All’8 gennaio, secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), la situazione dell’occupazione degli ospedali – per quanto in aumento – è sotto controllo: 17% in terapia intensiva e 23% in area non critica.
Tuttavia, il report curato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) sull’epidemia di Coronavirus in Italia mostra chiaramente che tra i non vaccinati sia il rischio di terapia intensiva che di decesso sono nettamente maggiori.
SITUAZIONE TERAPIE INTENSIVE
Nel documento dell’Iss si legge, infatti, che il tasso di ricovero in terapia intensiva è 23,1 ogni 100 mila per i non vaccinati contro l’1,5 ogni 100 mila per i vaccinati da più di 120 giorni; 1 ogni 100 mila per vaccinati da meno di 120 giorni e dello 0,9 ogni 100 mila per vaccinati con dose booster.
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OVER 80 I PIÙ ESPOSTI
Ancora più netta è la differenza se si guardano i dati degli over 80. Nel periodo dal 19 novembre al 19 dicembre 2021, il tasso di ospedalizzazione per i non vaccinati è circa 9 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni e circa 42 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose booster.
Nello stesso periodo il tasso di ricoveri in terapia intensiva dei non vaccinati è circa 13 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo entro 120 giorni e circa 48 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose booster.
Infine, analizzando il tasso di decesso nel periodo dal 12 novembre al 12 dicembre 2021, nei non vaccinati è circa 9 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo entro i 120 giorni e 74 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose booster.

TUTTO SOTTO CONTROLLO MA…
Tutto sotto controllo, ma il presidente dell’Istituto, Silvio Brusaferro avverte: “Cresciuta occupazione dei posti in area medica (21,6%) e terapia intensiva (15,4%); aumentata pressione su servizi ospedalieri rende necessario invertire rapidamente la tendenza per evitare condizioni di estremo sovraccarico dei servizi sanitari”.
https://twitter.com/istsupsan/status/1479504476453146629
CONTINUA IL PICCO DI INFEZIONI TRA I GIOVANI
La fascia di età che registra il più alto tasso di incidenza settimanale, si legge nel report Iss, è quella 20-29 anni con un’incidenza pari a 2.144 casi per 100.000 abitanti, in aumento rispetto alla settimana precedente. Seguono questa fascia quelle di età contigue, ovvero 10-19 e 30-39 anni, con una lieve frenata nella popolazione tra 0 e 9 anni.
I NUMERI DELLE REINFEZIONI
Dal 24 agosto 2021 al 5 gennaio 2022, sono stati segnalati 36.082 casi di reinfezioni, pari al 2% del totale dei casi notificati. Il 40% delle reinfezioni è stato notificato nella fascia 20-39 anni.
Nell’ultima settimana si è osservato, inoltre, un aumento della percentuale di reinfezioni che sale dal 2,4% della settimana precedente al 3,1% nell’ultima settimana. I dati riportati si riferiscono principalmente alla circolazione della variante Delta, ma questo incremento “è verosimilmente attribuibile all’incremento della circolazione della variante Omicron in Italia”.

La probabilità di contrarre una reinfezione risulta più elevata nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con almeno una dose e negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione. Nel periodo tra il 24 agosto 2021 e il 2 gennaio 2022, tra i casi che hanno riportato una reinfezione, il 73% erano vaccinati con almeno una dose a seguito della prima diagnosi, il 4% era vaccinato con almeno una dose almeno 14 giorni prima della prima diagnosi, mentre circa il 24% delle reinfezioni risulta in soggetti non vaccinati.
CHE DIFFERENZA FA ESSERE VACCINATI
Secondo il report, la stima stime dell’efficacia del vaccino nel prevenire l’infezione è del 77,6% nei vaccinati con ciclo completo entro 90 giorni, del 64,5% tra i 90 e 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, del 41,6% oltre i 120 giorni, e del 75% con la dose booster.
Nel prevenire la malattia severa, invece, l’efficacia è del 95,7% nei vaccinati con ciclo completo entro 90 giorni, del 93% tra i 90 e 120 giorni, dell’88,8% oltre i 120 giorni, del 97,8% con la dose booster.