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voto condotta

Funzioneranno le ultime mosse di Valditara sulla scuola?

Il ddl Valditara affida a un tema di cittadinanza la salvezza degli studenti con 6 in condotta, ma dimentica che educare è un processo quotidiano, non una prova d’appello improvvisata. L’intervento di Francesco Provinciali, già dirigente ispettivo Miur e Ministero della Pubblica istruzione

 

Dopo il Senato (74 sì e 56 no) anche la Camera (154 sì, 97 no e 7 astenuti) ha approvato in via definitiva il cd. DDL Valditara “Revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti’.

Il provvedimento prevede diverse novità per la scuola: dalla bocciatura con il 5 in condotta alle secondarie di secondo grado, al ritorno della valutazione numerica sul comportamento a quelle del primo grado, fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. La scuola primaria mantiene la soluzione docimologica dei giudizi sintetici nella valutazione periodica e conclusiva.

La novità più rilevante, quella che fa già discutere addetti ai lavori, professionisti della scuola, famiglie e studenti riguarda il voto minimo di condotta che sarà 7, per essere ammessi alla classe successiva. Gli alunni che al termine dell’anno scolastico riceveranno invece 6 dovranno sostenere una prova attualmente definita “compito di cittadinanza” che costituirà oggetto di valutazione dirimente al fine del passaggio alla classe successiva, ovvero alla bocciatura.

Questo nuovo criterio di valutazione riguarderà al momento solo le scuole superiori: un voto pari al 6 darà automaticamente luogo ad una sorta di ‘debito formativo’ da sanare attraverso un elaborato allo stato attuale genericamente afferente all’ambito dell’educazione civica. Il voto di condotta per questo grado scolastico diventa quindi decisivo al fine della promozione, il 6 non è considerato ‘sufficienza’ e comporta una sorta di esame suppletivo di riparazione.

Da tempo il Ministro Valditara sta cercando di rivedere gli ordinamenti scolastici al fine di conferire al curricolo quelle caratteristiche di serietà, organizzazione, rispetto dei ruoli, compresenza di diritti e doveri che – considerate a livello di pedagogia comparativa – in altri Paesi sono in atto da tempo. Contemporaneamente il Ministro intende recuperare una funzione di indirizzo e coordinamento a livello centrale-nazionale che l’autonomia scolastica ha reso sovente aleatoria, discrezionale, priva di controlli di legittimità e di merito. E’ noto ad esempio il declino della funzione ispettiva, espunta da tempo dal tessuto partecipativo della scuola dell’innovazione e invocata e realizzata nei casi più eclatanti (anche di cronaca) come ‘tertium genus’ di valutazione tecnica, sottratto alla gerarchia amministrativa.

Sarà dunque il voto in condotta alle scuole superiori il tema più dibattuto da favorevoli e detrattori: nel merito si osserva che non è tanto interessante la votazione numerica che fungerà da discrimine tra promossi e bocciati, quanto il fatto di affidare l’eventuale recupero di un intero anno scolastico deficitario se non fallimentare ad una prova scritta di circa 1200 battute, una scelta discutibile perché – anche per chi l’ha pensata (a proposito quanta parte della cd. dirigenza ministeriale è tale per aver superato un concorso e quanta invece per un improbabile merito certificato da miracolose promozioni…?) riesce difficile dimostrare che in un solo giorno, con un solo compitino (magari elaborato con l’aiuto di ChatGPT) si possa rimediare ad un profilo comportamentale ripetutamente negativo sotto il profilo disciplinare e dell’impegno, accumulato nel corso di un intero anno scolastico.

Questa domanda qualcuno doveva e dovrebbe pur porsela, vero è che viviamo in epoca di valutazione sommativa, didattica compensativa, educazione riparativa, messa alla prova per invocata fiducia, però c’è un limite che nessuna riforma dovrebbe valicare: la scuola è una cosa seria e dovrebbe esserlo per l’intero anno e non solo per il giorno dell’esamino di riparazione nei tempi supplementari, essa comporta rispetto dell’istituzione, dei docenti, dei dirigenti, dei compagni di classe.

Il compitino di educazione civica non è l’iconografia della miracolosa conversione finale, potrebbe invece diventare una farsa per mettere un tappo a problemi che si ripeterebbero l’anno successivo. Un tema non ha una valenza riparatoria e al massimo esprimerebbe il paradossale distinguo tra ciò che si è fatto e ciò che si dovrebbe fare. Non tutti ricordano in tempo reale le belle parole di Mario Rigoni Stern: ‘non c’è cosa migliore di una cosa ben fatta’.

Sapendo che alla fine dei conti ci sarà una possibile via d’uscita chi può convincere uno studente svogliato, maleducato irriverente, offensivo (magari sostenuto da genitori più tracotanti di lui) a correggersi in itinere, invece che confidare nel prodigio della salvezza finale, contratta in poche righe di tema dal quale chi legge dovrebbe saper distinguere tra ravvedimento, pentimento e finzione?

Confondendo la pedagogia con il pedagogese questo affidare ad una prova scritta la confutazione di una valutazione espressa dai docenti di classe da settembre a giugno ha le sembianze di una via d’uscita formale senza affrontare i problemi sostanziali. Non tutti gli alunni sono affetti da ADHD ma molti di loro potrebbero essere corretti e indirizzati in corso d’anno: questo dovrebbe essere l’impegno più utile e serio della scuola.

Intanto la riforma parte a settembre 2025.

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