Il prossimo venerdì il governo, la vicepresidente della Commissione Europea Margrethe Vestager nonché commissaria europea per la concorrenza, e la newco Ita si incontreranno per discutere del futuro di Alitalia. Dalle prime notizie la nostra compagnia di bandiera verrà ridimensionata, potrà contare, infatti, su una flotta di 45 velivoli e 4500 dipendenti. In proporzione sarà circa un decimo della flotta di Ryanair, un sesto di easyJet, un quarto di Lufthansa e la metà di Iberia.
Quale futuro per Alitalia? E quali sono i risvolti anche geopolitici delle prossime mosse dell’Italia sul trasporto aereo? Ecco l’opinione di Carlo Pelanda, docente economia e geopolitica economica presso l’Università Marconi.
Perché è importante che Alitalia resti una grande compagnia di bandiera?
Perché esiste anche una geopolitica del turismo. Significa che gli Stati hanno tutto l’interesse a orientare i flussi di turisti per scopi politici. Per esempio la Cina manda i suoi turisti in base a una serie di scambi e di vantaggi con le altre nazioni. La Germania aiuta molto la Lufthansa e investe nella costruzione di aeroporti e hub continentali sia per avere un po’ di gente che viaggi nella Germania dell’est sia per avere sotto controllo i flussi turistici verso i paesi mediterranei.
Quali sarebbero i risvolti positivi per l’Italia?
Il possesso di una compagnia aerea a raggio molto grande e ben connessa con le ferrovie, l’insieme dei mezzi di trasporto e le agenzie di viaggio presenta un fattore di potenza. Il punto è che un flusso turistico è un flusso di capitale. Per l’Italia i flussi turistici interni e esterni valgono il 13% del PIL considerando anche l’indotto. Facendo un calcolo più approfondito direi che vale più del 20% perché di solito c’è una sottovalutazione dell’indotto. Siccome per l’Italia è importante il turismo sia quello interno ma soprattutto quello esterno, perché lascia più margine, mi sembra ovvio che l’Italia debba aumentare la sua capacità di portare turisti da tutto il mondo. Quindi è necessario avere una compagnia di bandiera, con partecipazione dello Stato. Deve essere più grande di Lufthansa, di Air France, proprio come era Alitalia
La DG Concorrenza della Commissione Europea cha detto che dobbiamo sottoporre Alitalia alle regole di concorrenza.
Lo Stato italiano deve dire no, proprio no. Tutte le compagnie aeree di bandiera stanno ricevendo massicci aiuti di stato. Quindi se il Governo è abile saprà usare questo argomento. Lo Stato italiano deve fare la prima ricapitalizzazione di Alitalia, portandola ad essere una grande compagnia aerea globale capace di andare in tutto il mondo. Alitalia deve poi mettersi d’accordo con Trenitalia e le agenzie di viaggio per fare pacchetti attrattivi.
Secondo lei dietro la decisione della Commissione ci può essere l’interesse di qualche Stato concorrente all’Italia in materia di turismo?
Sicuramente. Le compagnie aeree come Lufthansa e Air France hanno valutato il dossier Alitalia e, invece che fare investimenti nelle loro compagnie, hanno chiesto alla Commissione di eliminare una concorrente. È molto semplice. E quindi se il governo italiano non se n’è accorto vuol dire che ha un gap di intelligence, qualcosa non ha funzionato.
Quindi ora il nostro Governo cosa dovrebbe fare?
Con molta cortesia, facendo finta di rispettare le regole, il Governo deve dire che tutelerà Alitalia. Il fatto di avere un vettore grande, globale, vuol dire orientare sul territorio italiano flussi di capitale per decine e decine di miliardi. Se ci costringono a fare una compagnia aerea con una cinquantina di aerei è una presa in giro, significa regalare capitale ad altre nazioni.
Quali sono i nostri concorrenti?
Noi siamo in concorrenza fortissima con Spagna, che è molto protetta dalla Germania, con Francia, con Grecia e Croazia. Questo è un tipico esempio di guerra economica. Pensare di trattare un interesse nazionale così forte, rispettando le regole standard di concorrenza del mercato significa essere semplicemente degli idioti. Oppure dei traditori. Come probabilmente lo è stato il Governo Conte.
Per effettuare questi investimenti che lei delinea potranno essere usati i fondi del Recovery fund?
Non servono. Si tratta di metterci 5-6 miliardi per fare una grande compagnia aerea. Tenga conto che dopo il Covid ci sono centinaia di aerei quasi nuovi venduti in sconto. Quindi è il momento buono per investire. Evidentemente il Governo Conte II ha ricevuto istruzioni dall’esterno per non fare riemergere Alitalia. Queste è un’ipotesi, ovviamente, però è talmente logico quello che sto dicendo che il fatto che non sia avvenuto vuol dire che c’è un’anomalia. Ma comunque non serve perdere tempo su quello che è successo nel passato. Con tutta la gentilezza possibile dobbiamo dire alla DG competizione che Alitalia non è di sua competenza.
In un suo articolo su “La Verità” lei ha sollevato la questione dell’importanza di avere un’alta densità di aeroporti. Perché?
Perché siamo un territorio ad alto rischio sismico e bisogna aumentare gli spazi per i soccorsi. Occorre fare degli aeroporti che possano essere anche magazzino e strutture per la gestione delle emergenze. Il territorio italiano è sismico al 70%, inoltre non è facile raggiungere molte località montuose dove la viabilità è sempre molto ostica e sottoposta a interruzione per rischio idrogeologico. L’UE da anni dice non possiamo avere tutti gli aeroporti che abbiamo perché non hanno un traffico civile sufficiente per sostenerli, e ciò implica il travaso di aiuti di Stato, vietati dall’UE. Su questo già ci fecero pressione molto forte nel 2014 e 2015.
Quindi introdurre il tema della sicurezza aiuterebbe il nostro Paese a preservare la ricchezza senza contravvenire ai vincoli europei?
Quando uno Stato pone un problema di sicurezza questo sospende le normali regole europee. E quindi bisognerebbe abbinare le due cose. L’interesse è aumentare il traffico aereo e i trasporti locali per permettere ai turisti esteri di muoversi sul territorio nazionale ed ovviare alle difficoltà di spostamenti. Dobbiamo lavorare per una rete molto ampia di piccoli aeroporti locali. C’è una logica di analisi sistemica in questa materia dove si combinano flussi turistici, sicurezza del territorio e rivitalizzazione dei mille luoghi bellissimi che abbiamo in Italia per far circolare più capitale. Su questo l’Unione Europea deve semplicemente starci ad ascoltare. Con il mio team di ricerca abbiamo stimato che in Italia arriverebbero centinaia di miliardi in più se investissimo 6-7 miliardi su Alitalia e dintorni. Ora se ci chiedono di fare una compagnia piccola da 45 vettori vuol dire regalare soldi ai competitor.
Come si coniuga un approccio liberista come il suo con l’invocazione dell’intervento statale in economia?
Ah è molto semplice. Io sono un liberista, anche molto sfegatato, però nel momento in cui c’è guerra si sospende il liberismo e si fa la guerra. Se io ho la missione di difendere la ricchezza di un territorio non posso applicare l’approccio liberale perché quest’ultimo implica il fair trade, una concorrenza equa. Nel momento in cui la competizione è viziata da fattori di potenza e dalla concorrenza sleale, devo sospendere l’approccio liberale e passare a quello di guerra economica. Questa è pura guerra economica dove vale solo il principio della vittoria o della sconfitta.