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Parlamento Europeo Protezione Dati

Ecco gli effetti per Bmw, Daimler, Fca e Honda delle nuove norme Ue sulle emissioni auto

Che cosa temono Bmw, Daimler, Fca e Honda con i target alti per i tagli alle emissioni delle auto. Al via negoziati tra Parlamento Ue e Commissione per target definitivi. 

C’è un compromesso, ma i numeri del taglio delle emissioni non sono ancora definitivi. Nelle scorse ore, dopo 13 ore di lunghissimi negoziati, i ministri dell’Ambiente Ue hanno deciso un taglio del 35% delle emissioni auto al 2030 e del 30% per i van.

La soluzione non piace a diversi Paesi e alle case automobilistiche, che dovranno fare i conti con una riorganizzazione del lavoro. E intanto il Parlamento Ue chiede target più alti: quale sarà la decisione definitiva?

IL TAGLIO CHE VUOLE LA COMMISSIONE UE

“Dopo 13 ore di negoziati, siamo sollevati”, ha annunciato il ministro dell’Ambiente austriaco Elisabeth Köstinger, che presiedeva la riunione. A Lussemburgo è stato raggiunto il compromesso: le emissioni medie di CO2 delle autovetture nuove immatricolate nell’Unione europea dovranno essere ridotte del 15% nel 2025 e del 35% nel 2030 rispetto ai limiti di emissione validi nel 2021. Per i furgoni il Consiglio conferma gli obiettivi proposti dalla Commissione europea: 15% nel 2025 e 30% nel 2030.

A votare a favore di questi target sono stati 20 Paesi Ue, 4 i contrari e 4 gli astenuti. In particolare, il taglio al 35% non ha convinto Irlanda, Lussemburgo, Slovenia, Danimarca, Svezia e Olanda.
“Sono soddisfatto, con questo approccio generale potremo rispettare gli accordi presi a Parigi”, ha commentato il commissario Ue al clima Miguel Arias Canete.

LE RICHIESTE DEL PARLAMENTO

L’europarlamento aveva chiesto qualcosa di più ambizioso, con quote minime sulle auto elettriche. La Commissione Envi di Strasburgo ha votato per una riduzione del 20% delle emissioni entro il 2025 e del 40% entro il 2030. Non solo: il 35% delle auto nuove vendute a partire dal 2030 dovranno essere elettriche o ibride.

ALLA RICERCA DI UN ACCORDO

Bisognerà pur trovare un accordo tra Commissione Ue ed Europarlamento. In queste ore cominceranno già i nuovi negoziati, ma sarà difficile trovare un compromesso per stabilire la soglia finale del taglio.

LA PREOCCUPAZIONE DI ACEA

Su questi argomenti, in questi mesi, si è espressa più volte l’ACEA, associazione che rappresenta i 15 maggiori produttori di auto, furgone, camion e autobus in Europa: BMW Group, DAF Trucks, Daimler, Fiat Chrysler Automobiles, Ford Europa, Honda Motor Europe, Hyundai Motor Europe, Iveco, Jaguar Land Rover, Gruppo PSA, Gruppo Renault, Toyota Motor Europe, Gruppo Volkswagen, Volvo Cars e Volvo Group.

“Restiamo particolarmente preoccupati per gli obiettivi di riduzione della CO2 estremamente aggressivi e per l’imposizione di quote di vendita per i veicoli elettrici a batteria sostenute dai deputati”, ha commentato il segretario generale ACEA, Erik Jonnaert, dopo il voto del Parlamento.

Obiettivi così ambiziosi rischiano “di avere un impatto molto negativo sull’occupazione attraverso la catena del valore del settore automobilistico “, ha dichiarato Jonnaert. “Sarebbe essenzialmente costringere l’industria a una trasformazione drammatica in tempi record”.

COSA SUCCEDERA’ A LLE CASE AUTO

Il settore automobilistico tedesco, in realtà, ha già provato a fare qualche calcolo, su dati forniti da Daimler, BMW, Volkswagen, Bosch, ZF, Schaeffler, su quello che potrebbe accadere con i nuovi target sul taglio alle emissioni (la previsione è stata effettuata sulla prima proposta della Commissione Ue, che prevedeva un taglio al 30%). I metalmeccanici dell’Ig Metall credono che la questione potrebbe costare all’industria dell’auto 75mila posti di lavoro.

Uno studio del Fraunhofer Institute, invece, prova che se si dovessero adottare i target decisi dal Parlamento Ue, si ridurrebbe del 18% l’occupazione nelle fabbriche tedesche di motori. Su scala europea i posti di lavoro a rischio sarebbero 108mila.

QUALI CONSEGUENZE PER FCA?

La transizione all’elettrico è anche prevista dal nuovo piano industriale presentato il 1° giugno da Fca, in cui si decide per l’uscita dal diesel entro il 2021 e si prevedono nove miliardi di investimento sull’elettrico. Un piano come questo avrebbe conseguenze, ovviamente, sugli stabilimenti che producono motori diesel, la Vm di Cento (Ferrara) e Pratola Serra (Avellino), 3.000 lavoratori in totale.

I PRIMI PROBLEMI (EVIDENTI)

C’è da dire, che le emissioni stanno già provocando le prime conseguenze economiche. Bmw, secondo quanto spiega Bloomberg, si attende profitti pre-tasse in moderato calo rispetto al 2017 e ha tagliato le previsioni dell’Ebit margin del segmento automotive: l’azienda di attende ora un 7% rispetto alla precedente previsione compresa tra l’8% e il 10%.

Tra le cause, anche i nuovi test sulle emissioni. Da settembre 2018, infatti, è entrata in vigore a nuova procedura di omologazione europea, la Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedure (WLTP). Si tratta di un test sui gas di scarico più severo e attinente all’uso reale del veicolo rispetto al precedente NEDC: i rilevamenti vengono sempre effettuati in laboratorio, ma con cicli più realistici, e sono previste anche delle prove su strada a completamento denominate RDE (Real Driving Emissions) per rilevare gli ossidi di azoto.

Anche se BMW non si è fatta di certo trovare impreparata, bisogna ammettere che i nuovi test hanno dato origine a ritardi, complicazioni e maggiori spese per le case auto: anche le vetture già a listino, infatti, devono essere omologate secondo i test WLTP.

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