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La carica dei 109: i marchi cinesi di auto che si sorpassano per arrivare in Europa

Nessuno, a quanto pare, sa quanti siano davvero: si ha solo contezza del fatto che sono tantissimi. I marchi cinesi occupano ormai ogni nicchia tra city car, berline, Suv e vetture per uomini d'affari. E potrebbero diventare pure un problema per le scuderie di lusso come Ferrari e Lamborghini.

La notizia vera è, con ogni probabilità, che i marchi cinesi sono così tanti che c’è persino disaccordo sul numero esatto. Nel Global Automotive Outlook di AlixPartners che ha fatto tanto discutere perché chiamando in causa la guerra dei prezzi scoppiata sul mercato cinese vaticina la scomparsa di quasi l’80 per cento dei costruttori autoctoni, si parla di 129 Case automobilistiche. Di contro il canale Car Industry Analysis che ha realizzato una infografica subito ripresa da molte testate si ferma a 109.

QUANTE AUTO SFORNA LA CINA ALL’ANNO?

A prescindere dal numero, sorprende il fatto che un Paese in cui ci si muoveva fino a 40 anni fa in bici oggi abbia più di un centinaio di marchi differenti. Del resto nel 2024 la Cina ha superato per il secondo anno consecutivo quota 30 milioni di veicoli prodotti. Per la precisione gli stabilimenti del Dragone hanno sfornato 31,28 milioni di mezzi. Di questi più di 27,49 milioni di automobili.

Gli Usa, secondo produttore al mondo, hanno oltrepassato di un soffio le 10 milioni di unità. Il Giappone si è fermato di poco al di sopra degli 8 milioni; la Germania a 4 milioni, la Spagna a 2,3 milioni. La Francia ha una quota ormai irrisoria a livello mondiale: 800mila unità.

Fuori da ogni classifica, con le sue 400mila vetture, il nostro Paese. In totale, nel 2024 sono stati prodotti 92.504.338 veicoli in tutto il mondo: un terzo era made in China. Sempre nel 2024 sono state vendute 75 milioni di vetture.

I MARCHI CINESI COPRONO OGNI SEGMENTO

Anche se non corrono ancora in massa sulle strade italiane ed europee, questi numeri sono già sufficienti a comprendere quanto ingombrino i marchi cinesi nella competizione globale. Secondo il Global Automotive Outlook di AlixPartners da qui al 2030 ne resteranno una trentina (per la precisione il report parla della sopravvivenza di 29 costruttori).

Sarebbero comunque troppi per il Vecchio continente che non ha altrettanti sfidanti da disporre sulla scacchiera. E il medesimo discorso si può fare per gli Usa, che intanto già con l’amministrazione di Joe Biden aveva varato leggi per impedire ai marchi cinesi di sbarcare sul loro mercato, ritenendo la tecnologia di bordo “troppo pericolosa” e adducendo persino motivi di sicurezza nazionale.

ECCO I RIVALI DI ALFA, AUDI, DS, BMW…

L’infografica piramidale dedica spazio soprattutto a marchi come la britannica MG (da tempo nelle mani di Saic), Jaecoo, Haval, BYD, Link&Co, Geely, Leapmotor e Omoda: sono principalmente questi i marchi cinesi che rischiano di tamponare la maggior parte delle scuderie presenti in Europa, dall’Alfa Romeo alla Lancia, dall’americana Ford, passando per Volkswagen.

L’infografica di Car Industry Analysis

Viene preso d’assalto pure il terreno caro ad Audi, Bmw e Mercedes, ovvero quello delle Suv, berline, auto “per uomini d’affari” come venivano indicate un tempo che costituiscono gran parte dell’inventario tedesco. I marchi cinesi intendono riempire quella nicchia di mercato che vede modelli in media sui 40mila euro, la principale per vendite, con un presidio a dir poco intenso.

I marchi tedeschi oggi sono in crisi perché sono stati esclusi dal mercato cinese da scuderie autoctone: il rischio è che tale scenario si ripresenti uguale altrove.

MARCHI MENO PRETENZIOSI E CITY CAR

Ma i marchi cinesi sono preponderanti anche nel segmento delle city car e delle scuderie meno pretenziose, più a buon prezzo di mercato. Si tratta di un segmento low cost che interessa da sempre Fiat. Attualmente “la cinese d’Europa”, era la rumena Dacia del gruppo Renault. Non a caso è stato il marchio più venduto in Europa nel 2024.

Qui la Cina potrebbe sfoderare idealmente Swm, Dfsk, Aiways e Great Wall Motors. Bisogna considerare un aspetto: non è importante che questi marchi approdino realmente in Europa. La loro presenza è già sufficiente a impedire la penetrazione dei nostri nel mercato cinese o in qualunque altro estero ci sia da competere.

I MARCHI CINESI VANNO FORTE PURE NEL LUSSO

Il noto giornalista britannico Jeremy Clarkson qualche tempo fa sulle colonne del Times, parlando della crisi in cui versa Volkswagen aveva preconizzato che in Europa sarebbero sopravvissute solo le boutique dell’automobile, ovvero le scuderie che producono auto più costose.

Probabilmente ha ragione: nessuno rinuncerà mai alla Ferrari o alla Lamborghini, eppure la crisi sistemica nella quale è rimasta impantanata Maserati e quella nella quale sta velocemente scivolando Porsche stanno lasciando intravedere che pure il comparto del lusso non è poi così al sicuro da forti scossoni che sovvertano il mercato.

Qui la Cina potrebbe competere con Case come Xpeng, Zeekr, Voyah,  Denza, Xiaomi, Nio e  YangWang. Si tratta di marchi capaci di mettere assieme tanto auto sofisticate e tecnologicamente avanzate quanto super sportive elettriche che sviluppano migliaia di cavalli. Insomma, di fronte a una simile competizione, servirà più del progetto sull’e-car europea per preservare industrie dalla storia ormai secolare che mai come in questo preciso periodo storico rischiano l’estinzione.

IL DARWINISMO CORRE (SU AUTO CINESI)

Come si anticipava, secondo il Global Automotive Outlook di AlixPartners da qui al 2030 resteranno una trentina di marchi cinesi. La domanda però che dovremmo farci da occidentali è: quanti costruttori europei avremo ancora alla fine del decennio?

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