skip to Main Content

Settimana Lavorativa Corta

Perché ha senso parlare della settimana lavorativa corta

Meno ore, stessa retribuzione. È il concetto alla base della settimana lavorativa corta che prevede 4 giorni invece che 5 a parità di stipendio. Il Regno Unito ha fatto un esperimento di massa e i risultati sono molto interessanti sia per le aziende che per i dipendenti. Tutti i dettagli

 

L’Italia ha fatto qualche timido tentativo ma il Regno Unito ci ha provato veramente e qualche giorno fa si è concluso il più grande esperimento al mondo che aveva come obiettivo quello di valutare gli effetti della settimana lavorativa corta, ovvero di 4 giorni.

L’idea era partita dalla 4 Day Week UK Campaign e dalla 4 Day Week Global, un gruppo no-profit guidato da Andrew Barnes, fondatore di una compagnia assicurativa neozelandese che per primo ha ridotto la settimana lavorativa della propria azienda nel 2018. Si è poi aggiunto anche il think tank Autonomy.

L’iniziativa ha come obiettivo modificare la cultura del lavoro passando dalle 40 ore standard distribuite su 5 giorni a 32 ore in 4 giorni.

L’ESPERIMENTO

L’esperimento di massa, iniziato nel giugno 2022, ha coinvolto 61 aziende e quasi 3.000 lavoratori del Regno Unito, ai quali è stato proposto di lavorare 4 giorni alla settimana continuando a ricevere lo stesso stipendio.

Il progetto pilota ha poi portato all’ampliamento dell’esperimento a 91 aziende e circa 3.500 dipendenti.

I risultati, riferiscono gli ideatori, sono in gran parte coerenti con le prove esistenti a livello mondiale, e dimostrano ulteriormente i benefici di un lavoro a orario ridotto e incentrato sulla produzione. Si attendono ora anche gli esiti di altri progetti pilota in corso in Australia, Europa, Sudafrica, Brasile e Nord America.

I RISULTATI VISTI DALLE AZIENDE

Ma la settimana lavorativa corta non piace solo ai dipendenti. Anche le aziende hanno valutato l’esperienza complessiva con una media di 8,5/10, con la produttività e le prestazioni aziendali che hanno ottenuto un punteggio di 7,5/10 ciascuna.

Quasi tutte le società coinvolte nell’esperimento manterranno la settimana di 4 giorni, con il 92% che ha deciso di continuare o ha intenzione di continuare e un altro 4% che propende per la stessa conclusione. Solo il 4% ha dichiarato che non intende proseguire.

Guardando alle conseguenze sui profitti emerge che i ricavi delle aziende sono rimasti sostanzialmente invariati durante il periodo di prova, con un aumento medio dell’1,4% tra le organizzazioni intervistate, e rispetto a un periodo simile degli anni precedenti è stato registrato un aumento medio dei ricavi del 35%.

Non solo. Le assunzioni sono aumentate e l’assenteismo è diminuito, con una riduzione del 65% dei giorni di malattia e del 57% del numero di dipendenti che ha lasciato le aziende partecipanti, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

I RISULTATI VISTI DAI DIPENDENTI

A tutto questo si aggiunge poi che sia la salute sia il benessere dei dipendenti sono migliorati, con aumenti significativi osservati nella salute fisica e mentale, nel tempo dedicato all’esercizio fisico e nella soddisfazione generale della vita e del lavoro.

I tassi di stress, burnout e affaticamento sono diminuiti, così come i problemi di sonno. In particolare, circa il 71% dei dipendenti ha dichiarato di aver ridotto i livelli di burnout e il 39% di essere meno stressato rispetto all’inizio dell’esperimento.

Anche i risultati dal punto di vista ambientale sono stati positivi, infatti, il tempo per andare e tornare dal lavoro è diminuito di mezz’ora a settimana nell’intero campione.

“Il mondo è pronto per una settimana lavorativa di 4 giorni”, ha dichiarato Joe Ryle, direttore della 4 Day Week Campaign. “Abbiamo vissuto 100 anni di settimana lavorativa dalle 9 alle 5 ed è ora di cambiare. Passare a una settimana di 4 giorni ci darebbe tutto il tempo necessario per vivere una vita più felice e soddisfacente”.

Per i dipendenti, infatti, il tempo libero non ha prezzo: il 15% di loro ha dichiarato che nessuna somma di denaro li avrebbe indotti ad accettare un orario di 5 giorni rispetto alla settimana di 4 giorni a cui erano abituati.

UN’OPPORTUNITÀ (ANCHE) PER FAVORIRE LA PARITÀ DI GENERE

“Sebbene sia gli uomini che le donne traggano beneficio da una settimana di 4 giorni, l’esperienza delle donne è generalmente migliore”, ha spiegato il dottor Dale Whelehan, scienziato comportamentale e nuovo Ceo di 4 Day Week Global. “Questo vale per il burnout, la soddisfazione nella vita e nel lavoro, la salute mentale e la riduzione del tempo di pendolarismo. È incoraggiante notare che l’onere dei doveri extra-lavorativi sembra equilibrarsi, con un numero maggiore di uomini che si fanno carico dei lavori domestici e della cura dei figli”.

LE FALLE DELL’ESPERIMENTO

Secondo diversi esperti, però, l’esperimento del Regno Unito non è sempre realmente praticabile o equo sia perché i risultati si basano su aziende di piccole-medie dimensioni e appartenenti a settori in cui è possibile accorciare la settimana sia perché, come scrive Domani, “la sensazione è che un’eventuale legislazione che riduca l’orario di lavoro andrebbe ad avvantaggiare le categorie più protette del mercato del lavoro: i dipendenti ben inquadrati all’interno dei contratti collettivi e che svolgono forme di lavoro tipiche (come, appunto, l’operaio o l’impiegato), senza considerare tutte le forme di lavoro atipico, dalla finta partita Iva che lavora da dipendente di fatto senza averne le tutele fino a chi svolge lavori creativi o che comunque richiedono spesso di sforare l’orario di lavoro tradizionale” e “il burnout colpisce soprattutto queste persone, che non riescono a tratteggiare una linea precisa tra la vita personale e il lavoro”.

UN DIBATTITO UTILE

Questo però non significa che il dibattito sia inutile. Intanto perché, come osserva Domani, “la progressiva riduzione dell’orario di lavoro è sintomo di sviluppo e combatte la retorica per cui il lavoro definisce l’individuo”. E poi, anche i numeri indicano che c’è qualcosa che non va nel nostro Paese.

Come riporta, infatti, Pagella Politica, nel 2021 la media annuale italiana di ore effettivamente lavorate da un singolo lavoratore dipendente o autonomo è stata di 1.669 ore (il dato include sia i lavoratori a tempo pieno sia quelli part time). Un numero sopra la media dell’Unione europea, che si attesta sulle 1.556 ore.

Back To Top