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allevamenti intensivi europa

Sappiamo davvero da dove viene la carne che mangiamo?

Non ci sono ancora i maxi-porcili a grattacielo con all'interno milioni di maiali come in Cina, ma anche l'Europa con gli allevamenti intensivi non scherza. E l'Italia è tra i Paesi con il maggior numero di quelli di pollame. Ecco cosa ha scoperto l'inchiesta di AGtivist. Fatti, numeri e commenti

 

In tutta Europa ci sono oltre 24.000 allevamenti intensivi, ovvero – secondo la definizione valida per l’Ue il Regno Unito – aziende con almeno 40.000 capi di pollame, 2.000 maiali da ingrasso o 750 scrofe da riproduzione.

A fornire i dati, relativi al 2023, è AGtivist, mentre un’inchiesta del Guardian osserva come questo aumento vada di pari passo con la diminuzione di aziende più piccole, oltre che di uccelli, specie arboree e farfalle. Con ricadute anche sull’inquinamento dell’ambiente.

L’Italia non è immune dal fenomeno e, anzi, è tra i Paesi europei con il maggior numero di allevamenti intensivi di pollame.

LA MAPPATURA DEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI IN EUROPA

L’inchiesta di AGtivist, condotta da un consorzio di giornalisti di sei Paesi, ha identificato e mappato per la prima volta oltre 24.000 allevamenti intensivi di suini (11.672) e pollame (12.415) su larga scala in tutta Europa, rivelando come migliaia di questi impianti siano stati approvati nel corso dell’ultimo decennio.

Ma il numero reale è probabilmente ancora più alto a causa della sotto-segnalazione da parte di alcuni Stati membri degli allevamenti in possesso di permesso, per motivi commerciali o di riservatezza e per le lacune in alcuni registri ufficiali.

NUMERI CHE RICORDANO LE MEGASTALLE DEGLI STATI UNITI

È sicuro però che molti degli allevamenti identificati superano ampiamente le soglie che richiedono l’autorizzazione, infatti, alcune unità avicole ospitano nello stesso momento oltre 1,4 milioni di polli e le più grandi aziende di suini identificate confinano più di 30.000 animali.

Questi numeri, secondo gli investigatori, sono una novità per i Paesi europei, mentre negli Stati Uniti gli allevamenti intensivi possono arrivare a ospitare oltre 125.000 polli da carne, 82.000 galline ovaiole o 2.500 suini.

I PAESI IN CUI SONO ESPLOSI

In Europa, sebbene il fenomeno sia diffuso a livello continentale, la proliferazione degli allevamenti industriali in stile americano è stata particolarmente marcata in alcuni Paesi, tra cui Spagna (3.963), Francia (3.075), Germania (2.930), Paesi Bassi (2.667) e Italia (2.146).

Il nostro Paese sale di posizione se si considera il numero di allevamenti avicoli, che ammonta a 1.242; mentre sono 904 quelli di suini. La spiegazione, afferma AGtivist, è meramente di tipo economico. Per ottenere un chilo di carne di pollo, infatti, servono molti meno chili di mangime rispetto a quelli necessari per un vitello o un maiale. Il fenomeno dell’aumento degli allevamenti intensivi ha poi oscurato la questione degli scarsi standard di benessere animale riscontrati in alcune aziende, dove le condizioni sono del tutto insufficienti sia negli allevamenti di polli da carne (broiler) che in quelli di galline ovaiole.

Qui la mappa interattiva di AGtivist

UN DISASTRO AMBIENTALE

Questo proliferare di allevamenti intensivi ha provocato numerose conseguenze in Europa, tra cui inquinamento delle acque, emissioni di gas serra e perdita di biodiversità.

Secondo l’Ufficio europeo dell’ambiente, citato da AGtivist, “il settore zootecnico dell’Ue nel suo complesso – che include sia la produzione intensiva che quella convenzionale – è una delle principali fonti di inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua” ed “è responsabile del 12-17% delle emissioni totali di gas serra dell’Ue, oltre a rappresentare uno dei principali fattori della perdita di biodiversità”.

L’aumento di aziende avicole intensive, in particolare, osserva il Guardian, è una delle principali cause dell’inquinamento dei fiumi perché “gli escrementi di pollo contengono più fosfati – che privano i pesci e le piante acquatiche dell’ossigeno – rispetto a qualsiasi altro letame animale”.

I PROBLEMI DI SPAGNA E FRANCIA CON I NITRATI…

Soffermandosi in particolare sulla Spagna il report riferisce che il Paese sta affrontando problemi legati all’inquinamento da nitrati nelle acque potabili in alcune zone, proprio a causa di allevamenti intensivi. Sebbene si registri una crescente resistenza da parte delle comunità rurali alle espansioni degli allevamenti, in Aragona una legge ha da poco eliminato il limite sul numero di animali consentiti per allevamento e la Castilla-La Mancha si prepara ad accogliere oltre 360.000 nuovi animali.

La Spagna è oggi il principale produttore di carne suina dell’Ue e, a livello globale, il secondo esportatore di carne suina fresca dopo gli Stati Uniti, con 2,7 milioni di tonnellate esportate nel 2023, pari al 57% della produzione totale nazionale.

Anche la Francia sta affrontando crescenti problemi di inquinamento da metano e di fioriture algali mortali causate dal deflusso di nitrati, soprattutto in Bretagna, dove i dati suggeriscono che si trovi fino a metà degli allevamenti intensivi del Paese.

…E DEL REGNO UNITO CON I LIQUAMI

Nel Regno Unito, su cui si concentra il Guardian, il numero di allevamenti intensivi è passato da 1.621 nel 2017 a 1.824 nel 2023 e le megastalle in Inghilterra (con picchi nel Norfolk) hanno violato le normative ambientali quasi 7.000 volte dal 2015. I dati mostrano infatti che l’Agenzia per l’Ambiente ha effettuato circa 17 ispezioni settimanali presso unità di allevamento intensivo e nel 75% dei casi sono state riscontrate infrazioni.

Tra queste, vasche per liquami in cattive condizioni, che hanno causato perdite e inquinamento dell’ambiente locale, e un caso grave in cui un sito di interesse scientifico speciale è stato contaminato da liquami animali. Sono stati inoltre segnalati seri episodi di inquinamento atmosferico e numerose violazioni legate al sovraffollamento degli animali. Le azioni contro gli allevamenti, anche in presenza di violazioni gravi, sono state rare.

IL FALLIMENTO DELLE POLITICHE EUROPEE

Nonostante a Bruxelles si parli di sostenibilità, resilienza, rispetto degli animali e dell’ambiente, quanto visto dai giornalisti che hanno indagato non si avvicina minimamente a questa visione bucolica del rapporto tra l’uomo e gli animali. Odore di ammoniaca, escrementi per terra che non vengono rimossi perché non ci sono né tempo né spazio, animali vivi in pessima salute, stipati, cresciuti troppo in fretta e morti sotto il peso dei loro corpi sproporzionati. La luce non viene spenta nemmeno di notte, per farli mangiare di più.

È la legge del mercato: vince chi produce di più spendendo di meno.

E secondo gli attivisti, l’Unione europea non ha intenzione di rinunciare alla competizione. Come si legge nell’inchiesta, ne è una prova il programma Targeted Agriculture Modernisation Scheme del valore di 370 milioni di euro, che offre investimenti agli allevamenti intensivi di suini e pollame, arrivando potenzialmente fino a 500.000 euro per singola domanda.

“[Ciò] va contro le promesse di migliorare il benessere animale e promuovere un’agricoltura più sostenibile. È importante che la Commissione europea prenda decisioni intelligenti e consapevoli sul futuro dell’agricoltura. I finanziamenti dovrebbero essere destinati a sistemi agricoli davvero sostenibili, competitivi e resilienti”, ha detto Reineke Hameleers, Ceo di Eurogroup for Animals.

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