Se dovessimo accorpare in una sorta di monografia la serie innumerevole di articoli che – singolarmente o insieme – abbiamo scritto su quotidiani, magazine, agenzie sindacali o di associazioni delle persone con disabilità sul tema delle “tutele normative e sanitarie per i lavoratori fragili” in questi due anni e più di pandemia, ivi comprese le dichiarazioni e le proroghe di stato di emergenza e ora oltre, ne uscirebbe un tomo ponderoso, una sorta di summa di tutte le situazioni possibili: da quelle garantite a quelle dimenticate, dai distinguo incomprensibili ai più, tra commi, articoli, decreti legge e loro conversione, periodi di previsione normativa e altri di latenza, per dimenticanza, calcoli sbagliati, forse persino per noncuranza o indifferenza.
Abbiamo scritto al Governo e in ispecie ai singoli Ministri interessati (Salute, Lavoro, Disabilità) e alla Presidenza del Consiglio, con lettere dedicate o aperte, senza mai ricevere una risposta. “Mai”, nelle Conferenze stampa governative successive ai provvedimenti di volta involta assunti, qualche collega ha avanzato domande in proposito, “mai” i talk show televisivi che discettavano di mascherine, vaccini, ordini, veti, divieti, deroghe, green pass, prescrizioni, DaD, banchi a rotelle ecc. hanno accennato a questo tema specifico, come se la categoria dei lavoratori fragili e il tema delle disabilità sui posti di lavoro non esistessero: come se si trattasse del solito corollario che non fa testo, come se riguardasse i furbetti del certificato facile, specie quando il problema non ci tocca di persona e alla fine la gente si arrangia come può.
Noi non abbiamo mai dimenticato l’esistenza di questo grave problema, segnalando una situazione di incertezza, disagio, persino angoscia che ha attraversato questo lasso temporale tra conferme, smentite, imprecisioni negli atti legislativi, richiami, rimandi con quel linguaggio oscuro della burocrazia che mortifica i cittadini e divarica il gap che li separa dalla umana comprensione e spesso dall’incompetenza di chi dovrebbe rappresentare le istituzioni. Stiamo parlando di quei lavoratori che a motivo delle loro precarie condizioni di salute (chemioterapici, cardiopatici, immunodepressi, affetti a artrite reumatoide, invalidi ex legge 104/92), sono stati in questi due anni – e lo sono ancora – potenzialmente sovraesposti al rischio di contrarre il Covid. Riassumere il tutto – si è trattato di una battaglia epica, da una parte diritti sanciti dalle carte degli organismi internazionali e da fonti normative specifiche, malati dichiarati “inidonei” perché come tali certificati dal medico competente o dalle autorità sanitarie ad hoc, a svolgere le normali mansioni lavorative, nel settore pubblico e in quello privato – sarebbe impossibile e forse ansiogeno.
Umiliati spesso in un tiramolla elemosiniere con i datori di lavoro, a fronte di leggi, decreti e circolari di difficile interpretazione, quasi mai chiari e perentori, spesso sibillini, che si prestavano a diverse interpretazioni per un comma, una postilla, un codicillo, o per inapplicabilità stigmatizzata con un formulario lessicale che aveva la pretesa di regolamentare tutto e sistematicamente li dimenticava.
Veniamo all’oggi. Dopo il termine dello stato di emergenza ma perdurando il contagio epidemiologico, dal 1° aprile u.s. si doveva procedere al rinnovo di volta in volta delle tutele (spesso tardivamente, in un paio di occasioni del tutto inesistenti): faceva testo l’attestazione medica di inidoneità rilasciata alle autorità sanitarie.
In sede di audizione presso la Commissione parlamentare per la “semplificazione” il Ministro Brunetta – smentendo le previsioni di spesa contabilizzate in circa 60 milioni di euro dalla Ragioneria Generale dello Stato, quale “copertura” finanziaria ai costi derivanti dal rinnovo delle tutele scadute il 31/3 – aveva assunto l’impegno a presentare un proprio emendamento al DL 24/3/2022 n.° 24, visto che la norma precedentemente inserita, ma poi eliminata dal testo effettivamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale – che rinnovava peraltro solo la tutela del “lavoro agile” e non anche quella dell’equiparazione dello stato di malattia del fragile al ricovero ospedaliero al fine di evitargli di dover attingere al congedo per salute con il rischio di superamento del periodo di comporto contrattuale o, peggio, di dover ricorrere alle ferie per evitare situazioni di contagio sul luogo di lavoro, era stata “brutalmente” eliminata, sacrificata alla ragion politica.
Addirittura per quanto riguarda lo smart working la normativa delle prime bozze del decreto, prevedeva per i lavoratori fragili, un periodo di fruizione inferiore a quello dei lavoratori non-fragili, e cioè fino al 28/2 anziché al 31/3 come per tutti gli altri.
Un paradosso che spiega con quale leggerezza (diremmo noi anche una buona dose di sciatteria legislativa se ciò non fosse politicamente scorretto) si sia affrontata la materia.
Insomma alla fine il DL 24/2022 nel testo in ingresso al Consiglio dei Ministri rinnovava solo l’art. 26, comma 2/bis del DL 18 del 17/3/2020 e non anche al comma 2, che riguardava la seconda fattispecie sopra considerata ma, come detto, nel testo uscito dal CdM e approdato in Gazzetta Ufficiale era sparita ogni traccia di tutela per i lavoratori fragili.
Correttamente e con lodevole, personale impegno il Ministro Brunetta – in dissenso dalle previsioni di spesa della Ragioneria – aveva promesso che avrebbe rimediato, e lo ha fatto sul serio riformulando i molti emendamenti parlamentari, reintroducendo le tutele dei commi 2 e 2-bis dell’articolo 26 del DL 18/2020 ma con la trovata geniale di introdurre nella norma il richiamo al D.M del Ministro della Salute del 4/2/2022 che ha in vero un effetto fortemente riduttivo della platea dei beneficiari e, cosa assai grave, dimenticando di precisare che la proroga avrebbe dovuto avere vigenza dal 1 aprile 2022. Degli onorevoli parlamentari che hanno espresso il loro assenso alla riformulazione, accettando il testo proposto dal Governo, non uno si è accorto di quello che effettivamente stava accadendo sulla pelle dei lavoratori fragili.
L’On.le Massimiliano De Toma che da tempo con altri colleghi seguiva la vicenda dei lavoratori fragili , premesso che sul testo approdato in Aula a Montecitorio con questo ennesimo “regalo ai fragili” il Governo aveva apposto la questione di fiducia , aveva predisposto un ordine del giorno (al quale avevamo peraltro ‘tecnicamente’ contribuito) al fine di offrire al Governo il supporto necessario per inglobare nel primo provvedimento utile le dovute correzioni, con particolare riferimento alla retrodatazione di entrambe le proroghe (comma 2 e comma 2/bis) a decorrere dal 1° aprile, giorno successivo al termine dello stato di emergenza.
Il risultato alla fine è stato che l’on. De Toma ha rifiutato la proposta di riformulazione del proprio ordine del giorno che il Governo voleva sterilizzare con la clausola “a valutare l’opportunità di…” e lo ha posto ai voti dell’Assemblea con l’invito ai Colleghi a votarlo favorevolmente poiché “sulle tutele per i lavoratori fragili non possono esservi valutazioni di opportunità”. Il risultato è stata una sonora bocciatura con 358 voti contrari e solo 51 a favore (hanno votato con FDI, alcuni deputati di FI e di Alternativa), con la conseguenza che – essendo prevista la conversione del DL 24 entro il 23 maggio p.v. e prevedendo una validità delle due citate tutele fino al 30 giugno p.v., i lavoratori fragili potranno fruirne per poco più di un mese. Lasciando scoperto il periodo dal 1° aprile alla data di conversione in legge. “Inspiegabile”, visto che la decorrenza retroattiva non comportava oneri: viceversa lascia “scoperti” i lavoratori fragili (che paradossalmente con il D.M del Ministro della Salute del 4/2/2022 avevano visto “legittimate ed elencate pedissequamente le patologie che danno titolo e luogo alla condizione di fragilità) per tutto aprile e quasi tutto maggio.
Come dire: il testo convertito in legge smentisce in fatto e in diritto il D.M del Ministro Speranza, poiché “vanifica” per quasi due mesi lo status patologico di fragilità sancita dal D.M. stesso.
C’è da augurarsi che nessuno dei fragili si ammali nel frattempo di Covid dovendo rientrare in servizio.
Noi ci abbiamo messo la faccia e la firma per due anni, e continueremo a farlo per spiegare e perorare le necessità di tutele per i lavoratori fragili e per le persone con disabilità e non ci rassegniamo a questa dimenticanza o svista finale, il disappunto è marcato. Per noi il diritto delle Persone non è mercanteggiabile.
Quasi due mesi di totale scopertura per i lavoratori fragili è un fatto davvero grave, non certo un segnale di attenzione, cura, protezione.
Tornando al voto di ieri, ci preme fare una considerazione sul complesso degli ordini del giorno: uno era quello di De Toma di FDI che è stato bocciato anche con il voto contrario della Lega, uno è stato approvato ed è del PD a firma di Lisa Noja, che tuttavia ha accettato la sterilizzazione di un “impegna a valutare l’opportunità di” come se appunto sui diritti dei fragili ci si possa permette di transigere e “valutare l’opportunità” di realizzarli, e uno della Lega, identico a quello di FDI, bocciato anch’esso ma sul quale coerentemente con l’impegno di un centrodestra unito, FDI ha votato a favore. Un’unità che, evidentemente, non sembra ricambiata in casa Lega e che, tuttavia, pur esprimendo il Ministro delle disabilità in seno al Consiglio dei Ministri, non è riuscita ad incidere sulla questione dei lavoratori fragili (come su molte altre), lasciando la palla completamente nelle mani del Ministro Brunetta (FI, che peraltro ha annunciato che il suo Ministero si occuperà di disabilità) e ciò sembra a conferma che il Ministro leghista Erika Stefani non sia più necessaria alla tutela dei lavoratori fragili o con disabilità.
Tuttavia speriamo che il Governo sia ancora in tempo a rimediare ‘motu proprio’ a questa solenne ingiustizia: nel frattempo i lavoratori malati fragili, lasciati in balia di se stessi, comincino a riflettere sul voto contrario di certa parte politica alla piena copertura temporale delle loro tutele.
Dalla Costituzione in giù e per tutte le leggi che si approvano, queste consistono in “diritti” e prima ancora in certezze di civiltà.