delle infrastrutture del Pnrr, allora, la confusione aumenta ancora di più e a maggior ragione non si capisce il perché di tale iter accelerato rispetto alla norma.

In quest’ultimo caso, bisognerebbe chiarire perché si sarebbe scelto di velocizzare il percorso burocratico anche a discapito dei controlli, non essendo una infrastruttura caratterizzata da quei requisiti di necessità e urgenza che potrebbero giustificare simili regole?

Pensando a Genova, del resto, sono altre le infrastrutture urgenti, come per esempio lo scolmatore sul Bisagno utile a evitare le alluvioni, che peraltro ha visto proprio in questi giorni la riabilitazione dell’interdittiva antimafia sul consorzio che ne ha in carico la realizzazione. Ennesimo esempio che i controlli servono?

L’ASSEGNO AGGIUNTIVO DA 330 MILIONI DI EURO

Indipendentemente dal fatto che l’opera sia stata o meno sottoposta a Bruxelles quando l’Italia ha presentato il suo Piano di resilienza e ripartenza, certamente sono collegati al Pnrr gli ultimi fondi arrivati da Roma.

Per Shipping Italy, quotidiano on-line dedicato ai trasporti marittimi sarebbero anche “destinate tutte alla nuova diga foranea di Genova le risorse aggiunte dal Governo al programma “Sviluppo dell’accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali” nell’ambito del decreto con cui ha recentemente rimodulato il Fondo complementare (Pnc) al Pnrr.” Si tratta di 330 milioni.

Sempre Santilli infatti dalle colonne del Foglio denuncia: “il governo nel decreto legge Pnrr infila 330 milioni di rifinanziamento utili evidentemente per aggiustare conti che non tornavano fra un’aggiudicazione a 825 milioni e un costo dichiarato di 1,3 miliardi; ma ce li infila alla chetichella, facendoli passare come rifinanziamento dello “sviluppo dell’accessibilità marittima” (e per fortuna stavolta la Ragioneria fa opera meritoria di trasparenza segnalando la destinazione dei fondi nella Relazione tecnica del comma 6 dell’articolo 1)”.

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