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Trimestrali Automotive Usa

Perché negli Usa si vendono meno auto ma le Case incassano di più

Anche negli Usa le trimestrali delle big delle automotive raccontano storie di un comparto in difficoltà, che diminuisce le vendite massimizzando i profitti

Seconda parte dell’analisi delle trimestrali del comparto automotive. Questa volta si guarda ai Colossi del comparto USA, che ospitano alcuni dei marchi più diffusi a livello globale. Anche questi dati ci raccontano ciò che abbiamo già letto in quelli del Vecchio continente: la situazione è eccezionalmente difficile e sta spingendo, da ormai diversi mesi, le Case a sospendere la produzione dei modelli meno convenienti per concentrarsi su prodotti lanciati da poco (le spese di sviluppo devono essere ammortizzate velocemente), sui veicoli elettrificati (necessari sia per restare competitivi, sia per inseguire gli incentivi e ridurre le emissioni di flotta così da evitare le multe) ma soprattutto sui modelli di fascia alta, di lusso o semplicemente quelli con le dotazioni più esclusive. Sono questi i modi principali attraverso i quali i costruttori, pur vendendo molto meno per i problemi che ci sono noti (chiusure per Covid, difficoltà di approvvigionamento alla catena di montaggio, difficoltà nella logistica) hanno guadagnato di più su ogni singola vendita. Anche perché se i grandi marchi USA speravano di veder ripartire le vendite in tempi brevi grazie al piano di incentivi green promessi dall’amministrazione Biden, la guerra tra Russia e Ucraina potrebbe rimandare tutto…

TRIMESTRALI, COSA FANNO LE BIG USA DELL’AUTOMOTIVE

Partendo da GM, il gruppo ha registrato un aumento del fatturato che, seppur inferiore a quello messo in conto dagli analisti, resta a doppia cifra (dell’11% nel periodo) a 36 miliardi di dollari, mentre il suo utile netto è leggermente diminuito, del 3%, a 2,9 miliardi di dollari. Tutto ciò, comunque, a fronte di vendite in calo da 1,74 milioni a 1,43 milioni di unità. Fa storia a sé Tesla, la sola che, con 305.407 veicoli registra un consistente aumento nella produzione (+69% anno su anno), partendo del resto da cifre molto più basse. Contemporaneamente, la Casa guidata da Elon Musk ha messo nero su bianco ricavi per 18,756 miliardi di dollari rispetto ai 10,389 miliardi di un anno prima (+81%) con utile netto di 3,318 miliardi in salita verticale rispetto ai 438 milioni di fine marzo 2021. Questo naturalmente non vuol dire che sia immune alle difficoltà che attanagliano le altre, soprattutto lato catena di montaggio, con stop-and-go forzati (per esempio a Shangai per Covid) che potrebbero ridurre l’apporto delle gigafactory di Berlino e del Texas. Molto sarà più chiaro con la prossima trimestrale. Di Ford, più che per i numeri economici, al momento si parla per le massicce vendite di azioni di Rivian Automotive, startup statunitense di pick-up elettrici che pareva la nuova rivale di Tesla.

TEMPI DURI PER RIVIAN

La giovane realtà, che ha spinto GM a correre sulla produzione di fuoristrada EV, sembrava destinata a diventare protagonista di questa nuova era più ecologica e a fine anno 2021 si era quotata a Wall Street con una maxi IPO. Dopodiché sono iniziati i problemi, dovuti alla mancanza di materie prime che hanno fatto mancare gli obiettivi di produttività e saltare diverse commesse. Com’è noto, Rivian ha già pesato notevolmente sulla trimestrale Amazon, che ha registrato una perdita netta di 3,8 miliardi di dollari nel primo trimestre 2022, inclusa una perdita di 7,6 miliardi di dollari in relazione al valore della sua partecipazione nel produttore di veicoli elettrici. Dal canto suo, l’altro grande azionista della startup, Ford, ha venduto prima 8 milioni di azioni e poi in un’altra seduta altre 7 milioni.

 

A spaventare gli investitori, con ogni probabilità, non tanto il fatto che Rivian sia in rosso (ha dichiarato di aver registrato una perdita di quasi 5 miliardi di dollari nel 2021), terreno comune a tutte le startup, quanto che il nuovo marchio automobilistico sia stato costretto a tagliare fortemente la produzione e abbia ammesso di prevedere di produrre solo 25.000 pickup elettrici e Suv per quest’anno. Dovrebbe essere scongiurato, invece, un progressivo disimpegno di Amazon. Sia perché rischierebbe di affossare irreversibilmente il titolo, sia perché il colosso dell’e-commerce attende la produzione in massa dei furgoni elettrici per iniziare a sostituire le proprie flotte.

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