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Auto elettrica, sulle batterie servono fondi pubblici o l’Ue soccomberà a Usa e Cina. Report

Secondo la Federazione europea per i trasporti e l'ambiente, il Vecchio continente deve dotarsi di una politica industriale capace di controbilanciare gli incentivi statunitensi: senza fondi pubblici per il mercato delle batterie per l'automotive rischiamo di finire schiacciati tra le politiche protezionistiche degli States e la baldanza asiatica.

Mettere in pausa le teorie liberali (già accantonate, più o meno in tutto il mondo, Europa inclusa, con la pandemia e con la guerra), rimandare ulteriormente il giorno in cui tornerà in vigore il divieto agli aiuti di Stato e foraggiare il mercato dell’automotive e, in particolare, l’asset strategico delle batterie con flussi di denaro pubblico. Lo chiede la Federazione europea per i trasporti e l’ambiente, più comunemente nota come Transport & Environment (T&E), che accoglie sotto il proprio vessillo le organizzazioni non governative che operano nel campo dei trasporti promotrici della mobilità sostenibile.

batterie fondi pubblici

DUE TIPI DI CONCORRENZA SLEALE: ASIATICA E AMERICANA

In un suo ultimo report incentrato sulle possibili controffensive all’Ira di Joe Biden, ovvero l’Inflation Reduction Act, il pacchetto di norme protezionistiche che favoriscono le industrie che hanno una filiera nei 50 Stati, sfavorendo al contempo gli importatori, Transport & Environment evidenzia il rischio che le imprese impegnati in progetti sul suolo comunitario possano essere incentivate a trasferire le loro attività negli Stati Uniti sulla spinta delle agevolazioni fiscali e degli altri sussidi previsti dall’Ira.

FONDI PUBBLICI PER LE BATTERIE, TUTTI D’ACCORDO? NO

Per questo, l’organizzazione suggerisce a Bruxelles di dotarsi di un fondo sovrano europeo per il sostegno alle tecnologie verdi da finanziare attraverso l’emissione comune di debito. Del resto l’Ue ha già emesso nel recente passato green bond garantiti dalla tripla A di cui gode l’Ue sui mercati (anche grazie all’apporto dei Paesi nordici, non a caso contrari a nuovo debito comune) usati per finanziare interventi mirati sulla transizione ecologica.

E un piano analogo, una sorta di Ira europea, è già allo studio della Commissione, ma in questo caso oltre ai Frugali occorre vincere pure le resistenze della Germania, che con la Cina fa tantissimi affari, specie in campo automotive e non è troppo propensa ad alzare muri di natura protezionistica, visto che i marchi cinesi stanno per debuttare sul suolo Comunitario e potrebbero vendicarsi con le industrie del Vecchio continente a cui hanno aperto il proprio, sterminato, mercato interno.

COSA POTREMMO FARE SE…

Eppure finanziare il mercato dell’auto elettrica e delle batterie con fondi pubblici per T&E sarebbe l’unico modo per garantire “parità di condizioni per tutti gli Stati membri”, evitando che chi dispone di risorse maggiori offra “generosi aiuti pubblici alle aziende” nazionali. Il fondo, come riportato su Quattroruote, dovrebbe offrire “esclusivamente supporto ai comparti produttivi interessati dall’Ira” (veicoli elettrici, batterie ed energie rinnovabili) ed erogare risorse “direttamente alle imprese” al contrario del Recovery and Resilience Facility (Rrf) europeo, quindi nel caso prevedere fondi da utilizzare come garanzie bancarie.

Secondo il rapporto, due terzi della domanda europea di catodi – che contengono materie prime critiche – potrebberoo essere prodotti a livello comunitario già entro il 2027. Tra i progetti di produzione di catodi esistenti e in programma figurano Umicore in Polonia, Northvolt in Svezia e BASF in Germania.

Anche la dipendenza dalla Cina per la raffinazione e la lavorazione dei metalli delle batterie potrebbe diminuire drasticamente: secondo le previsioni di T&E, oltre il 50% della domanda di litio raffinato in Europa potrebbe provenire da progetti europei entro il 2030. Tra questi, RockTech Lithium e Vulcan Energy Resources in Germania e Imerys in Francia. Naturalmente, per quanto riguarda le nuove attività estrattive nei 27 Stati, dovrà essere rispettata la condizione che siano a norma di legge e quella comunitaria racchiude i più elevati standard ambientali.

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