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Israele Vaccinazione

Tutte le mosse di Israele su terza dose del vaccino e non solo

Chi c'era e che cosa si è detto al convegno “Lotta al Covid: Italia e Israele a confronto. Scenari presenti e sguardi oltre la crisi” organizzato dall’associazione Ricostruire.

Covid si combatte solo attraverso la collaborazione. È questo il filo rosso del convegno “Lotta al Covid: Italia e Israele a confronto. Scenari presenti e sguardi oltre la crisi” organizzato dall’associazione Ricostruire. La pandemia da Covid ha avuto l’effetto di rendere evidenti le storture e dei sistemi sanitari europei e occidentali. I bilanci pubblici non sono in grado e non saranno in grado in futuro di sostenere la spesa sanitaria e questo dipende dall’invecchiamento della popolazione, dall’innovazione scientifica e tecnologica. “La digitalizzazione della medicina, in una logica di sistema, altrimenti perdiamo solo tempo e soldi – dice Stefano Parisi, presidente di Ricostruire – Il Servizio sanitario italiano spende 3 miliardi all’anno in informatica”. 

La pandemia si combatte insieme 

“Il metodo più efficace per combatter la pandemia è farlo insieme”, ha detto Alon Simhyoff, vice Capo Missione dell’ambasciata di Israele – Ogni due settimane i rappresentati dei ministri della Salute di entrambi i paesi si sono incontrati virtualmente. È stata cosa benefica per l’Italia e per Israele”. Israele è stato il primo paese a vaccinare massicciamente tutta la popolazione. “Israele sta avendo successo nel combattere la pandemia per alcuni ragioni: il primo è la digitalizzazione del servizio sanitario, realizzato da Israele 20 anni fa. Questo ha permesso la rapida realizzazione della campagna vaccinale – continua il diplomatico -. Il secondo motivo è la rapidità con la quale si sono prese le decisioni. Ora stiamo realizzando la campagna per la terza dose e il numero dei malati stanno diminuendo e dal 1° novembre è di nuovo aperta ai turisti”. 

Arnon Shahar: “Con i vaccini eravamo già pronti a novembre”

Israele è partita con le vaccinazioni di massa il 21 dicembre scorso. “Siamo  stati i primissimi con i vaccini, eravamo già pronti a metà novembre – ha sottolineato Arnon Shahar, capo della task force anti Covid del Maccabi Healthcare Service -. Io mi sono vaccinato il 21 dicembre. Ci siamo affidati alla digitalizzazione perché sapevamo che non potevamo affidarci alla carta, non potevamo rischiare problemi di falsificazione, per esempio”. Israele un sistema sanitario nazionali organizzato in casse mutue, ripartite su base territoriale. Tutte le casse mutue sono in collegamento tra loro con una piena condivisione delle informazioni. “Le vaccinazioni sono visibili sulla cartella clinica del paziente, e lo vedono tutti i medici presso cui è in cura – continua Shahar -. In Israele tutte le casse mutue hanno cartelle digitali uniche, questo facilita molto il rapporto medico-paziente. Ogni medico con un solo click può segnalare eventuali effetti collaterali direttamente al sistema nazionale del Ministero della Salute. La digitalizzazione deve essere un aiuto e non un lavoro in più”.

La condivisione dei dati dei vaccini 

Israele ha condiviso i dati delle vaccinazioni con il colosso Pfizer, l’azienda dalla quale ha acquistato il vaccino. “Quando siamo partiti ci siamo chiesti non cosa fosse meglio per Pfizer ma per i cittadini israeliani. Siamo stati veloci ed efficaci, è stata una bella scoperta – continua Shahar -. Abbiamo deciso di condividere i dati non solo con Pfizer per i suoi interessi ma con la comunità internazionale”. 

Il peso della medicina territoriale 

Una forma mentis collegata all’esperienza militare può aiutare. Il popolo, e le istituzioni, israeliane sono abituate allo stato di emergenza, e ad agire di conseguenza. “A volte bisogna agire velocemente per raggiungere i target che ci si è posti – prosegue il capo della task force arti Covid – Quello che conta è il risultato”.  Il Covid è una malattia che ha costretto tutti gli operatori a imparare sul campo, giorno dopo giorno, come fare per curarla. “Avrei dato molto più peso ai pazienti a rischio e meno a quelli asintomatici o pauci sintomatici – sottolinea Shahar -. Ma purtroppo lo abbiamo capito dopo. Mi sarei affidato anche di più alla medicina territoriale. Quando sono entrato nella taskforce ho messo ben in chiaro che se non avessimo curato le persone a casa avremmo rischiato di avere gli ospedali intasati, di dover curare le persone nei tendoni o di dover usare l’esercito. Tra l’altro per somministrare gli anticorpi monoclonali abbiamo usato l’esercito”. 

Francesco Vaia: “Le case farmaceutiche devono aggiornare i vaccini”

Sicurezza, efficacia, costo. Questi sono i tre fattori che chiave quando si parla di digitalizzazione della sanità. “Spingere verso la digitalizzazione va bene ma questa pandemia ha messo in evidenza come le persone vogliano capire e partecipare ai processi – ha detto Francesco Vaia, direttore dell’Istituto Lazzaro Spallanzani -. Occorre parlare alle persone, andare verso le persone, immaginare una medicina di prossimità. Noi abbiamo iniziato il 27 dicembre a vaccinare allo Spallanzani. Siamo a buon punto grazie alla grande capacità del SSN nel suo complesso, in grado di affrontare con efficienza questa pandemia”. Il direttore dello Spallanzani promuove la “via italiana” fatta di gradualità. “Dobbiamo tornare alla normalità, sono due le strade che dobbiamo percorrere per dare il colpo di grazia al virus. Da un lato il decisore politico deve avere più coraggio e ampliare la fascia dell’obbligo vaccinale. Al di là dello strumento green pass che ha avuto e ha una grande utilità. Dall’altro le cause farmaceutiche devono aggiornare i vaccini alle varianti in corso. Questo anche per convincere gli indecisi. Dobbiamo comunicare che è la scienza che guida e non la politica o la geopolitica”. 

Il rapporto difficile tra digitalizzazione e tutela della privacy

Il Lazio è tra le regioni più avanti nella copertura vaccinale. “Dobbiamo accelerare sulla terza dose. Molti cittadini pensano che la scadenza del Green pass sia quella in cui attivare la terza dose ma non è così, bisogna attivarsi prima – ha ammonito Alessio D’Amato, assessore alla sanità della Regione Lazio -. Circa 1500 farmacie hanno aderito alla campagna di vaccinazione Covid e antinfluenzale. Questa esperienza ci dice che dobbiamo fare squadra, per noi significa confrontarci con le migliori esperienze nel Mediterraneo come Israele”. L’autorità che tutela la privacy è spesso intervenuta a regolare l’utilizzo dei dati sanitari dei cittadini in merito all’uso del Green pass. “Ci sono ostacoli importanti nel nostro paese da parte degli organismi che tutelano la privacy – ha lamentato D’Amato -. Se vogliamo spingere sulla digitalizzazione va cercato un giusto equilibrio con chi oggi tutela la privacy nel nostro paese. Perché in questi anni abbiamo costruito un sistema, conosciamo tutto da un punto di vista medico dei nostri 5 milioni di pazienti. Abbiamo costruito una stratificazione importante per mettere a disposizione i dati sulla medicina del territorio”. Anche Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale in Lombardia, sottolinea quanto sia complesso convivere con una stringente normativa sulla privacy. “Il generale Figliuolo ci ha chiesto di ricorrere in modo sistematico alla chiamata attiva per procedere alla prenotazione dei booster per le terze dosi – ha detto Bertolaso – Ma io, per via della privacy, non posso chiamare i vaccinati a fare la terza dose. Che va ricordato quanto sia importante per ridurre il rischio di finire in ospedale”.

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