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Ita

Vi racconto cosa succederà a Ita con Lufthansa

Che cosa sta succedendo e succederà a Ita con l'ingresso di Lufthansa. Fatti, sfide e scenari. L'analisi di Paolo Rubino

Di “carneficina sociale e cancellazione di 75 anni di storia” parla un ex pilota Alitalia commentando la decisone del Tribunale del lavoro di Roma che ordina il reintegro in Ita di 77 dipendenti della vecchia compagnia. E mette tristezza questo crepuscolo giudiziario, tutto sommato di misera entità, di una vicenda che non comincia con il trasferimento, nel 2021, degli ultimi resti da una società decotta ad una nuova appositamente creata per accoglierli.

LA VIVISEZIONE DI ALITALIA COMINCIA NEL 2001

L’espressione “good e bad company” ha accompagnato il trasporto aereo nazionale da ben prima del 2021. È all’indomani dell’attacco alle Torri gemelle, nel 2001, che comincia la vivisezione di Alitalia nata cinquant’anni prima da una visionaria aggregazione di asset materiali e competenze risorte in ambito nazionale dal disastro della guerra. Il turnaround del nuovo millennio è plasticamente definito dalla fine dell’era dell’aggregazione e l’inizio di quella della disgregazione. Si comincia col separare il trasporto dei passeggeri dal servizio ai passeggeri.

Nel 2002 la compagnia si scinde in Alitalia trasporto e Alitalia servizi. Ancora non emerge la definizione good e bad, ma implicitamente si assume che good sia lo strumento, il trasporto, bad lo scopo, il servizio ai clienti. Le attività di servizio furono allora ghettizzate in una società apposita da cui sarebbero uscite, una alla volta come gli agnelli del silenzio degli innocenti, per essere consegnate nelle mani di speculatori poco interessati a sviluppare l’impresa e molto invece a tesaurizzare la gratitudine dei politici di stagione per aver loro tolto castagne dal fuoco.

Dal 2008 in avanti, poi, bad e good diventano il mantra lessicale che colpisce la fantasia dei media e dell’opinione pubblica. Da una bad company all’altra, estraendone un pezzo, tautologicamente definito good, sempre più piccolo, sempre più privo di autonomia gestionale e strategica, si arriva alla nocciolina Ita del 2021. L’ultima reincarnazione del trasporto aereo italiano è un ectoplasma la cui misera significatività è certificata dal meschino agire dei suoi vertici, dalla micragnosa rete dei collegamenti progettati, dalla intuibile eterodirezione delle scelte strategiche per acquisti di flotta e mezzi per finanziarla.

Con decreto governativo che, nel 2022, stabilisce per legge che il futuro controllo proprietario di Ita potrà essere affidato esclusivamente ad un’altra impresa di trasporto aereo, in assenza evidente di un soggetto nazionale con tali caratteristiche, si certifica definitivamente che l’Italia rinuncia a svolgere quest’attività industriale.

LA FINE DELLE AMBIZIONI INDUSTRIALI

Chiedersi oggi se la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma possa inquietare Lufthansa è mero gossip. Se infine obbligata a riassumere 77 dipendenti, o anche 777, Lufthansa non mancherà certo di negoziare tale piccolo, ed effimero, sacrificio con concessioni ben più strategiche da parte del governo. L’invito a riflettere è caso mai su un altro tema: la linea di difesa su cui è arretrata oggi la nostra ambizione di un’industria nazionale dei viaggi, del turismo e dell’accoglienza sembra essersi attestata sulla ridotta delle concessioni per il commercio ambulante, delle concessioni balneari e della microimpresa degli appartamenti destinati al B&B. Miserevole fine di ambizioni industriali da decenni retoricamente propagandate.

L’attuazione della direttiva Bolkestein minaccia sempre più da vicino tale ridotta. È più che probabile che la necessità di sostenere, con il consenso di Bruxelles e Francoforte, un debito pubblico sempre più confinato alla spesa per pensioni e sanità di un paese sempre più vecchio, debole e codardo faccia presto crollare anche l’opposizione alla Bolkestein. E un’ulteriore riprova di ciò viene dal silenzio caduto sul programma FRI TUR – PNRR che, dopo gli enfatici annunci del marzo di quest’anno, sembra sparito nell’iperspazio.

Ma d’altronde un paese le cui proiezioni demografiche dicono che ci saranno meno di 50 milioni di abitanti tra qualche decennio appena, con un rapporto 1:1 tra lavoratori e pensionati, perché mai dovrebbe occuparsi di sviluppare robuste attività produttive? Accettare questo futuro vuol dire coerentemente proteggere le piccole rendite, non certo promuovere il rischio d’impresa. E piccole rendite da pensione saranno probabilmente il lenimento per gli ex dipendenti Alitalia. Vien da dire, perciò, che in fondo de minimis non curat praetor!

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