E’ solo questione di tempo, poco. L’auto elettrica conquisterà le strade italiane, ce lo chiede (o ce lo impone) l’Europa. La lotta ai cambiamenti climatici e la transizione energetica passano anche dall’addio al motore endotermico, per fare spazio a batterie e combustibili alternatici.
Eppure l’Italia sembra ignorare quanto a breve dovrebbe accadere. Sul fronte della rete di ricarica siamo in forte ritardo. Lo sprint nelle vendite registrato negli ultimi 12 mesi farà la differenza?
Forse, ma i nodi da sciogliere sono molteplici, come denuncia nella sezione Dataroom del Corriere della sera Milena Gabanelli con “Auto elettrica obbligatoria: perché l’Italia è ferma“.
Andiamo per gradi.
I NUMERI DELLE AUTO ELETTRICHE
Partiamo dai numeri. In Italia circolano, al 31 gennaio 2022, 244.944 veicoli elettrici, di cui 125.789 auto full electric e 119.155 auto Phev, ibride plug-in, secondo i dati dell’ultima rilevazione mensile di Motus-E.
I numeri dovrebbero schizzare nei prossimi anni. E secondo le previsioni comunicate a Bruxelles, diventeranno 6 milioni entro il 2030 e 19 milioni entro il 2050. Tra circa 28 anni serviranno oltre 32 Twh di energia elettrica.
I NUMERI DELLE COLONNINE
E serviranno infrastrutture e punti di ricarica. Molti di più di quanti ne sono adesso.
Al 31 dicembre 2021 si contano 26.024 punti di ricarica. Le infrastrutture di ricarica (stazioni o colonnine) sono 13.233, in 10.503 location accessibili al pubblico, sempre secondo i dati di Motus-E. I punti di ricarica standard, di tipo lenta da 3-7 kW (o “slow”) e di tipo rapida da 11-22 kW (o “quick”), rappresentano il 73,6% del totale, mentre i punti di ricarica veloci o ultraveloci (con potenza superiore ai 50 kW), costituiscono il 6,1% del totale, al 31 dicembre 2021
Anche su questo fronte i numeri cresceranno, con il contributo del denaro del Pnrr. Si aggiungeranno, entro il 2025, 21.225 punti di ricarica finanziati con 740 milioni del Pnrr.
MANCA UNA MAPPA NAZIONALE DEI PUNTI DI RICARICA
Ma i finanziamenti non bastano. La verità è che i nodi da sciogliere sono molteplici.
In Italia, per esempio, manca ancora una Piattaforma Unica Nazionale (PUN) che convogli, all’interno di un unico database ufficiale e consultabile, tutte le informazioni relative alle infrastrutture pubbliche presenti a livello nazionale. Una mappatura essenziale anche in vista della pianificazione delle “nuove colonnine legate ai bandi del Pnrr”, specifica Milena Gabanelli.
“Il ministero della Transizione ecologica – aggiunge la giornalista- si è impegnato a provvedere con un suo decreto entro metà marzo”.
INTEROPERABULITA’, QUESTA SCONOSCIUTA
Altro nodo da sciogliere è l’interoperabilità, ovvero l’interscambio e l’interazione dei dati e delle strutture tra diversi sistemi. “Oggi può succedere di collegarsi a una colonnina che non ti ricarica l’auto perché appartiene a un operatore diverso da quello con cui hai fatto l’abbonamento”, si legge nell’articolo di Dataroom.
Servono più accordi tra aziende e brand in nome di una sempre maggiore diffusione delle auto elettriche.
COLONNINE, AUTORIZZAZIONI E MANCATA CORRENTE
E ancora. Ad oggi il 13% delle colonnine installate non è attaccata alla rete. La questione, spesso, va ben oltre la burocrazia, con infrastrutture collocate dove la corrente non arriva. In questo 2022 è auspicabile che gli 8.000 comuni adottino un approccio unificato, approvando dei “regolamenti con basi standard e coordinandosi con i gestori delle reti elettriche”, scrive Milena Gabanelli.
TROPPE POCHE COLONNINE IN AUTOSTRADA
Anche sulla collocazione c’è ancora tanto da fare. A livello geografico, il 57% circa delle infrastrutture è distribuito nel Nord Italia, il 23% circa nel Centro, mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. Il 34% è situato nei capoluoghi di provincia e il restante negli altri comuni. La Lombardia, con 4.542 punti, rimane la regione più virtuosa e da sola possiede il 17% di tutti i punti di ricarica nazionale.
Situazione ben peggiore anche sulle autostrade. Ad oggi risultano installati 118 punti di ricarica pubblici, di questi il 78% ricaricano a potenze superiori ai 43 kW (in DC), mentre il restante 22% ha una potenza di ricarica inferiore o uguale a 43 kW (AC): si contano soltanto 1,2 punti di ricarica veloce o ultraveloce ogni 100 km di rete autostradale.
Numeri troppo bassi se si pensa che secondo una norma del 2018, dovrebbe esserci una colonnina di ricarica veloce ogni 50 chilometri. Dovrebbero aumentare in breve tempo, ma nessun concessionario, denuncia l’articolo di Dataroom, “sta procedendo tramite gara, perché l’Autorità delle regolazioni dei trasporti nel maggio scorso si è presa nove mesi per definire gli schemi dei bandi. Sono ormai passati e, se si pensa che la concorrenza abbia effetti positivi, le gare devono essere obbligatorie”.
Un tema sottolineato anche dai vertici di Enel.
LA QUESTIONE CONDOMINI
Altra questione è quella dei condomini, dove installare una colonnina di ricarica nelle aree comuni o nei garage risulta ancora difficile.
“Servono procedure che agevolino l’operazione”, auspica Milena Gabanelli.