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Bielorussia

Alitalia, ecco perché Ryanair, Easyjet, Volotea e Vueling sbraitano contro il governo

Ryanair, Easyjet, Blu Air, Volotea e Vueling contestano la norma del decreto Rilancio che impone l'adozione da parte delle compagnie del contratto collettivo nazionale del settore ora firmato solo da Alitalia

 

Ryanair, Easyjet, Blu Air, Volotea e Vueling minacciano di abbandonare i cieli italiani. Il decreto Rilancio, che tra l’altro prevede la nazionalizzazione di Alitalia e nel contempo dovrebbe far ripartire l’Italia (turismo e viaggi compresi), rischia di essere il motivo per cui le compagnie low cost abbandonino il nostro mercato.

L’articolo 198 chiede a tutte le compagnie che operano nella penisola l’adozione di un contratto unico nazionale. Pena? Nessun accesso ai Fondi Ristoro. La norma vuole essere un aiuto (mascherato) ad Alitalia? Forse, intanto le low cost fanno squadra e fondano Aicalf.

Andiamo per gradi.

COSA SI CONTESTA

L’articolo contestato dalle low cost è il 198 che obbliga e compagnie ad adottare il contratto nazionale collettivo di Alitalia e ad avere un certificato di operatore aereo italiano per accedere agli aiuti del Fondo di ristoro del settore aereo da 130 milioni previsto nel decreto. L’articolo, infatti, recita: “In considerazione dei danni subiti dall’intero settore dell’aviazione a causa dell’insorgenza dell’epidemia da Covid 19, è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo, con una dotazione di 130 milioni di euro per l’anno 2020, per la compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali (…) in possesso del prescritto Certificato di Operatore Aereo (COA) in corso di validità e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciati dall’Ente nazionale dell’aviazione civile”.

L’accesso al fondo – specifica l’articolo – “è consentito esclusivamente agli operatori che applicano ai propri dipendenti, con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE) 5 ottobre 2012 n. 965/2012, nonché ai dipendenti di terzi da essi utilizzati per lo svolgimento della propria attività trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.

CONTRATTO UNICO NAZIONALE: SOLO ALITALIA

Quello che si chiede alle compagnie low cost, in pratica, è l’adozione del contratto collettivo nazionale del settore che è stato sottoscritto nel luglio 2014 da Assaereo per Alitalia (unica compagnia ad adottarlo).

Le altre compagnie che volano nei cieli italiani hanno ciascuna contratti differenti.

NASCE AICALF

Ryanair, Easyjet, Blu Air, Volotea e Vueling (che insieme rappresentano un comparto che vale più del 50% del traffico aereo di corto raggio) per tutta risposta hanno fondato, a maggio, l’Aicalf, un’associazione di settore la cui presidenza è affidata all’avvocato Matteo Castioni, legale di Ryanair.

“Il decreto rilancio ha fatto da catalizzatore per far nascere questa associazione che era in gestazione da molti mesi”, ha spiegato Castioni. “Le low cost si sono sentite poco rappresentate e poco ascoltate, per cui è stato deciso che era arrivato il momento di associarsi per far arrivare le nostre posizioni alla componente politica”.

CASTIONI: NON ESISTE UN VERO CONTRATTO NAZIONALE

“Le norme contenute del dl rilancio sono discriminatorie e non tutelano il settore nel suo complesso e chi sta creando valore e occupazione in Italia. Occorre estendere la possibilità di accedere al Fondo di ristoro per il trasporto aereo a tutti i vettori che hanno basi e personale nel Paese”, ha detto Castioni.

“Il contratto nazionale di fatto non esiste” – ha aggiunto Castioni – “Assaereo ha un solo iscritto, e cioè Alitalia. E quel contratto riflette un modello di business che non può essere applicato alle low cost”.

NON E’ MODO PER SFUGGIRE A TASSAZIONE

“Questo non significa sfuggire alla tassazione e all’applicazione delle norme italiane. Blue Air, easyJet, Norwegian, Ryanair, Volotea e Vueling applicano tutte contratti di lavoro di diritto italiano al proprio personale di volo e la maggior parte ha stipulato contratti collettivi aziendali con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nelle compagnie, pagando le tasse sul reddito e i contributi in Italia. Occorre il pieno riconoscimento della validità di questi contratti aziendali”, secondo Castioni.

COSA CHIEDONO LE LOW COST

L’associazione si augura “che il Governo italiano possa continuare a stimolare la ripartenza del turismo nel nostro Paese, ma tutelando il settore del trasporto aereo nel suo insieme e non una singola compagnia, evitando di adottare misure protezionistiche con il rischio di determinare una distorsione della concorrenza tra vettori e il ritorno a un contesto di mercato di venti-trent’anni fa, con inimmaginabili perdite per il sistema-Italia nei confronti degli altri Paesi europei”.

DE MICHELI: NON E’ GUERRA ALLE LOW COST

Per Paola De Micheli, Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, deputata del Partito Democratico, le norme contenute nel Decreto Rilancio non rappresentano certo un modo per mettere fuori mercato le low cost.

GIANCARLO CANCELLERI (M5S) CONTESTA LA NORMA

A contestare la norma e ad augurarsi venga cancellata, riporta Il Fatto Quotidiano, è Giancarlo Cancelleri, sottosegretario ia Trasporti in quota 5 Stelle. Ci sono ben 3 emendamenti all’articolo 198, per chiedere modifiche, secondo quanto riporta Linkiesta.

ANDREA GIURICIN: MERCATO IN PERICOLO

Anche per Andrea Giuricin, il mercato è in pericolo. Su Il Foglio, l’economista esperto di trasporti boccia la norma “che impone un contratto unico di lavoro (quello di fatto di Alitalia) a tutto il settore aereo, quando tutte le compagnie che operano in Italia hanno già contratti italiani”.

https://twitter.com/massionline/status/1269962368072601600

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